Elefante nella stanza è un'espressione tipica per indicare una verità che, per quanto ovvia e appariscente, viene ignorata o minimizzata. L'espressione si riferisce ad un problema molto noto ma di cui nessuno vuole discutere. L'idea di base è che, se le persone all'interno della stanza fanno finta che questo non sia presente, la ragione è che così facendo sperano di evitare un problema più che palese. Questo atteggiamento è tipicamente adottato in presenza di tabù sociali o di situazioni imbarazzanti. Nel tempo l’espressione ha iniziato ad essere riferita anche a tutte le problematiche di natura mentale/psicologica.
L’INTERVISTA
Nel processo creativo i testi arrivano dopo che avete impostato le melodie e i ritmi?
Diciamo ... un processo in parallelo: di solito i riff mi vengono suonando la chitarra o il basso, registrandoli sul cellulare … per quanto riguarda i testi ogni volta che mi viene in mente una frase me lo annoto…poi raggruppo tematicamente questi pensieri, creando dei possibili testi che verranno poi arrangiati sul pezzo musicalmente finito... che nasce da un riff, da un’idea di base, per poi svilupparsi in un arrangiamento in sala tutti e tre assieme, nel modo più spontaneo possibile... scartando tutto quello che si sviluppa in modo forzato
C’è un filo conduttore nei testi dei brani?
Sicuramente, un album è una conversazione con un inizio e una fine, con i suoi cambi di tono e di colore…il senso di questo album è una presa di coscienza al cercare di capire dove siamo, chi siamo, quello che ci accade intorno, dove andiamo e cosa lasciamo a chi viene dopo … non vogliamo assolutamente trovare risposte, o indicare la via…semplicemente una consapevolezza, un confrontarci con noi stessi e con gli altri, sia con rabbia che con serenità…perché a prescindere dalle risposte o dalle possibili soluzioni, la certezza è che un problema di fondo c’è, eccome…
Quali sono le vostre influenze artistiche?
Le più disparate, proprio come personalmente e caratterialmente siamo tre individui agli opposti … ho iniziato ad ascoltare musica da bambino con i Beatles e Dylan, poi Pink Floyd, Led Zeppelin, Black Sabbath, Neil Young, Doors... innegabile poi che siamo figli degli anni 90 quindi tutto quel movimento etichettato “grunge” … generalizzando, tutta la musica a prescindere dal genere fatta con passione, che vuole emozionare o comunicare qualcosa…
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso il disco?
Come dicevamo prima, un rendersi conto del mondo che ci sta attorno, con tutti i suoi problemi, le guerre, la violenza, la decadenza…ma anche il suo mutare, l’ambiente, il tempo che scorre, e il nostro ruolo, e come tutto cambia se ci abituiamo a osservare il tutto da punti di vista più ampi … vorremmo cercare di far provare emozioni, e far sì che ci si ponga delle domande…le risposte cerchiamole assieme, reimparando a comunicare…
Qual è il brano di questo disco di cui andate più orgogliosi?
Difficile rispondere…come dicevo per le risposte precedenti…un po' perché per me l’album è un discorso completo, e faccio fatica ad ascoltarne un brano separato dagli altri.. un po' perché siamo tre persone completamente diverse e ognuno direbbe un pezzo diverso…Federico (batteria) direbbe “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” … personalmente direi “Non torna a casa” che parla di femminicidio …o “Terrapia”, dove per la prima volta ho cantato un testo non mio (è di Eliano, il nostro bassista), un testo molto intimo e personale, e non tanto ho dovuto cantarlo, ma interpretarlo per quanto possa conoscere l’autore e dare voce ai suoi sentimenti …
Pensandoci un pezzo che ci mette tutti d’accordo è “allora cosa”, pezzo nato durante le sessioni di registrazioni dell’album solo da un testo e da idee, senza averlo mai suonato …venuto talmente spontaneo che la prima volta che lo abbiamo provato tutti e tre assieme è stata dopo aver ascoltato il disco!
E quello che con il senno del poi ora dite “qui avremmo potuto fare meglio”?
