Dalla cultura a Parigi passando per l’imbarazzo: la parabola di Gennaro Sangiuliano (e il mistero della Boccia scomparsa)

 

Foto Wikipedia

«Chi non sa dove andare, di solito finisce in politica. Chi non sa dove tornare, finisce inviato a Parigi.» - Proverbio francese mai esistito, ma perfettamente credibile

Nel grande carosello delle carriere istituzionali italiane - quel gioco delle sedie musicali dove suona sempre la stessa canzone di potere - poche parabole sono teatrali e assurde quanto quella di Gennaro Sangiuliano. Da severo e monocorde direttore del TG2 a Ministro della cultura in un governo che confonde spesso la storia con il souvenir, fino a nuova rinascita come inviato a Parigi per il TG1, il Gennarone nazionale si è meritato un posto nel pantheon delle carriere italiane “più riciclate del PET”.

Dal TG2 al Mibact: l’epopea di un sovrano della sintassi d’epoca

Quando fu nominato Ministro della cultura, qualcuno rise, altri si indignarono, molti si limitarono a dire “chi?”. Ma Gennaro prese sul serio il compito. Dalla sua scrivania ministeriale si sentiva l’eco di una cultura d’altri tempi: eroica, virile, imbalsamata e possibilmente con la camicia nera stirata.

I suoi cavalli di battaglia:

  • La cultura “identitaria”, concetto misterioso che secondo lui escludeva Netflix e i musei con didascalie inclusive.
  • Le citazioni a Gabriele D’Annunzio, trattato come se fosse un influencer ante litteram.
  • Le gaffe linguistiche da quiz del primo mattino, pronunciate sempre con solennità da enciclopedia in VHS.

Sotto la sua guida, il Ministero visse momenti intensi, tipo conferenze stampa surreali, tagli del nastro in cui gli intellettuali veri prendevano le distanze anche fisicamente, e un’aria costante da “tutto sotto controllo (almeno sul piano immaginario)”.

Dallo sputtanamento al microfono: il ritorno dell’inviato

Poi, d’un tratto, puff. Il Gennaro Ministro scomparve, lasciando la sua sedia come si lascia una trattoria dopo una recensione negativa su TripAdvisor. Ma la Rai, come una madre troppo indulgente, lo accolse di nuovo a braccia aperte, assegnandogli un nuovo incarico: inviato a Parigi per il TG1.

Perché Parigi? Nessuno lo sa. Forse per studiare da vicino la decadenza dell’Occidente con vista sulla Tour Eiffel. Forse per allontanarlo da Roma con eleganza. Forse perché l’ufficio esteri del TG1 ha perso una scommessa.

Fatto sta che oggi, Gennaro gira per i boulevards con il microfono in mano e lo sguardo fiero di chi sa che, nonostante tutto, è ancora lì. Mentre i giornalisti francesi si chiedono “ma chi è questo?”, lui si prepara per uno speciale sul valore della baguette nella civiltà latina.

E la Boccia? Il grande enigma della sinistra evaporata

In mezzo a tutto questo, sorge una domanda inquietante: che fine ha fatto Francesca Boccia?
Un tempo presenza fissa nei talk show, senatrice, riferimento della sinistra interna del PD, la Boccia era ovunque. Poi, come per magia, scomparsa. Nessuna polemica recente, nessuna apparizione. Silenzio.

Alcuni sostengono che sia ancora in Senato, ma nessuno l’ha vista. Altri dicono che si stia preparando a “tornare in grande stile”, ma non specificano se in politica o in una fiction Rai. Qualcuno giura di averla vista nei corridoi di Palazzo Madama intenta a cercare la porta della Commissione cultura... ma era solo un ologramma.

Sangiuliano, il crociano: una visione “adattata” della cultura

Gennaro Sangiuliano, con il suo spirito da intellettuale dalle certezze granitiche, non perde mai l’occasione di vantarsi della sua formazione crociana. Come se fosse un distintivo di alta classe, il Ministro della Cultura non manca mai di ribadire di essersi formato sui testi di Benedetto Croce, esaltandone l’eredità filosofica come il fondamento stesso delle sue convinzioni politiche e culturali.

Per Sangiuliano, Croce è il faro che guida la sua battaglia contro la "decadenza culturale" del mondo moderno, con una mano tesa al passato e l’altra alla difesa di una certa visione dell’Italia. A suo dire, l'influenza del grande filosofo italiano permea non solo la sua visione della cultura, ma anche le sue scelte politiche e amministrative, in particolare per quanto riguarda la difesa delle tradizioni e il valore dell’identità nazionale.

