“(Il premierato è) la risposta sbagliata a una domanda giusta. (…) Bisogna organizzare lo Stato e poi valutare se c’è l’esigenza di quel premierato. Se si organizza lo Stato, se si investe nella Pubblica Amministrazione si danno risposte ai cittadini che non hanno la possibilità di vedere negli occhi i nostri rappresentanti (...) La democrazia è stata colpita da un virus, siamo tutti responsabili di non averla protetta, è il virus della dimenticanza. Ci siamo dimenticati cosa è stato il processo che ci ha condotto alla democrazia, che ha condotto le nuove generazioni ad avere tutta quella libertà che le generazioni precedenti non avevano, riscoprire il tempo che è stato, che ci ha concesso di vivere come vogliamo vivere ed evitare che si possano ripetere gli errori del passato. L’efficienza non è un valore assoluto, se si scambia uno Stato efficiente con uno Stato che rappresenta tutti, si finisce poi per annullare il senso della democrazia”.
Sull'ipotesi di una sua discesa in politica. “Non si può prendere da soli la decisione di fare un partito politico, sono espressioni di una volontà collettiva. I partiti personali sono un problema per la democrazia, sono un’espressione di leaderismo e il leaderismo fa danni quanto il populismo, anzi, è un’altra faccia della stessa medaglia. È vero che è necessario rappresentare tutti, se infatti facessimo la domanda a chi si sente rappresentato dai partiti esistenti, avremmo la sorpresa che la metà delle persone non si sente rappresentata perché non vota più. Bisogna poi avere la consapevolezza che nessuno si salva da solo ed è anche vero che nessuno da solo può salvare tutti gli altri, quindi partito personale non ha senso. Con tutti i partiti che ci sono non credo si senta l’esigenza di far nascere qualcos’altro. Nessuno me lo sta chiedendo, la politica si fa, non si decide di farla. Il mio desiderio è esserci, entrare in un dibattito, poter raccogliere, ascoltare. Insieme a questo libro (‘Più uno – La politica dell’uguaglianza’) c’è anche una piattaforma internet, www.piu.uno, per cercare di ascoltare le domande. Assistiamo in questo momento a una politica che si fa le domande e si dà le risposte: è il modo per non portare la gente a votare”.
Sul’Unione Europea e la nuova politica del riarmo. “Dobbiamo ricordarci cosa e da cosa dobbiamo difenderci e quindi cos’è l’Europa per noi. Se chiediamo ai ragazzi cos’è per loro l’Europa è la possibilità di muoversi liberamente, non è soltanto la moneta unica europea ma tutto lo stile di vita che abbiamo, l’istruzione gratuita, la sanità gratuita, ormai vediamo solo la parte regolamentare che è più dura, da parte della difesa dovremmo difenderci sicuramente se viene a meno l’ombrello della NATO, non perché qualcuno ci stia attaccando con le armi ma potenze straniere che stanno inquinando i posti dell’informazione, da questo dovremmo difenderci; con un po’ d’orgoglio perché non mettere in campo quella tecnologia, partenariati europei o anche azionariato popolare e fare in modo che le piattaforme social siano anche europee, non soltante straniere per garantire la possibilità ai cittadini di formarsi liberamente la propria opinione e non sulla base di informazioni che vengono pilotate da soggetti stranieri per influenzare le nostre democrazie e la nostra Europa? Anche questa è difesa”.