Paola Lanfranco: con i miei libri voglio mettere in luce la parte bella e positiva del genere umano

 


Psicologa, psicomotricista e da circa un ventennio impegnata in percorsi di consapevolezza del femminile, Paola Lanfranco è l’autrice di Il coraggio di un sorriso, pubblicato da Rossini Editore. 

Siamo certi che tutte le donne abbraccino le teorie del nuovo femminismo e si sentano appagate con una declinazione al femminile del titolo di studio o della carica svolta? Pensiamo davvero che per essere pienamente sé stesse le donne debbano emulare gli uomini? Oppure esiste una via diversa per trovare la propria strada, senza passare attraverso battaglie che individuano il problema nel maschilismo introiettato nella società maschilista? 

Sono queste le domande a cui Paola Lanfranco cerca di dare risposta attraverso una raccolta di racconti le cui protagoniste sono donne che hanno avuto il coraggio di porre al primo posto i propri bisogni e aspirazioni.

Paola, come è nata l’idea di raccontare storie di donne?

L’idea è nata dal fatto che alcune persone, a me care, avevano resistito a prove importanti della propria vita, riuscendo a non farsi abbattere, ma trovando, spesso e con grande fatica, una nuova strada per affrontare la propria esistenza. Erano storie di rinascita, conosciute da poche, ma che sicuramente avrebbero aiutato altre donne a trovare le forze necessarie per poter ricostruire la propria o semplicemente avrebbero attivato in loro il desiderio di comunicare e raccontarsi.

Le donne che hanno dato vita ai racconti sono quelle che io chiamo “eroine silenti” perché hanno saputo riconnettersi con la loro parte istintiva, l’hanno ascoltata ed accolta e hanno fatto tesoro del loro “Io Selvaggio” per ripartire. Sono donne che hanno età e vissuti differenti, ma hanno una caratteristica che le accomuna: il desiderio di non arrendersi e trovare una soluzione dignitosa alla loro esistenza spezzata. Nessuna di loro appare sui rotocalchi e nessuna di loro è famosa, secondo i moderni canoni di fama, ma hanno tutte da insegnare a ciascuna di noi.

Esaurite le storie di persone care sono andata alla ricerca di altre donne che avessero storie interessanti da raccontare. Ho scoperto che il desiderio di raccontare e condividere non è assolutamente andato perduto. Ho ascoltato molti racconti e poi ho scelto a quali dare corpo nel libro.

Ho cercato di narrare l’emozione, più che la sequenza cronologica delle vicende, perché il contatto e la condivisione passa attraverso l’emozione. Non è stato semplice ripercorrere i tumulti emotivi, perché volevo che l’essenza di ciascuna potesse essere raccontata attraverso il “loro cuore” e non attraverso una mia interpretazione. Ecco perché le storie hanno stili diversi, approcci diversi. Perché sono le “eroine silenti” a raccontarsi attraverso la mia scrittura. Ognuna di loro ha ricevuto l’anteprima del proprio racconto con la preghiera di dirmi se si sentivano ben rappresentate nelle loro vicende e laddove la mia penna non le aveva rispecchiate fino in fondo, ho provveduto a modificare il racconto affinché fosse più genuino e simile alla loro pelle.

Il messaggio che volevo e voglio dare a chi leggerà il libro è che dobbiamo ricercare la nostra autenticità, solo così potremmo pensare di costruire un mondo migliore. Solo se siamo autentiche possiamo ricreare la nostra vita e ne potranno beneficiare anche tutti coloro che ci sono vicini.

Donne di ieri, di oggi e di domani. Quali aggettivi ce le descrivono meglio dall’alto della tua esperienza ventennale?

