di Laura Gorini
Nessuno deve arrendersi, mai mollare, ma insistere sempre, se si crede veramente in qualcosa prima o poi una porta, grande o piccola che sia, si apre
Possiede una grandissima passione per la scrittura fin da bambino il criminologo e docente di Criminologia Domenico Romeo E, una volta diventato grande, dopo tanti no è riuscito a pubblicare, ad oggi, sette romanzi. Il più recente “Odio Innocente” dove al centro c'è la vita di Matteo. Un giovane, nato nei borghi della periferia romana negli Anni Quaranta, che fatica con la sua famiglia a mettere in tavola un tozzo di pane. La sua vita sarà costellata di momenti difficili ove il desiderio di vendetta non verrà mai sopito.
Domenico, presentati ai nostri lettori con pregi, vizi
e virtù...
Per iniziare, innanzitutto, grazie dell’attenzione al mio libro “Odio Innocente” (Armando editore). Riguardo al sottoscritto, i pregi non sta a me dirli, ammesso che ne abbia. Difetti, invece, ne ho tanti, forse con il tempo sono stato capace di “ammorbidirli” e farli pesare il meno possibile alle persone che mi stanno accanto anche grazie a chi mi vuole bene.
Come e quando è nato il tuo amore per la
scrittura?
Una passione nata con me. Ricordo che da piccolo, a casa, di ritorno dallo stadio Comunale di Reggio Calabria, mi chiudevo nella stanza a scrivere il resoconto della partita della Reggina. Avevo sei anni, non oltre. O quando, dopo avere giocato ore per strada con i miei amichetti, mi cimentavo a scrivere l’esito delle gare citando i nomi dei miei amici. A nove anni conobbi sul treno, dal ritorno dalla Francia, un sacerdote che era giornalista, scriveva su un giornale di Canicattì (Agrigento) intitolato “La Nuova Canicattì”. Accortosi della mia indole mi invitò a scrivere un racconto sul mio viaggio in Francia e così, al ritorno a casa, scrissi il tutto e glielo spedii. Dopo qualche settimana ricevetti via posta una sorpresa: il pezzo del giornale in cui era uscito il mio primo articolo. Crescendo la passione si è affinata sempre più unita al piacere della lettura (sono un lettore seriale). Credo che chiunque abbia un’indole necessiti di esercitarla al fine di farla diventare più forte. Ho scritto sempre tanto in varie occasioni della mia vita ed ovunque: sui treni, in aereo, a casa. Poi, dopo tanti rifiuti ricevuti, dal 2009 ad oggi ho pubblicato sette libri con sette editori diversi trattando sette argomenti diversi, in aggiunta a numerose collaborazioni con testate giornalistiche, di approfondimento e scientifiche. Una passionaccia che mi accompagnerà per sempre, finché il buon Dio mi darà forza e tempo continuerò a scrivere. Questo deve servire da monito per tutti: nessuno deve arrendersi, mai mollare, ma insistere sempre, se si crede veramente in qualcosa prima o poi una porta, grande o piccola che sia, si apre.
E' cambiato, nel corso del tempo e tra un
romanzo e l'altro, l'approccio ad essa?
Per quanto mi riguarda l’amore per la scrittura è rimasto intatto. Il mio approccio è diventato forse un po' più maturo e scremato in modo da renderlo più scorrevole, questo senza ombra di dubbio. Ovviamente, parlo a titolo personale avendo trattato argomentazioni sempre diverse.
E con la lettura? Oggi che genere di
lettore sei e che cosa ami particolarmente leggere?
Come sopra ribadito, sono un lettore seriale ed alquanto poliedrico. Passo dai contenuti storici a quelli calcistici in un attimo per poi tuffarmi nei saggi classici per poi rifugiarmi nei libri d’inchiesta. Ho diversi interessi e questo rende la mia biblioteca molto variegata.
Indubbiamente la tua ultima opera, Odio
Innocente (Armando editore) ti ha indotto anche a fare nuove ricerche
storiche. Possiamo dire che anche la storia, soprattutto quella contemporanea,
sia un'altra tua passione?
Assolutamente sì. La narrazione storica è presente nel romanzo in quanto incanalato nel ventre degli anni settanta, anche se lo storytelling, nel suo complesso, è intriso di descrizione di molte figure psicologiche e di ruoli che si interfacciano.
Tuttavia in tanti confondono, ancora
oggi, la passione, per l'appunto, con l'ossessione. Come mai secondo te? E come
possiamo capire che si tratti della seconda e non della prima?
Bella domanda, complimenti! Ci sarebbe da scrivere un trattato di psicologia in tale ambito, mi limito semplicemente a dire che la passione, di suo, è costruttiva, l’ossessione, prima o poi, si rivela sia distruttivo che autodistruttivo essendo una patologia.
Il protagonista del tuo ultimo romanzo è vinto dall’ossessione armata nel ventre degli anni Sessanta come possiamo evincere fin dalla scritta in copertina. Eppure lui non è forse in primis trafitto da quella di uscire dal tunnel della povertà e delle privazioni?
Il personaggio principale nasce nelle borgate povere di Roma e come forma di reazione abbraccia lo spontaneismo armato neofascista. La sua scelta di vita è dettata non solo dalla reazione, ma anche dall’emulazione verso un suo amico che lo spinge nel baratro del sentimento del senso di colpa e della vendetta. L’aspetto sociale senz’altro incide, l’autore cresce guardandosi attorno e respirando quell’anelito di rivoluzione proletaria che in realtà mai si realizza e, covando rabbia nel vedere indigenza in famiglia, fa una scelta forte di vita che lo condurrà in direzioni specifiche scartavetrando un mondo fatto di rivendicazioni sociali, propositi armati il tutto infarcito sulla delirante ricerca sulla verità sul caso Pasolini.
Lui è anche molto arrabbiato per la sua
situazione, ma la rabbia non lo abbandona mai nemmeno quando diventa grande.
Forse non è mai davvero diventato adulto?
Nelle battute quasi conclusive del libro lui si rende conto di essere cresciuto, di essere diventato “vecchio” senza accorgersene, ma ciò avviene quando realizza di essere rimasto solo, sopravvissuto allo spontaneismo armato e di avere combattuto, per una vita, per cause che in realtà lo hanno allontanato da tante altre cose che avrebbe potuto vivere. Ciononostante, resosi conto di essere stato usato da quei poteri “non definibili” che lui riteneva di gestire, urla al mondo la sua gioventù, ma questa ostentazione è in realtà un disperato tentativo di voltarsi indietro.
Seneca suggeriva varie strategie per
frenarla, sostenendo però che essa poteva pure, se gestita correttamente,
essere utilizzata per reagire a un grave torto subito, come forma di
stimolo. Credi che oggi sia fattibile
pensare e agire in codesta maniera?
Credo che qualsiasi sentimento umano, se gestito e “valorizzato” a dovere, può produrre effetti benefici. Dipende dal tipo di uso che si intende fare, le strategie costruttive o distruttive risiedono sempre nella mente umana.
E per concludere credi che la rabbia, sempre se dominata, posso tramutarsi anche in determinazione?
Assolutamente sì, rifacendomi alla risposta precedente. La rabbia può essere un carburante che può trasformare la frustrazione in rivalsa, così come il terribile sentimento dell’invidia (che da criminologo lo addito quale sentimento criminogeno e responsabile anche delle peggiori azioni) può tramutarsi in voglia di migliorarsi. Se il male si tramuta in bene produce effetti positivi, è quando il bene che si tramuta in male che si scantona in deriva pericolose socialmente. Tutto dipende dall’indole dell’uomo e dalla sua mente.