Era il 19 luglio del 1992 quando il giudice Paolo Borsellino, insieme a cinque agenti della scorta, veniva ucciso nell’attentato terroristico-mafioso di via d’Amelio, a Palermo.
Solo due mesi prima, 300 chili di tritolo venivano fatti esplodere sull’autostrada per Palermo al passaggio delle auto del giudice Giovanni Falcone e della scorta: 5 morti, 23 feriti. Due stragi che costituiscono l’epilogo più tragico della strategia di Cosa Nostra, della ferocia della criminalità mafiosa che ha radici lontane. Nello Speciale Tg1 “Come eravamo - Le radici della mafia” - in onda domenica 20 luglio alle 23.40 su Rai 1, a cura di Elisabetta Mirarchi col montaggio di Marina Vidon, ricerche Giulia Trentini - si snoda, dai preziosi archivi Rai, un percorso storico per rivedere le origini e ragionare sulla lunga scia di sangue che - a partire dagli anni Sessanta - attraversò la Sicilia, cominciando dalla strage di Ciaculli. Un’auto carica di tritolo destinata a uccidere il boss Salvatore Greco fu segnalata alle forze dell’ordine che accorsero sul luogo: nessuno però notò un secondo ordigno che esplose uccidendo sette persone, tutte appartenenti alle forze dell’ordine. Fu chiamata “la prima guerra di mafia” e il clamore suscitato dall’attentato spinse le istituzioni a nominare una Commissione Parlamentare d’inchiesta. Nonostante il clima generale di omertà, arrivarono le prime denunce, a partire dalla testimonianza di Serafina Battaglia: sia il marito che il figlio erano stati uccisi per vendetta mafiosa. La lotta alle cosche portò al grande processo di Catanzaro, il cui lungo dibattimento si concluse con l’assoluzione di quasi tutti gli imputati.