Mi sento di precisare che non mi reputo su alcun piedistallo, ho delle esperienze e conoscenze che mi piace condividere, ma soprattutto mi sento ancora un “work in progress”. Forse delle donne di ieri, oggi e domani apprezzo la capacità di sapersi mettere in discussione, di essere creative e di utilizzare questo potenziale per cambiare ciò che non è più in linea con loro stesse e con il mondo che le circonda. Hanno tutte grandi intuizioni, ma soprattutto un legame che le unisce è il costante desiderio di raccontarsi e raccontare. Questa peculiarità l’ho riscontrata anche in occasione delle presentazioni dei miei libri. Tutte le donne che hanno partecipato hanno immediatamente creato una sorta di Agorà e questo è il filo conduttore di molte donne di cui ho cercato le storie in tutto il mondo. Sembra che il desiderio di unirsi, scambiare opinioni stia rinascendo e, nonostante i media se ne occupino marginalmente, molte donne, in molti paesi, stanno attivando pacificamente cambiamenti epocali. Nel mio blog, Donna Incanto, ho scritto di queste realtà, come per esempio il caso di Lupita, in Chapas, che lotta per ottenere la dignità perduta del suo popolo e rivendica, con azioni pacifiste, il diritto del proprio territorio invaso dai messicani. In Bolivia, il governo ha creato, per la prima volta nella storia, il “Ministero della Cultura, della Decolonizzazione e della Depatriarcalizzazione” la ministra è Sabrina Orellana Cruz, donna indigena d’etnia quechua, femminista e storica attivista della Confederazione Nazionale delle Donne Campesine, Originarie e Indigene della Bolivia. In Cile, grazie al movimento Las Tesis che ha dato vita al PAF (Partito Alternativa Femminista), è stato indetto un referendum che aveva come obiettivo principale la equa rappresentanza di uomini e donne in parlamento. C’è un nuovo femminismo africano che non ha paura a definirsi tale e si diffonde attraverso il web. Le donne grazie ai gruppi di WhatsApp e gli hashtag di Twitter hanno diffuso un nuovo attivismo. Questi sono alcuni esempi di cerchi di donne che stanno attivando importanti cambiamenti strutturali nei loro paesi. Perché non seguire il loro esempio?

Il femminismo che sensazioni provoca dentro di te?

Sono convinta che i movimenti femministi abbiano sollevato una questione sociale estremamente importante e delicata. Sono grata a tutte quelle donne che hanno dedicato tempo, cultura, determinazione affinché la società cambiasse. Non sempre sono in linea con tutte le lotte che hanno supportato, ma sono altrettanto consapevole che senza non saremmo giunti alla odierna società. Quando penso al movimento femminista credo che, in quel contesto e in quel periodo, non avesse altri strumenti rispetto a quelli che ha messo in campo. Se pensassi ad un paragone psicologico mi immagino le femministe come il bambino che ha bisogno di conquistare la sua indipendenza e l’autorità genitoriale come la società. Ecco, in questo contesto, le femministe, al pari di quel bambino, avevano solo lo strumento del contrasto per uscire allo scoperto e forgiare la propria identità. Ora, grazie alle loro lotte, il bambino è cresciuto ed ha conquistato la capacità di mostrarsi nella sua pianezza. In questo lavoro di crescita, come sovente accade, si rischia di perdere il focus su chi siamo e dove vogliamo arrivare. Ecco perché sono convinta che le donne debbano far emergere la loro essenza. La Bolen sostiene che “un cerchio di donne potrebbe sembrare semplicemente un gruppo di donne che conversano. Ogni cerchio sta contribuendo a creare una massa critica che metterà fine al patriarcato. Il potere invisibile esercitato dai cerchi femminili sulle donne al loro interno nasce dal potere che abbiamo l'una sull'altra, che può avere la capacità di sanare, convalidare e sostenere”. Soltanto attraverso la ripresa delle caratteristiche del femminile quali la capacità di ascolto, di raccontarsi e unirsi, le doti di saper accogliere, potremmo attuare la fase conclusiva della nostra indipendenza. È importante stringere legami autentici con altre donne e recuperare quelle parti sfilacciate e poi intessere nuove alleanze con il maschile. Ci sono molti uomini che sono pronti ad accogliere questa nuova avventura, penso a tutti quelli che si rispecchiano nei movimenti come Maschile Plurale o Noi No che si impegnano a sradicare la mentalità del patriarcato. Non dimentichiamo la risorsa educativa. Iniziamo a educare i nostri figli con l’idea che siano persone, e non maschi e femmine. Educhiamoli a manifestare le emozioni, ma, soprattutto, impariamo a raccoglierle con amore e compassione. Una corretta educazione emotiva, che include il rispetto, genererà una società migliore. Non sono utopie e motti new age. Nella mia affannosa ricerca di un equilibrio ho scoperto che nella comunità Q’ero in Perù non sono contemplate queste due parole: diverso e contrapposizione, ma esiste il concetto di integrazione. Il loro pensiero è basato sulla convinzione che la diversità implica la complementarietà. Si tratta di un esercizio spirituale che mi ha portato ad una riflessione ed ha generato in me la convinzione che per poter creare un mondo migliore sia necessario passare attraverso la presa di coscienza della propria radice profonda, condividerla poi con chi è simile a noi ed infine integrarla con chi è complementare. Per poter integrare qualcosa che non ci appartiene, il primo passo da compiere è riprendere dimestichezza e consapevolezza con la propria energia primaria, lasciando andare quella opposta. Il passo successivo è quello di integrare l’energia complementare in modo da rendere stabile la propria essenza. Solo successivamente si passa all’integrazione dell’energia opposta.

