di Laura Gorini
La condivisione è soprattutto una sensazione
Autrice per grandi e piccini, organizzatrice di laboratori perlopiù di improvvisazione teatrale e molto altro ancora. Questa è la frizzante Ivana Manferdelli che è sempre un autentico piacere incontrare. Perché le chiacchierate con lei sono sempre un vero arricchimento per il cuore, la mente e l'anima.
Tu lavori a stretto
contatto con i bimbi e a loro dedichi vere e proprie filastrocche. Nostalgia
per l'infanzia e per un mondo antico che pare oggi non esserci più?
Contesto il termine lavoro.
Mi piacciono le filastrocche, mi diverto a scriverle, le scrivo per divertire i bambini e per non
dimenticarle dato che ho una pessima
memoria.
Per me Rodari è un mito, un guru, un grande. Se lo
releghiamo a un mondo antico allora ho
nostalgia di un mondo antico. Tuttavia Rodari non è tramontato, tuttora vengono indagati, studiati, tradotti
in altre lingue i suoi metodi, la sua filosofia, la sua didattica.
A proposito di didattica, lui sosteneva che a scuola si ride troppo poco e che si dà molta importanza alla memoria e all’attenzione a scapito della fantasia.
La sera prima di
addormentarci da bambini potevamo contare sulla lettura delle favole della
buona notte da parte di mamma e di papà. Oggi questa sana abitudine si è persa.
Credi che ciò, alla lunga, possa anche provocare un grave distacco, soprattutto
in fase adolescenziale, tra figli e genitori?
Il fenomeno del distacco tra figli e genitori, cause e conseguenze, sono sotto la lente di psicologi, educatori, medici, antropologi, terapeuti e altri professionisti. La lente che ho io a disposizione è comune buon senso Ciò che vedo sono bambini che pur non sapendo leggere se la cavano piuttosto bene ad armeggiare con il tablet. L’opzione “video in autonomia” per addormentarsi fa comodo anche ai genitori. Come dicevo, qualsiasi oggetto, anche un tablet, può guadagnarsi affetto, attaccamento, generare dipendenza, colmare un bisogno di protezione, essere la coperta di Linus.
Tu che ricordi hai della
tua infanzia e della tua giovinezza? Che rapporto avevi allora con la scrittura
e la lettura?
Da quanto mi ricordo, come
lettrice ero nella media o sotto la media, ho recuperato più avanti.
Invece devo aver scritto
molto. Scrivevo sul diario, cosa frequente nelle adolescenti, e scrivevo lettere a chiunque si trovasse
lontano, per servizio militare, per vacanza o altri motivi. A 16 anni ho
cambiato città e ho tenuto vivi con le lettere i contatti a cui mi sentivo
strappata. All’epoca c’era anche la moda del pen-friend e io naturalmente mi ci
sono buttata.
Se ripenso alla me di allora il film è questo: impegnata a scrivere in modo frenetico, chiudere la busta, attaccare il francobollo, correre a imbucarla, pregustare la risposta, controllare la cassetta delle lettere o l’arrivo del postino, guardare l’orologio se il postino è in ritardo, afferrare le lettere, decidere in quale ordine leggerle, sdraiata sul letto è meglio, riporle nelle scatole da scarpe destinate allo scopo, ogni scatola un mittente, un argomento, un periodo di tempo, classificazioni definite ma rivedibili, quindi aggiornamenti continui... Il film potrebbe continuare, meglio fermarsi qui.
Credi che la scuola possa
influenzare l’abitudine a leggere e a scrivere? E la famiglia?
Da piccoli i bambini passano
quasi tutto il loro tempo in famiglia e a scuola, necessariamente i due
ambienti scavano un primo solco. Poi subentrano ambienti e stimoli nuovi, il
tempo trascorso in famiglia e a scuola si riduce e il solco viene riscavato,
riempito, deviato, modificato.
Come e quanto viene
modificato è un bel punto di domanda.
E’ un punto di domanda anche il fatto piuttosto frequente che fratelli cresciuti nello stesso ambiente quindi “influenzati” allo stesso modo diventino poi persone diversissime.
A un certo punto,
all'interno della nostra esistenza, entrano in gioco anche gli amici e le prime
simpatie. Anche ciò può comunque farci cambiare idea?
Sono appunto i nuovi stimoli
a rimescolare le carte.
E menomale, sarebbe una noia altrimenti. Nella quiete la mente non lavora.
Quanto può essere utile,
per avvicinare maggiormente i nostri figli alla lettura, cominciare fin da
quando sono piccini a frequentare con
loro le biblioteche?
Intanto ne approfitto per
sottolineare l’importanza delle biblioteche pubbliche come patrimonio a
disposizione di tutti, un patrimonio continuamente minacciato dai tagli ai
fondi destinati alla cultura. Le
biblioteche, oltre al prestito libri, organizzano e sostengono eventi culturali
e, almeno nella mia città e provincia, sono un vulcano di iniziative. A loro il
mio applauso sincero.
Tornando invece al rapporto genitori-figli, i manuali di
istruzione per diventare buoni genitori vengono ribaltati ogni tot anni (o tot
mesi vista l’accelerazione dei tempi) per includere raccomandazioni in netta contraddizione
con le precedenti. I suggerimenti vanno e vengono come le mode nel vestire: genitore amico verso
genitore autoritario, il bambino sempre al centro anziché gerarchia per anzianità, argomentare ogni richiesta astenendosi da
imposizioni tout court.
Io non credo affatto che una
volta fosse meglio di adesso, non tutto
almeno.
Mio padre era autoritario
perché credeva in un certo metodo educativo. L’ho visto poi nel ruolo di nonno accondiscendente e affettuoso.
Se con l’esempio mio padre è
riuscito a trasmettermi dei valori morali e a garantirsi una stima perenne, con
il suo comportamento prevaricatore mi ha tenuto a distanza.
Mi spiace molto non poter ricordare della mia infanzia un solo gesto di tenerezza nei mie confronti, un momento di complicità e reale condivisione.
A proposito, che cosa
significa per te condividere realmente qualcosa con qualcuno?
Significa sentirsi bene, a proprio agio, in compagnia di qualcuno, anche stando in silenzio, anche se per poco, anche se la cosa è casuale. La condivisione è soprattutto una sensazione.
Cosa vorresti condividere
con noi?
Questa chiacchierata è stata una piacevole opportunità di
condividere idee e pensieri. Grazie Laura e grazie a chi ha letto fin qui.