Il suono della trasformazione: le nuove metamorfosi del M° Marcello Appignani. L'intervista di Fattitaliani



di Giovanni Zambito - A distanza di dodici anni dalla prima pubblicazione, il Maestro Marcello Appignani torna con una nuova edizione di Metamorphoses XXI, ora arricchita e rinnovata con il titolo evocativo Metamorphoses XXI Plus. L’album, interamente dedicato al pianoforte, è stato recentemente ripubblicato da Music Ensemble Publishing in una versione rimasterizzata e ampliata con due nuove composizioni inedite: Dal Caos, la Terra e Il banchetto del licantropo. Una nuova tappa in un percorso sonoro che intreccia rigore e libertà, scrittura e improvvisazione, ispirazione letteraria e visione contemporanea.


Maestro Appignani, Metamorphoses XXI Plus è un titolo che suona ambizioso. Cosa rappresenta per Lei questo progetto, oggi, a distanza di dodici anni dalla prima pubblicazione?

Rappresenta un album iconico e importante. Nonostante il pianoforte sia il mio strumento principale, questo è - stranamente - l’unico CD dedicato esclusivamente al pianoforte tra i miei tanti pubblicati. D’accordo con l’editore MEP - Music Ensemble Publishing, si è pertanto deciso di ripubblicare l’album rimasterizzato, con una nuova veste grafica e con l’aggiunta di due nuovi e lunghi brani che, da soli, fanno praticamente un EP.

Il “Plus” non è solo un’aggiunta tecnica: i nuovi brani, Dal Caos, la Terra e Il banchetto del licantropo, sembrano due chiavi di lettura autonome. Come si inseriscono nel percorso del disco?

Da tempo avevo in mente di estendere l’originario Metamorphoses XXI con nuovi brani, magari pubblicando un Volume II, ma le tante attività artistiche mi avevano sempre fatto rimandare. Poi la scintilla: l’album era sparito dalla rete a causa della chiusura del distributore digitale, e così – avendo già pronto Dal Caos, la Terra – ho raccolto nuove idee per completare Il banchetto del licantropo. A mio avviso, entrambi i brani si inseriscono naturalmente nel progetto, assorbendone lo spirito: il primo è più minimalista, il secondo riprende le caratteristiche delle tracce originarie.

Il Suo è un omaggio al pianoforte, ma anche una dichiarazione d’amore per la metamorfosi. Cosa La affascina di più di questo concetto, così musicale e così umano allo stesso tempo?

Musicalmente parlando, mi affascina la possibilità di variare continuamente tempi, tonalità, ritmi, stati d’animo… Alcune mie composizioni ripetono uno schema dall’inizio alla fine, ma qui parliamo di metamorfosi: nulla è stabile, nulla è tranquillo.

Il musicologo Renzo Cresti parla di uno “stile metamorfico” fatto di trasformazioni continue, improvvisazioni controllate, ostinati che si evolvono. Si riconosce in questa definizione?

In realtà il termine “stile metamorfico” fu introdotto da me stesso, e Renzo Cresti lo ha recepito e sviluppato. Quindi sì, mi riconosco pienamente in questa definizione.

In Dal Caos, la Terra utilizza esclusivamente i tasti bianchi del pianoforte. Una scelta poetica, simbolica o anche un po’ provocatoria?

Durante la composizione del brano, mi sono reso conto che la musica si muoveva naturalmente solo tra i tasti bianchi, senza una tonalità precisa, ma con coerenza interna. Così, per gioco e per coerenza, ho deciso di non usare affatto i tasti neri e ho sottotitolato il brano La bianca.

Il banchetto del licantropo chiude il disco e sembra condensarne lo spirito. È un epilogo o un nuovo inizio?

Al momento lo considero un epilogo. È il brano più rappresentativo del nuovo progetto anche perché non era mai stato eseguito in pubblico. Salvo nuove ispirazioni, dovrebbe chiudere il ciclo delle Metamorfosi.


La Sua musica oscilla tra rigore e libertà, tra scrittura e improvvisazione. Come trova l’equilibrio tra questi due poli?

In Metamorphoses XXI Plus l’improvvisazione è parte integrante: molti brani prevedono sezioni dove l’interprete ha libertà d’azione, non come cadenze ma come improvvisazioni vere e proprie, pensate per la dimensione dal vivo. L’equilibrio lo trovo fondendo questi momenti con la scrittura strutturata e le forme che progetto a monte.

Lei ha scritto per teatro, cinema, TV, musica da camera… ma qui è solo con il Suo pianoforte. Cosa cambia nel Suo approccio quando si trova “uno a uno” con lo strumento?

Diventa una sorta di lotta: il pianoforte si ribella, si dimena, e io devo domarlo. Essere soli è più galvanizzante e pericoloso. Mi consente una libertà espressiva che non è possibile quando si lavora in ensemble. In futuro suonerò anche con un’orchestra di fiati e percussioni, con un progetto tutto mio, ma lì l’improvvisazione sarà del tutto esclusa.

Le Metamorfosi di Ovidio sono il punto di partenza, ma la narrazione musicale è autonoma. Come costruisce un racconto sonoro che sia evocativo senza essere illustrativo?

Quando scrivo ispirato da una fonte esterna – sia essa un copione teatrale, una sceneggiatura, una poesia – mi immergo completamente nell’atmosfera. La musica nasce da quella immersione, in modo naturale.

In un’epoca dominata dall’immediatezza, Lei propone brani lunghi, articolati, pieni di sfumature. È una scelta controcorrente?

Sì, purtroppo è una scelta controcorrente… e come spesso accade, non ripaga. Tuttavia, è ciò che mi viene naturale: le Metamorfosi richiedono tempo, non possono essere raccontate in pochi minuti. Detto ciò, ho anche composto molti brani recenti che durano due o tre minuti: dipende dal contenuto, non da una logica imposta.

C’è un brano del disco a cui è particolarmente legato, magari per motivi personali o per la sua genesi?

Sicuramente Leda e il cigno, perché è stato il primo brano della raccolta, quello che ha dato origine al progetto.

Se dovesse spiegare Metamorphoses XXI Plus a qualcuno che non ascolta musica classica o contemporanea, da dove lo inviterebbe a partire?

Probabilmente da Leda e il cigno: è il più breve, il più diretto, forse il più accessibile.

Ultima domanda, un po’ giocosa: se potesse trasformarsi in uno degli animali, piante o oggetti delle Metamorfosi di Ovidio… quale sceglierebbe, e perché?

Mi piacerebbe diventare una quercia come Filemone, così potrei stare al fresco e vivere mille anni!


Fattitaliani

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