Il libro “C.” di Victor A. Campagna (Eretica Edizioni, 2024
pp. 84 € 15.00) promuove l'eco di una esplorazione poetica nascosta e
sotterranea, celebra la cedevolezza provvisoria dell'esistenza tra la
concentrazione dell'ampiezza elegiaca e il diradamento del disincanto, in una
continua sollecitazione dell'attualità e in una restituzione irrequieta del
passato.
Victor A. Campagna compie un tragitto personale in cui la realtà si
frantuma a ogni inciampo, indica i luoghi della spietatezza, segnala la superficie
intimista tra le righe, percorre il confine tormentato del vissuto nella
distorsione degli incroci, analizza il confronto delle perplessità con la
rispondenza a ogni flebile certezza. Comunica l'indicazione di afferrare il
tempo e le sue derive indulgenti con le immagini che riscattano il sentiero
della solitudine, intuisce l'occasione di distinguere, approfondire e
oltrepassare la frammentazione, l'inafferrabilità, l'oscillazione affannata
dell'anima, decodifica la mutevolezza del profilo introspettivo, definito come
misura identitaria e rappresentativa del mondo e del suo disequilibrio. Victor
C. Campagna naviga intorno alle sue peregrinazioni con il compagno di viaggio C., presenza errante e
incalzante, procede nella stessa direzione della complicità, alternando
l'andatura della conoscenza e la cadenza dell'umanità al passo della
sospensione, nell'assedio delle illusioni, nel vincolo emotivo, identifica una
corrispondenza nell'efficacia degli incontri, nell'incisività delle vicende
umane. La poesia di Victor A. Campagna visita itinerari scoscesi e vertiginosi,
trasporta il flusso della materia poetica nella tensione innata dell'uomo,
amplia gli orizzonti delle conquiste, riflette l'inquietudine nella ricerca
infinita lungo il mistero della vita, nei suoi passaggi di luci e ombre e di
conflitti, accoglie il segno metaforico del disagio, la relazione celebrativa
tra le parole e il loro ascolto. Il poeta rinnova la conferma di una poesia
orientata nella destinazione di ogni perdizione, ritrova la percezione delle
proprie responsabilità di fronte alla consapevolezza del dolore e dello
smarrimento, congiungendo la sovrapposizione della realtà a una
rappresentazione del quotidiano indistinto e rarefatto, nell'offuscata e
impercettibile diffusione lungo gli argini delle possibilità di risanamento e
di coraggio. “C.” dedica al lettore, nella linea corrosiva delle parole, il
logoramento della precarietà, la debolezza del destino, rivolge la condanna
della pena nella simmetria insidiosa tra le ripetizioni della memoria e le
dispersioni affettive. La compiuta efficacia dei testi poetici di Victor A.
Campagna distingue l'interpretazione evocativa dell'altrove, la soglia del
radicamento e il significato di presentarsi nel mondo, nella separazione delle
vicissitudini tra saggezza e irragionevolezza, mescola la derisione nel
paradosso lugubre e deforme delle contraddizioni. Victor A. Campagna assorbe la
luce occulta e segreta dell'immaginario, smaschera il gioco perverso degli
inganni umani, intensifica l'esplorazione di un universo in cui il territorio
umano ospita l'angoscia e l'amarezza. Delimita l'effetto ipnotico della
bellezza, il bagliore catartico, la compassione tra la tenerezza e la
spietatezza della condizione umana, la seduzione della rinascita e la sventura
della decadenza e dell'infelicità. Ricorda che l'esperienza asseconda l'indole
istintiva di ogni temperamento, ferisce nell'abisso del tradimento, ma
rimargina la meraviglia di frequentare l'avventura, vedere con occhi diversi e
trattenerne l'effetto.
Rita
Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/
PER STRADA
C., non che sia mattino mattino,
ma alle 8.00 sembra notte; il
traffico solo ci getta nello sconforto.
Andiamo un po' in là e ci troviamo davanti
una insegna che dice “100 metri più in là”.
Inchiodiamo e ci guardiamo: 100 metri
più in là dove?
LA PROVA
Il gesto di chi muore, C.,
quello è infinito davvero:
inizia che già finisce.
A volerlo dire ti perdi,
ma comunque ci si prova dai;
una luce da qualche parte
un interruttore sbilenco
e un paio di pattini a terra
con le lame incrostate di terra.
OSSERVAZIONI
Volevo dirti di più mentre camminavamo,
ma tu mi interrompevi di scatto
mettendoti le cuffie alle orecchie;
indicavi in silenzio quella torre ormai vicina.
Da lontano pareva così piccola, ora piatta,
altissima, invalicabile.
I mattoni erano gialli, un
po' incrostati.
C. intanto chiudeva gli
occhi,
col viso proteso in alto
dove non ha senso
respirare.
SONATINA
Ci sono falsi positivi,
rosa e rosa;
sono mani che tremano e le
vocali pesano
come tralicci occupati da
zampe senza uccelli.
CI SONO LUNE NUOVE COME
RITRATTI
Cosa succede quando nel
bruno
tra le finestre scompare
il tuo volto e poi
riappare come
straniato e ti misuri il
profilo?
Non hai mai usato le mani
per alleviare la sezione
giusta
o farne una graduatoria,
prenderci gusto.
Vedi che in un attimo se
attraversi
dalla parte giusta ti
aggiungiamo un posto,
così ci fai compagnia e mi
passa meno silenzio
tra me e C..
E RIVEDIAMOLE LE STELLE
E così ne uscimmo, con le
ossa rotte,
gli zigomi ritratti e le
mani ustionate;
io e C. montavamo il
parabrezza rotto
per com'era, tra una
scheggia e l'altra
sul viso, sul corpo, sulle
mascelle;
acceso il motore ci
rendemmo conto
che la morte è solo
un'imboccatura
di scappamento.