L’amore che non si tocca ma resta. Platonico, gentile, asessuato: l’intimità oltre il desiderio

 

Henry Holiday, Dante e Beatrice (da Wikipedia)

"L'amore è di tutte le passioni la più forte, perché attacca allo stesso tempo la testa, il cuore e il corpo."
Voltaire

Ma cosa accade quando l’amore sceglie solo testa e cuore? Quando non tocca, ma avvolge. Quando non prende, ma ascolta. Quando non bussa al corpo, ma si siede silenzioso nell’anima – e lì resta?

Viviamo in un’epoca che misura i legami in contatti, in messaggi, in gesti pubblici e immediati. Ma ci sono amori che non si consumano e proprio per questo non finiscono mai. Amori che non hanno bisogno di essere vissuti attraverso la carne per essere profondi, veri, trasformativi.

È l’amore di cui parlava Platone nel Simposio, quando descriveva la salita dell’anima verso la bellezza, partendo dal corpo ma superandolo. Un amore che non nega il desiderio, ma lo trasfigura. Il desiderio diventa tensione verso l’invisibile, verso l’idea. L’amore platonico è desiderio senza possesso, un’adorazione che non chiede, ma innalza.

Questo tipo di amore ha attraversato secoli, trovando dimora nei versi di Dante, che amò Beatrice non con il corpo, ma con tutta la potenza della sua anima. La vide poche volte, non la sfiorò mai, eppure fu per lui guida celeste, ispirazione, salvezza. Beatrice non fu amante, ma stella polare. Questo è l’amore che non si misura in tempo condiviso, ma in presenza interiore.

Nel Medioevo, l’amore gentile cantato dai trovatori e dai poeti stilnovisti era un amore nobile perché trattenuto, sublime proprio perché inaccessibile. Un amore che raffina l’anima, che non si esaurisce nella conquista, ma che sopravvive nell’attesa, nella distanza, nella dedizione silenziosa.

Anche il cinema ha saputo raccontare queste forme d’amore rare e luminose. In Lost in Translation di Sofia Coppola, due estranei si incontrano a Tokyo e tra loro nasce un’intesa fatta di pause, sguardi, parole sussurrate. Non si baciano. Non si sfiorano. Eppure il legame che si crea tra loro è più vero di molte passioni consumate. Lo stesso accade in In the Mood for Love di Wong Kar-wai, dove due vicini si avvicinano per compassione, affetto e malinconia. Tra loro nasce un amore che non può esistere, ma che esiste lo stesso, nei gesti trattenuti, nel tempo rubato.

Ci sono amori che sono fatti di assenza piena, di sguardi che bastano, di vicinanze che non invadono. E proprio perché non si esprimono nel corpo, restano incancellabili.

Poi c’è l’amore asessuato, forse il più invisibile di tutti. È quello che nasce tra persone che non provano desiderio sessuale, ma che si amano, si scelgono, si curano con una costanza che commuove. Questo tipo di amore esiste oggi nelle relazioni queer-platonic, in amicizie che diventano casa reciproca, in unioni che rifiutano le etichette tradizionali, ma che sono piene di significato, di dedizione, di intimità profonda.

Pensiamo a Virginia Woolf e Vita Sackville-West, che si scambiarono lettere colme di passione intellettuale e affetto. O a Tove Jansson e Tuulikki Pietilä, che vissero insieme in una relazione libera, artistica, intensa, senza bisogno di definirla. Sono amori che non si spiegano, si vivono.

Anche il cinema moderno comincia timidamente a raccontarli: l'amicizia assoluta tra Philippe e Driss ne Gli Intoccabili è più potente di molte storie d'amore convenzionali. In Her, il protagonista si innamora di un’intelligenza artificiale. Non c’è corpo, ma c’è connessione, tenerezza, vulnerabilità condivisa.

In tutte queste forme d’amore – platonico, gentile, asessuato – c’è qualcosa che sfida la nostra idea dominante di relazione. Non si fondano sul desiderio sessuale, sulla reciprocità immediata, né su contratti affettivi. Sono amori che nascono nella mente, fioriscono nell’anima, vivono nel gesto non detto.

Sono amori che non si consumano, e proprio per questo durano.

In un mondo che corre verso la gratificazione istantanea, questi amori ci insegnano la lentezza. Ci ricordano che si può amare anche senza possedere. Che si può desiderare la presenza dell’altro non come diritto, ma come dono. Che la cura, la fedeltà silenziosa, la compagnia dell’anima valgono quanto – o più – di ogni tocco.

