Vivian Maier: Il Blues delle Strade. Una Mostra a Villa Reale di Monza

 


UNSEEN Le foto mai viste di Vivian Maier riporta alla luce l’universo visivo di una delle più grandi fotografe di strada del Novecento, il cui genio artistico è rimasto celato per decenni. L’esposizione, un vero viaggio nell’intimità di una donna che ha trasformato le strade in palcoscenici, celebra l’arte di una figura enigmatica che ha saputo trasformare l’ordinario in straordinario. L’allestimento è un vestito cucito su misura per gli spazi del Belvedere, tra le capriate lignee, divise in 9 sezioni, si possono ammirare sino al 26 gennaio 2025 ben 220 opere, materiale anche inedito curato da Anne Morin. 



Nata a New York nel 1926, Maier visse tra due mondi: le sue radici francesi e il dinamismo americano. Una bambinaia di professione, un’artista per vocazione. La sua vita si intreccia con la storia della fotografia grazie a un fortuito incontro con John Maloof, che nel 2007 scopre il tesoro nascosto di oltre 120.000 scatti, dimenticato in un magazzino di Chicago. Da quel momento, il mondo ha iniziato a conoscere una fotografa capace di immortalare il respiro profondo della città e dei suoi abitanti. Un’artista senza tempo, un talento rivelato per caso. 



La mostra propone un percorso che mette a confronto le stampe originali in bianco e nero, spesso ritagliate o invertite, con le stampe moderne, offrendo uno sguardo unico sulla sua pratica fotografica. Il bianco e nero di Maier è un racconto sospeso, un sussurro silenzioso che si insinua nelle ombre della città. Con l’arrivo degli anni ’60, però, il colore irrompe nella sua opera, trasformandosi in una sinfonia visiva che vibra di blues, il ritmo delle strade operaie di Chicago.


Ogni scatto a colori è un’esplosione cromatica, un viaggio che traduce la realtà in musica visiva, conferendo alle immagini una dimensione sinestetica, dove vedere significa anche ascoltare.



Maier non si limita a fotografare. Negli anni ’60, sulle rive del lago Michigan, sperimenta un linguaggio nuovo, avvicinandosi al cinema con la sua Super 8. In questa mostra, le sue sequenze fotografiche emergono come racconti in movimento, un ponte tra immagini statiche e il flusso del tempo, un dialogo originale tra fotografia e cinema. Con la sua Rolleiflex, Maier cattura frammenti di vita che si intrecciano, creando un linguaggio visivo che anticipa l’estetica contemporanea.


Gli autoritratti di Vivian Maier costituiscono uno dei capitoli più toccanti della sua opera. Riflessi, ombre, silhouette: ogni scatto è un’affermazione silenziosa della sua presenza, un dialogo con se stessa e con il mondo. In un’epoca dominata dai selfie, il lavoro di Maier risuona come un’eco contemporanea, una testimonianza della sua capacità di trasformare l’autoritratto in un atto poetico e narrativo che risuona nel presente.


Maier cattura l’essenza dell’umanità con il suo obiettivo, soffermandosi su dettagli apparentemente banali: mani che si sfiorano, gesti fugaci, frammenti di un mosaico urbano. Ogni scatto è un racconto in miniatura, un invito a decifrare il codice segreto dei gesti quotidiani. Si manifestano comunque positivi sentimenti di gioia, dí pungente ironia, di grazia e divertimento, di stupore e tenerezza. 


Le donne e i bambini in particolare, occupano un posto speciale nel lavoro di Maier. Dai volti segnati dal tempo delle lavoratrici ai dettagli raffinati delle signore borghesi, dall’allegro giocare  alle faccette curiose dei ragazzini, ogni scatto rivela la profondità e la bellezza della condizione umana. Le strade di New York e Chicago diventano il teatro dove la vita si svela nella sua crudezza e poesia, tra volumi architettonici, paesaggi cittadini e dettagli delle metropoli americane tipiche del dopoguerra. 



La mostra a Villa Reale di Monza non è solo un’esposizione fotografica, ma un viaggio nella mente e nell’anima di una donna straordinaria. Vivian Maier, invisibile durante la sua vita, diventa ora un faro per il nostro presente. Ogni sua fotografia è un invito a rallentare, a osservare, a riscoprire la bellezza nascosta nelle pieghe della quotidianità.

Non è solo una mostra: è un tributo alla poesia urbana, un’ode al silenzio e al colore delle città, e un richiamo a vivere ogni istante come un’opera d’arte. Giuseppe Sinaguglia.

Fattitaliani

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