A porsi questa domanda, conoscendomi, allora non finiremmo mai nulla, in quanto ogni cosa può essere fatta sempre meglio, acquistando sempre nuove competenze o idee sempre in fermento … a un certo punto si deve dire stop, e incidere il momento, con le emozioni e gli stati d’animo, che essendo unici, diventano i migliori possibili. Riascoltandolo, non mi verrà mai da pensare cosa tecnicamente avrebbe potuto uscire in altra veste, sono certo di aver catturato l’emozione di quel dato percorso, e quindi non cambierei nulla.
Ci sono stati momenti di crisi in cui pensavate di non farcela a finirlo… in cui. Considerando soprattutto i temi che trattate, poteva essere un buco nell’acqua, o siete fiduciosi che anche quei pochi che capiranno avranno dato un senso al vostro lavoro?
Ho messo in queste canzoni anni di catarsi emotiva, che all’ascolto in 42 minuti mi ha reso tutto compressato…e questo per me è il senso del nostro lavoro…sono convinto che abbiamo inciso in modo indelebile una traccia delle nostre vite, che potranno comunicare a chi vorrà ascoltarle ora domani e domani ancora,,, siamo consapevoli di non vivere più in un momento dove con la musica si fa divampare incendi … ma una volta qualcuno mi ha detto che stiamo lottando contro il vento per far si che non si spenga il fiammifero … che magari un giorno passeremo come testimone e un domani il fuoco tornerà .. e questo custodire, senza chiedere niente in cambio, è un’impresa ben più ardua … che da un senso a quello che facciamo…
BIOGRAFIA
Mondo BoBo, un termine che rappresenta la non negazione delle emozioni, qualunque siano quelle che proviamo, ma la consapevolezza di esse e l’imparare a controllarle ed usarle. Il non cedere alle pulsioni che minano il tessuto che definisce chi siamo.
Nome sotto al quale Paolo Benedetti (chitarra, voce) racchiude tutte le proprie attività, dalla musica, primaria passione, alla fotografia e computer grafica…
Musicalmente Mondo BoBo è un percorso che inizia nei primi anni 2000, quando Paolo, terminate le esperienze musicali in gruppi Livornesi, prova a dare il via a un progetto più personale, cercando di fare cose seguendo solo la voglia e il sentimento, senza seguire un genere o uno schema prefissato.
Forse il momento, forse la mancanza di consapevolezza, sicuramente la vita, portano ad appendere la chitarra al muro, e dunque il lavoro, il matrimonio, il mutuo, e finalmente un figlio.
Gli anni passano, e l’angoscia più grande diventa il non riuscire ad essere mai veramente felice, il non sapere/potere goder appieno delle fortune che la vita ha dato…angosce che inesorabilmente toccano il loro punto più buio: è il 2020, il mondo si ferma. Silenzio fuori, frastuono dentro. Il senso di colpa di pensare all’atto più brutto, la forza e la presenza di una compagna meravigliosa, si riprende la chitarra, e tutto il turbinio di emozioni, catartico e terapeutico, finisce in corde, parole e suoni. Canzoni che vengono registrate con l’aiuto di Fabio Fantozzi (basso) e Dario Gentili (batteria), per l’album di esordio “Con gentilezza” (fuori per Resisto distribuzione, marzo 2023 ).
Visto l’ottima risposta da parte della critica, Paolo decide di non fermarsi, e decide di trovare persone per formare un progetto duraturo nel tempo. Ecco l’incontro con Federico Dalli (batteria) e Eliano Brilli (basso) i pezzi vengono riarrangiati ottenendo una nuova dimensione ed energia, dei quali il trio ne registra in presa diretta un estratto di 6 brani.
I tre possono essere visti sia musicalmente che personalmente come un nodo borromeo, dove tre anelli restano perfettamente intrecciati ed uniti tra di loro in perfetto equilibrio, a condizione che nessuno dei tre si allontani, che causerebbe il collasso dell’intera figura.
Da questa unione d’intenti, in modo naturale nascono i pezzi che prendono forma andando a formare la traccia di un viaggio condiviso, dieci brani per l’album “L’elefante nella stanza”.