Finalmente una donna! Fino al 16 febbraio 2025, Milano ospita la mostra Niki de Saint Phalle al Mudec, un evento imperdibile che celebra la vita e l’arte di una delle figure più audaci e provocatorie del XX secolo.
La retrospettiva curata da Lucia Pesapane e realizzata in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation, rappresenta un’occasione unica per scoprire non solo le opere iconiche dell’artista franco-americana, ma anche il lato più personale e sociale della sua ricerca artistica.Niki de Saint Phalle è conosciuta in tutto il mondo per le sue Nanas, sculture monumentali di donne abbondanti e sensuali, simboli di femminilità e potere. Ma la sua arte va ben oltre queste figure vibranti, un mondo colorato, provocatorio e profondamente umano. La mostra al Mudec si articola in otto sezioni che esplorano l’evoluzione della sua arte, dalle performance iconoclaste degli anni ‘60 alle riflessioni più intime e dolorose che segnano la sua produzione successiva.
Oltre a 110 opere che spaziano dalla pittura agli assemblaggi, dalle sculture monumentali ai film, il percorso espositivo include anche una selezione di abiti Dior, che rimandano al periodo in cui Niki fu modella. Le fotografie che la ritraggono, lungi dall’essere casuali, raccontano il suo impegno nell’utilizzare la propria immagine per trasmettere un messaggio di consapevolezza sociale.
L’opera di Niki de Saint Phalle ha sempre sfidato le convenzioni sociali e artistiche, in particolare quelle legate al ruolo delle donne nella società e nell’arte. Le sue Nanas sono un inno alla sensualità e alla forza femminile, ma anche un atto di protesta contro le rigide aspettative imposte dalle società patriarcali. Con il suo stile vibrante e le sue sculture esuberanti, coloratissime, Niki ha creato un’alternativa visiva al concetto di bellezza tradizionale, celebrando il corpo femminile in tutte le sue forme.
Ma la sua ricerca non si limitava a creare nuove immagini della donna; la sua arte era anche un atto politico. La sua lotta contro la violenza, le discriminazioni e gli stereotipi è evidente in tutte le sue opere, dalle sculture monumentali al Giardino dei Tarocchi in Toscana fino alle sue performance provocatorie, come quella in cui sparava contro tele cariche di polvere colorata per distruggere la pittura tradizionale.
Oltre alla critica sociale sui ruoli di genere, Niki de Saint Phalle ha affrontato temi di giustizia sociale, discriminazione razziale e diritti umani. La sua arte non era solo un atto di liberazione personale, ma un grido di speranza per un mondo più giusto e inclusivo. Le sue sculture delle Nana nere, per esempio, sono una chiara denuncia della segregazione razziale, mentre le sue installazioni pubbliche e monumentali, esprimono la sua visione di un mondo in cui la bellezza e la libertà siano alla portata di tutti.
Inoltre, Niki ha utilizzato la sua popolarità non solo per promuovere se stessa, ma anche per sensibilizzare il pubblico su temi urgenti. La sua connessione con la cultura afroamericana, espressa anche in sculture dedicate a figure come Josephine Baker e Louis Armstrong, è un altro esempio del suo impegno per la giustizia e l’inclusività.
Nel corso della sua vita, Niki si è anche avvicinata a temi spirituali, che ha integrato nelle sue opere. Il suo Giardino dei Tarocchi, realizzato in Toscana, è un esempio perfetto di come l’artista sia riuscita a unire arte e spiritualità, creando un luogo che invita alla riflessione e alla meditazione. Un altro esempio significativo della sua esplorazione spirituale è il parco di sculture Queen Califia’s Magical Circle, che Niki creò in California come tributo alla forza femminile e alla Madre Terra. Gli animali, come i serpenti, sono spesso protagonisti delle rappresentazioni, mosaicati anche nei grandi totem.
Niki de Saint Phalle è anche nota per aver portato la scultura monumentale a nuovi livelli, creando opere che non solo sfidano le convenzioni artistiche, ma che rappresentano anche un atto di resistenza e di liberazione. Le sue sculture, sono spazi aperti e inclusivi, dove l’arte non è solo da osservare, ma da vivere. La sua capacità di fondere l’arte con l’architettura e il paesaggio ha trasformato le sue installazioni in esperienze sensoriali uniche, in cui il pubblico può interagire direttamente con le opere.
Niki non è stata solo pittrice e scultrice; il suo percorso artistico ha incluso anche l’illustrazione, come nel caso del libro sull’AIDS e il cinema. Nel 1974, insieme al regista Peter Whitehead, realizzò il film Daddy, in cui affrontava la dinamica di potere all’interno della famiglia, simboleggiando la sua rottura con la figura paterna e il dominio maschile. Quest’opera, così come altre sue performance provocatorie, ha contribuito a consolidare la sua posizione di artista ribelle e pioniera nel campo dell’arte contemporanea.
La retrospettiva al Mudec non solo celebra Niki de Saint Phalle come una delle più grandi artiste del XX secolo, ma invita anche il pubblico a riflettere sul suo messaggio di liberazione, inclusività e giustizia. La sua arte, che ha sfidato i limiti imposti dalla società e dalla cultura, rimane oggi un faro per tutte le generazioni future che desiderano abbattere le barriere e creare un mondo più equo. In questo senso, Niki de Saint Phalle non è solo un’artista, ma una vera e propria rivoluzionaria del pensiero e dell’arte. Oserei dire una antesignana della girl power generation.