Paolo Cognetti: “Pensavo di uccidermi tutti i giorni. La corda ce l’ho, la trave ce l’ho… ero pronto”

 


ROMA – Paolo Cognetti, dopo l’intervista a Repubblica, continua a raccontare la sua depressione. Come un fiume in piena.

“Restavo nella mia baita a guardare il soffitto, qualcuno provava a trascinarmi fuori, ma non mi importava più di niente, non c’era più amore né per mia madre e mio padre che erano lì ad accudirmi, né per il mio cane Lucky: il mio cuore era inaridito”, dice intervistato dal Corriere della Sera.

Lo scrittore, Premio Strega per “Le otto montagne” dice di aver pensato al suicidio più volte: “Era all’ordine del giorno: la corda ce l’ho, la trave ce l’ho, devo capire come salire sulla sedia”. E che “ho vissuto da alcolista duro e puro: dal caffè corretto alle 8 di mattina all’ultimo whisky all’1 di notte, passavo tutto il giorno a bere, finché mi sono sbattuto fuori casa da solo“.

“Non avevo mai sofferto prima di depressione. Periodi di grande tristezza, di noia esistenziale sì, ma niente di simile a quello che è successo dopo. Per qualche mese ho smesso di bere, ma poi mi sono detto: se sto così male, anche se ricomincio non potrà andare peggio, giusto? Ho ripreso e mi sono sentito meglio, ho recuperato energia e allegria, ma per il mio psichiatra stavo solo entrando in una nuova fase maniacale. Nella sindrome bipolare c’è la fase depressiva e la fase maniacale: la fase depressiva fa schifo, nella fase maniacale hai mille idee al secondo, scriveresti dieci libri, e io ci sono ancora dentro. Ho detto allo psichiatra che non era urgente vederci, ho saltato una visita e mi sono trovato la polizia e l’ambulanza sotto casa. In ospedale non ho firmato l‘accettazione delle cure ed è scattato il Tso. Ho passato due settimane in un regime che potrei definire carcerario. Quando ho provato ad andarmene dall’ospedale mi hanno circondato in sette: ho fatto una denuncia per quell’episodio”.

Fonte Agenzia DIRE - www.dire.it

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