Intervista di Marialuisa Roscino
L'adolescenza è un periodo di profondi cambiamenti, in cui i ragazzi si trovano a navigare tra la ricerca di autonomia e manifestazioni di ribellione. Questo passaggio, seppure faticoso, è cruciale per la definizione della propria identità e per l'acquisizione di indipendenza. Spesso, proprio questa fase si accompagna a manifestazioni intense come attacchi di rabbia e momenti di chiusura. Gli attacchi di rabbia e i momenti di chiusura sono entrambe, manifestazioni comuni del disagio adolescenziale. La rabbia, in particolare, può esprimere frustrazione, tristezza o un bisogno non soddisfatto. La chiusura, invece, può indicare un forte disagio, isolamento o difficoltà a comunicare ciò che si prova. Quanto è importante allora, in detto contesto, creare un ambiente di fiducia per riuscire ad abbattere questo disagio, da parte dei genitori e della Scuola? Come è possibile creare un ponte di comprensione con gli adolescenti per gestire gli attacchi di rabbia o di chiusura che possono verificarsi? Di questo e molto altro, ne parliamo oggi con la Dott.ssa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell'International Psychoanalytical Association
Dott.ssa Lucattini, cosa accade in particolare nella fase dell'adolescenza? Quali cambiamenti psicologici importanti possono esserci?
L’adolescenza è
una fase di transizione tra l’infanzia e l’età adulta, caratterizzata da
profondi cambiamenti fisici, intellettivi, emotivi e sociali. Tradizionalmente,
l’adolescenza è stata associata ai “teen years” (13–19 anni), secondo la
definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’adolescenza
comprende la fascia d’età tra i 10 e i 19 anni, oggi però si riconosce che l’inizio
coincide con l’avvio della pubertà, che può iniziare già intorno ai 10 anni. La
fine è meno definita e può estendersi fino ai 24 anni, considerando lo sviluppo
neurobiologico, il prolungamento
dell’istruzione e il ritardo nell’assunzione dei ruoli adulti, e l’integrazione
nei ruoli sociali adulti. Questo periodo prolungato è definito come emerging
adulthood (età emergente), concetto introdotto dal professor Jeffrey Arnett
della Clark University (Massachusetts).
Insieme ai cambiamenti fisici legati alla pubertà con i cambiamenti ormonali, sviluppo dei caratteri sessuali secondari e la crescita staturale, si ha una progressiva maturazione cerebrale e soprattutto importanti cambiamenti psicologici. Gli adolescenti affrontano una crescita che porta a fare il lutto dell’infanzia, la ridefinizione della propria identità e dei ruoli, sia in famiglia che nel gruppo dei coetanei. Inoltre, cercando di comprendere e definire chi sono e quale sia il proprio posto nel mondo.
La psicoanalisi può offrire
contributi significativi alla comprensione dell’adolescenza?
La
psicoanalista Anna Freud ha descritto l’adolescenza come una fase di
“necessaria disarmonia”, caratterizzata da conflitti interni ed esterni che,
sebbene turbolenti, sono considerati tentativi benefici di raggiungere un nuovo
equilibrio psichico. Peter Blos ha introdotto il concetto di “secondo processo
di separazione-individuazione, in cui l’adolescente cerca di differenziarsi dai
genitori per costruire una propria identità. Egli suddivide l’adolescenza in
diverse sottofasi, dalla preadolescenza alla tarda adolescenza, evidenziando le
funzioni evolutive specifiche di ciascuna fase.
Un recente
studio pubblicato su Lancet psychiatry (2025) mostra che durante questa
fase, gli adolescenti affrontano sfide significative nel ridefinire la propria
identità, stabilire relazioni sociali più complesse e assumere ruoli adulti.
Questi cambiamenti possono generare tensioni interne e conflitti
interpersonali, rendendo l'adolescenza una fase potenzialmente turbolenta, ma
essenziale per lo sviluppo dell'individuo. Lo studio spiega in che modo, l’adolescente
si trova “tra due mondi”, quello infantile e quello adulto.