Il problema, però, è che mentre Sangiuliano si appella alla figura di Croce, la sua lettura della filosofia crociana è… diciamo, un po’ “creative editing”. Benedetto Croce, infatti, era un liberale e un antifascista, noto per il suo amore per la libertà individuale e per una cultura aperta e pluralista. Croce, da buon pensatore di sinistra, promuoveva una visione della cultura in cui l’intellettualismo e la condivisione delle idee erano alla base della costruzione di una società democratica.

Sangiuliano, invece, ne fa un uso piuttosto… “adattato”. Se Croce fosse vivo, probabilmente avrebbe alzato un sopracciglio davanti alla versione di Sangiuliano che tenta di adattare la sua filosofia alla politica identitaria e alle visioni conservatrici. Sarebbe curioso vedere Benedetto Croce seduto a un tavolo con il Ministro e ascoltare le sue opinioni su come la cultura dovrebbe essere difesa, magari senza appiattirla su una versione monolitica e nazionalista.

In fondo, la vera satira è che Sangiuliano si vanta di essere crociano, mentre potrebbe non aver compreso pienamente la profondità e l’universalismo del pensiero di Croce. Piuttosto, sembra più un crociano di facciata, come chi indossa una giacca elegante e la considera la chiave per entrare in un club esclusivo, senza sapere nemmeno cosa c'è dentro.

In ogni caso, per Sangiuliano, Croce rappresenta una legittimazione ideale che, per quanto "adattata" alla sua causa, gli dà il benestare morale per cercare di portare avanti le sue battaglie culturali, purtroppo confuse con il suo ruolo politico.

Epilogo (immaginario) – Italia, anno 2026

Nel 2026, Sangiuliano vive stabilmente a Parigi. Dopo un reportage sulla “crisi del croissant come metafora del declino europeo”, ha fondato un circolo culturale sovranista nel Marais, Le Camembert Identitaire. Tra le attività: letture serali de La Civiltà Cattolica e corsi per spiegare ai parigini che l’Impero Romano era meglio di tutto.

Nel frattempo ha scritto un libro: La decadenza dell’Europa vista da un bistrot, candidato al premio "Libro dell’anno tra gli amici miei".

Francesca Boccia, invece, ha fatto un ritorno inaspettato come conduttrice su Rai 3 del talk Dove eravamo rimasti?, dove ogni settimana intervista un ex esponente della sinistra smarrito nei meandri della burocrazia politica. Prima puntata: collegamento con Enrico Letta da un liceo parigino, seconda: apparizione olografica di Pier Luigi Bersani, terza: una voce robotica che simula Romano Prodi.

Gira voce di una candidatura Boccia-Sangiuliano alle Europee del 2029. Lista civica trasversale: Noi che almeno ci abbiamo provato. Slogan: Siamo ancora qua (purtroppo).

Rubrica – Gente che cambia poltrona più spesso del divano

Rubrica di osservazione parlamentare, a metà tra arredamento e disperazione

“Seduto oggi, Sottosegretario domani. La tua carriera dipende da dove ti appoggi.”

  • Gennaro Sangiuliano: dalla poltrona girevole di viale Mazzini alla sedia istituzionale del Mibact, fino a uno sgabello da bistrot con vista Senna.
  • Francesca Boccia: dalle sedie in commissione al divano di Tagadà, oggi riappare su uno sgabello televisivo in plexiglass.
  • Giuseppe Conte: in cerca di equilibrio su uno scanno a 5 punte. Medita di tornare sul futon della giustizia sociale.
  • Carlo Calenda: cammina sempre, anche dentro gli studi. Le poltrone le disprezza, ma le prenota in due versioni: una per sé, una per quando litiga con se stesso.

“In Italia le idee sono ferme, ma le sedie fanno i chilometri.”

Appendice – Cosa direbbe Benedetto Croce di Sangiuliano?

Probabilmente lo inviterebbe con garbo a leggere qualcosa prima di parlare.
Oppure, più realisticamente, gli scriverebbe una lettera lunga 18 pagine per spiegargli che “l’identità culturale non è un gadget da scaffale ministeriale, ma un flusso storico in cui si nuota, o si annega”.

E con un sussurro amaro, aggiungerebbe:
"La cultura non si difende con le parole forti, ma con le idee chiare. Purtroppo."

Fattitaliani

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