Non tutto ciò che non si tocca è meno reale.
A volte, proprio ciò che non si consuma è ciò che ci consuma dentro.
Dolcemente. Silenziosamente. Per sempre.

E forse è questo il segreto dell’amore più raro:
restare anche senza toccare,
scegliere anche senza avere,
amare anche senza dire.
E sapere che – nel profondo –
è abbastanza.

Una riflessione sull’amore letterario

di chi vive tra le righe e ama senza tempo

L’amore letterario è una forma d’incanto. Non appartiene solo ai personaggi che lo vivono, ma anche a chi li legge, a chi, parola dopo parola, si innamora dell’idea stessa di amare.

Ci sono romanzi in cui l’amore non esplode, ma sospira.
Penso a Heathcliff e Catherine in Cime tempestose, o a Fermina e Florentino in L’amore ai tempi del colera: amori che non si consumano, ma bruciano per decenni.
O al tenerissimo affetto tra Elio e Oliver in Chiamami col tuo nome, che vive di dettagli, di frutti, di libri condivisi, di malinconie.

La letteratura è il luogo dove l’amore non ha limiti di corpo, né di spazio, né di tempo. È il rifugio di chi ama troppo, di chi ama male, di chi ama in silenzio.
Ma è anche il sogno di chi vuole credere in un amore che non deve per forza essere reale per essere vero.

Ci sono lettrici che si innamorano di Mr. Darcy, lettori che trovano in Anna Karenina una vertigine, anime che sentono un vuoto dolce alla fine di un libro, come se avessero amato davvero qualcuno che non è mai esistito – o forse sì, ma solo sulla carta.

E non è forse questo il miracolo dell’amore letterario?
Ci mostra che l’intensità di un sentimento non dipende dalla sua concretezza, ma dalla sua verità interiore.

L’amore nei libri, come quello platonico, gentile o asessuato, non ha bisogno di toccare per farsi sentire.
È un amore che vive nel pensiero, nella parola, nell’immaginazione, e a volte lascia tracce più profonde di ciò che abbiamo vissuto davvero.

E quando un personaggio ama con tutta l’anima, o quando una frase ci accarezza il cuore, ci ricorda che anche leggere è un modo di amare.
Leggere è desiderare senza pretendere, è accogliere l’altro senza dominarlo, è donarsi a una storia che non ci appartiene ma che ci cambia.

Forse, alla fine, l’amore più vero è proprio quello che ci resta dopo la fine:
un brivido.
Una nostalgia.
Una parola sotto pelle.
Una presenza che non passa.

Libri consigliati per esplorare l’amore platonico, gentile e asessuato

  • Simposio di Platone — Il testo fondante del pensiero sull’amore che trascende il corpo.
  • La Divina Commedia di Dante Alighieri — Un viaggio d’amore spirituale attraverso la figura di Beatrice.
  • Cime tempestose di Emily Brontë — Una passione tormentata, ma anche un legame che oltrepassa la morte.
  • L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez — L’amore che resiste, che attende, che fiorisce con il tempo.
  • Chiamami col tuo nome di André Aciman — Un racconto di desiderio e intimità delicata, sospesa tra il corpo e l’anima.
  • Orlando di Virginia Woolf — Esplora identità, amore e tempo in una narrazione unica e libera.
  • Le lettere di Vita Sackville-West e Virginia Woolf — Un’intima testimonianza di affetto e passione intellettuale.
  • Gli Intoccabili (film) di Olivier Nakache e Éric Toledano — Un’amicizia potente che sfida i confini convenzionali dell’amore.
  • In the Mood for Love (film) di Wong Kar-wai — Un racconto struggente di amore trattenuto e gesti mai consumati.
  • Lost in Translation (film) di Sofia Coppola — L’incontro di due anime solitarie in un legame di silenzi e sguardi


In  un’epoca che sembra volere l’amore sempre più rapido, visibile e tangibile, ricordare queste forme di amore ci offre un respiro. Ci insegna che l’amore vero non è sempre quello che si vede, ma quello che si sente dentro, anche quando resta invisibile agli occhi. Che a volte l’intimità più profonda si nasconde nell’assenza di contatto. Che il più dolce dei legami può essere quello che non si consuma, ma che consuma lentamente, dolcemente, per sempre.

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

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