Evidenzia, inoltre,
un aumento dei disturbi mentali comuni (ansia, attacchi di panico, fobie) durante
l'adolescenza. In Australia è stato rilevato che il 74% degli adolescenti ha
manifestato sintomi clinicamente significativi di depressione o ansia tra i 10
e i 18 anni, con una maggiore incidenza tra le femmine. Inoltre, oltre la metà
dei casi ha mostrato un decorso cronico dei sintomi, sottolineando la necessità
di interventi precoci e mirati. Inoltre, sottolinea che fattori esterni, come
le crisi ambientali e sociali, possono amplificare le sfide dell'adolescenza.
D’altro canto, però, una ricerca pubblicata sul Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry (2025) dimostra che nonostante le sfide, la speranza è un fattore protettivo significativo. La speranza, intesa non come ottimismo ingenuo, ma come orientamento attivo verso la crescita, può fungere da catalizzatore per il cambiamento, la forza, l’autostima , la forza interiore e la resilienza negli adolescenti che affrontano crisi personali, familiari e sociali.
Che cos’è la ribellione adolescenziale? Esiste, a Suo avviso, correlazione tra ribellione e costruzione dell’identità?
Un aspetto
interessante della ribellione adolescenziale è il suo legame con la “Teoria
della Gestione del Terrore” (Terror Management Theory) sviluppata da
Jeff Greenberg, Sheldon Solomon e Tom Pyszczynski negli anni Ottanta, suggerisce
che con la presa di coscienza della finitezza dell’esistenza umana, della
propria morte e di quella dei genitori come fatto concreto, gli adolescenti sono
spinti a cercare sicurezza e significato in entità culturali o ideologie che
percepiscono come durature, portandoli a distanziarsi dalle convinzioni
familiari assorbite durante l’infanzia e ad esplorare nuove identità culturali
o sociali.
La ribellione adolescenziale è una fase cruciale nel percorso verso l'autonomia e l'identità personale, rappresentando un momento significativo di crescita e di trasformazione che, sebbene possa comportare conflitti, è fondamentale per lo sviluppo di adulti indipendenti e consapevoli.
Può spiegare cos’è la differenziazione in adolescenza?
Secondo la
prospettiva psicoanalitica, la differenziazione in adolescenza è un processo
fondamentale attraverso il quale l'individuo sviluppa un senso di sé distinto e
autonomo, separandosi dalle figure genitoriali e dalle identificazioni sviluppate
durante l’infanzia. Questo processo è strettamente legato alla soggettivazione,
ovvero alla capacità di percepirsi come soggetto unico e di rappresentare la
propria esperienza interna.
Secondo René Roussillon, la soggettivazione implica la creazione di uno spazio psichico personale che consente all'individuo di differenziarsi dall'ambiente esterno e di simbolizzare le proprie esperienze. Questo processo è influenzato sia dalle determinanti interne del soggetto, sia dalle norme e dai valori della società di appartenenza.
Quale ruolo possono avere i genitori di fronte alla ribellione adolescenziale?
Gli adulti
significativi e autorevoli possono fungere da "Io ausiliario",
offrendo supporto temporaneo alla funzione dell'Io dell'adolescente, ancora in
via di maturazione. Questo concetto implica che genitori aiutino i figli
adolescenti a contenere e mentalizzare emozioni intense, come rabbia e ansia,
fornendo un “contenitore psichico” che consenta l'elaborazione di stati emotivi
turbolenti o malinconici. L'assenza di questa funzione può rallentare o non
permettere la formazione di confini psichici solidi, aumentando il rischio di
comportamenti disfunzionali, di disturbi emotivi e disagio psicologico.
I genitori svolgono un ruolo cruciale nel sostenere gli adolescenti durante le fasi di ribellione, facilitando il loro processo di crescita e individuazione. La letteratura psicoanalitica e recenti studi evidenziano l'importanza di un approccio empatico e strutturato da parte degli adulti per accompagnare efficacemente gli adolescenti in questo percorso.
Qual è il ruolo della Scuola, secondo Lei, nell'accompagnare gli adolescenti in questa fase?
