«Nella modernità liquida, le condizioni di vita cambiano così rapidamente e in modo così imprevedibile che la capacità di adattarsi diventa più importante della capacità di costruire una solida base.» Zygmunt Bauman, Modernità liquida (2000)
Cosa avrebbe detto Zygmunt Bauman della pandemia globale e delle terribili guerre che stanno segnando il nostro tempo? Come avrebbe interpretato questi eventi alla luce del suo concetto di modernità liquida, così celebre e influente nel descrivere la condizione umana contemporanea? Queste domande, pur non potendo avere una risposta definitiva, offrono uno spunto per rileggere il pensiero del grande sociologo polacco e trarre da esso nuove chiavi di lettura per comprendere il presente.
Bauman ha descritto la modernità come un’epoca caratterizzata dalla fluidità, dall’instabilità e dall’incertezza. Nel suo sguardo, le strutture sociali, le identità e i legami sono diventati “liquidi”, in continuo mutamento, incapaci di garantire stabilità e sicurezza. La pandemia di Covid-19 e le guerre che insanguinano diverse parti del mondo sono, in un certo senso, l’emblema di questa fragilità e instabilità: eventi che non solo sconvolgono la quotidianità, ma anche mettono a nudo la vulnerabilità delle nostre società globalizzate, interconnesse ma impreparate a reagire in modo coeso.
Bauman avrebbe probabilmente sottolineato come la paura, l’insicurezza e l’isolamento derivanti da questi eventi rafforzino il senso di precarietà individuale e collettiva, rendendo ancora più difficile la costruzione di un sé stabile e coerente. La pandemia, con la sua imposizione di distanziamento e solitudine, e la guerra, con la sua distruzione e disgregazione, sono fenomeni che amplificano la condizione di “liquidità” del mondo moderno: nulla rimane immutabile, e le nostre identità sono continuamente riscritte in risposta a circostanze imprevedibili e spesso traumatiche.
Al tempo stesso, Bauman ci avrebbe invitato a riflettere sulle nuove forme di solidarietà e sulle opportunità di reinventare il tessuto sociale. La crisi può infatti essere anche un momento di riscoperta e ricostruzione, un’occasione per ripensare le modalità di relazione tra individui, comunità e istituzioni. In un’epoca liquida, la capacità di adattarsi, di creare legami flessibili ma autentici, diventa la chiave per navigare l’incertezza senza soccombere al caos.
Verso una nuova consapevolezza: un incontro tra Bauman e i maestri del pensiero esistenziale e spirituale
Se la modernità liquida ci mostra un mondo in perenne mutamento e disgregazione, la riflessione di pensatori come Erich Fromm e Theodor Adorno arricchisce questa diagnosi con un’analisi critica del sistema capitalistico e delle sue dinamiche di alienazione. Fromm, nel suo celebre Avere o Essere?, ci invita a spostare il nostro modo di vivere da una logica possessiva e consumistica a una dimensione più autentica dell’essere, più connessa, responsabile e solidale.
Adorno, con la sua dialettica negativa, ammonisce sulla pericolosità di un razionalismo tecnico e strumentale che riduce l’uomo a mero ingranaggio, portando alla perdita della libertà e della profondità umana. In un’epoca di crisi, questa perdita si fa ancora più drammatica, poiché la tecnologia e la burocrazia tendono ad accentuare il senso di alienazione e impotenza.
Parallelamente, figure spirituali come Osho, Sai Baba, Krishnamurti e Gurdjieff ci offrono una prospettiva di introspezione e trasformazione interiore. Essi sottolineano come la crisi esterna – pandemie, guerre, disgregazione sociale – rifletta una crisi interna, profonda, quella della coscienza umana. La loro proposta è quella di risvegliare la consapevolezza, rompere gli automatismi del pensiero condizionato e coltivare una libertà autentica che non dipenda dai fattori esterni, ma nasca da una piena presenza e da un profondo lavoro su se stessi.
Questi maestri spirituali invitano a considerare che le sfide del nostro tempo non possono essere affrontate solo sul piano sociale o politico, ma richiedono una trasformazione radicale del nostro modo di essere nel mondo. Solo così si può spezzare il ciclo della paura, del conflitto e dell’egoismo che alimenta guerre, divisioni e solitudini.
Una doppia via: trasformazione sociale e risveglio interiore
In questo intreccio tra sociologia critica e spiritualità emerge con forza l’urgenza di un cammino duplice: da una parte, affrontare le sfide materiali e sociali con strumenti di giustizia, solidarietà e responsabilità collettiva; dall’altra, coltivare una profondità interiore che ci permetta di abitare la fluidità senza esserne travolti, trovando radici nell’essere più che nell’avere o nell’apparire.
In un mondo liquido, quindi, la salvezza risiede forse nella capacità di bilanciare l’adattamento alle trasformazioni esterne con un solido lavoro di consapevolezza interiore. Come ricordava Gurdjieff, “l’uomo è addormentato”, ma può risvegliarsi attraverso un intenso lavoro su di sé. E come diceva Krishnamurti, la vera rivoluzione non è quella politica o sociale, ma quella che avviene nella mente e nel cuore di ciascuno.
Anche Erich Fromm ci ricordava che la vera libertà si conquista solo rompendo le catene interiori dell’egoismo e dell’alienazione, aprendo la strada a una vita fondata su amore, compassione e senso di comunità. In questa luce, la crisi diventa un’occasione di rinascita, non solo sociale ma soprattutto umana e spirituale.
Intervista immaginaria a Zygmunt Bauman: Pandemia, guerre e modernità liquida
Carlo Di Stanislao