L’applicazione di questo concetto renderà possibile gettare nuove basi per un mondo migliore.


La Paola prima di questo libro, la Paola di ora e la Paola di domani: cosa ti hanno dato queste pagine e dove pensi che ti porteranno?

Ci sono alcune parti fondamentali della mia essenza che difficilmente potranno modificarsi o potranno essere influenzate dalla pubblicazione del libro. Mi riferisco al mio bisogno viscerale di lottare per creare un mondo migliore, anche attraverso pensieri ed azioni che possano sembrare non allineati con un pensiero comune. La pubblicazione del libro, ma soprattutto la sua presentazione, mi stanno permettendo di toccare con mano che esiste una massa critica pronta ad accogliere uno stile di vita che sia più in linea con l’idea che mi ha portata a scrivere. Toccare i loro cuori, ascoltare le loro storie fortifica loro e me permettendoci di comprendere che non siamo soli, che molte altre persone sono pronte per un cambiamento rispettoso. Purtroppo la società ci porta a soffermarci su ciò che è disfunzionale, sicuramente fa più notizia un articolo di cronaca nera, una prima pagina che parla di catastrofi o imminenti guerre. La stampa, il web ci condizionano ad un pensiero apocalittico, ma difficilmente ci erudisce su quei movimenti, quelle associazioni che hanno veramente a cuore il benessere e l’integrazione. Si parla spesso dei giovani senza ideali, ma non è così. Recentemente ho presentato il libro presso l’ateneo pisano ed ho scoperto che i giovani hanno bellissimi ideali e sono alla ricerca di un confronto costruttivo con chi ha più esperienza di vita. Mi sono emozionata e mi sono lasciata coinvolgere attivamente nel dibattito e credo che entrambi siamo usciti più ricchi di prima.

Qualche mese fa ho letto un articolo su L’internazionale dove si riportava la teoria del filosofo giapponese Kohei Saito che evoca la regola del 3,5, una teoria elaborata da Erika Chenoweth di Harward la quale sostiene che quando un movimento non violento arriva a coinvolgere in modo attivo i 3,5 della popolazione il successo è garantito ed inevitabile. Ora è giunto il momento di risvegliare quel 3,5 della popolazione per attivare il cambiamento.

Scoprire di non essere sola e condividere questa mia idea mi sta infondendo l’energia per continuare in questa direzione e sono grata a tutte le persone che sto incontrando che mi stanno infondendo coraggio. Tutto questo non sarebbe potuto accadere senza la pubblicazione de Il coraggio di un sorriso.  Come mi immagino fra qualche anno? A parte con più rughe e dolori articolari, credo che proseguirò con la scrittura e la divulgazione, di un pensiero solidale e rispettoso, basato su legami autentici e profondi volto a mettere in luce la parte bella e positiva del genere umano.

Ricordiamo che al mondo sono esistiti personaggi come Martin Luther King, Malcom X, Ghandi, Herriet Tubman, Rosa Parks e Maya Angelou per citarne alcuni più noti di quelli che ho già menzionato. Quindi esorto tutti a trovare esempi di persone che credono nel cambiamento pacifico e rispettoso della società.

Fattitaliani

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