È sempre opportuno
non esacerbare questi momenti con atteggiamenti eccessivamente rigidi o
giudicanti, poiché possono innescare sul momento reazioni impulsive e nel lungo
termine un’oppositività fuori dalle righe con perdita di controllo. Comprendere le cause, valutare ad esempio, se
vi sia bullismo in classe o se lo studente “ribelle” sia oggetto di
schernimento da parte dei compagni. Anche in questi casi, occorre avere comprensione del disagio che la rabbia
rappresenta, mostrare una propensione a cercare soluzioni a difficoltà,
incomprensione o reazione anche aggressiva che si verificano sul momento. Allo
stesso tempo è opportuno mantenere assertività, coerenza equilibrio e senso di
giustizia da parte degli adulti, poiché sono elementi regolatori delle emozioni
e fondamentali per il buon funzionamento del gruppo classe.
Gli adulti è importante che analizzino le cause, abbiano un ascolto attivo, mantengano la calma e siano propositivi nel risolvere con empatia il problema, favorendo in tal modo l’equilibrio psicologico degli adolescenti.
Come è possibile creare un ponte di comprensione con loro per gestire gli attacchi di rabbia e di chiusura?
Gli attacchi di
rabbia e gli atteggiamenti di chiusura negli adolescenti rappresentano
manifestazioni comuni durante il processo di crescita e individuazione. Per i
genitori, affrontare queste espressioni emotive richiede comprensione, empatia
e strategie adeguate, supportate sia dalla letteratura psicoanalitica che da
recenti studi scientifici.
Secondo la
teoria psicoanalitica, la rabbia adolescenziale può essere interpretata come
un'espressione di conflitti interni non elaborati. Questi comportamenti possono
essere visti come tentativi di comunicare bisogni emotivi profondi anche
inconsci, non espressi o non esprimibili a parole.
Secondo una ricerca pubblicata su Frontiers in Psychology (2025), i comportamenti problematici esternalizzanti in adolescenza rappresentano un significativo problema di salute pubblica, in quanto segnalano potenziali futuri comportamenti distruttivi, violenza, abuso di droghe e attività criminali tra i giovani. L'adolescenza è particolarmente esposta a questi comportamenti. Pertanto, è fondamentale analizzare i molteplici fattori che influenzano questi comportamenti e i loro meccanismi interattivi per consentire interventi tempestivi e strategie di prevenzione efficaci.
I genitori come possono ricevere supporto e ascolto in questi casi?
È nota
l'importanza della gestione della rabbia da parte dei genitori, poiché è
associata a una riduzione dei conflitti ricorrenti con i figli e favorisce lo
sviluppo di capacità di affrontare e risolvere i problemi negli adolescenti. Riconoscere
la rabbia come espressione di disagio piuttosto che come semplice opposizione
può aiutare i genitori a rispondere in modo più vibrante, fermo ma comprensivo,
efficace. I genitori possono richiedere un supporto psicoanalitico e
psicoterapeutico. La psicoanalisi, infatti, offre un quadro interpretativo
profondo per comprendere le manifestazioni emotive degli adolescenti. I
genitori possono trarre beneficio da percorsi di sostegno psicoterapeutico che
li aiutino a riconoscere e gestire le proprie reazioni emotive, favorendo una
comunicazione più efficace con i figli.
Infine, possono
partecipare a gruppi di supporto, incontri durante i quali condividere
esperienze e strategie con altri genitori.
Quali consigli si sente di dare loro?
-Avere sempre un ascolto attento, comprensivo ed emotivamente ricettivo. Accogliere le emozioni dei figli senza dare giudizi negativi, banalizzando o svalutando quello che stanno provando e mostrando sempre comprensione e disponibilità al dialogo;
-Lavorare sulla propria regolazione emotiva. I genitori dovrebbero comprendere ed impegnarsi a trovare delle valide soluzioni sulla gestione della propria rabbia, li aiuta a stare bene e divengono dei modelli positivi da imitare;
-Stabilire limiti chiari. Definire regole e limiti in modo coerente, spiegando le motivazioni alla base delle decisioni, in un continuo dialogo sapendo che la “contrattazione” è ineludibile;
-Promuovere l'autonomia dei figli senza forzarli. Incoraggiarli e sostenerli nel prendere le decisioni migliori per loro, conciliando desideri e realtà. Aiutandoli a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni;
-Ricorrere senza imbarazzo e senza troppi indugi ad un supporto professionale, psicoanalitico. Quando necessario, rivolgersi ad uno specialista per affrontare dinamiche familiari complesse o persistenti difficoltà nella gestione della rabbia, propria e dei figli.