Elogio dell’imperfezione
testo di Agata Polizzi
Il sentimento con cui Maïa Régis esprime la sua ricerca è come un vento fresco e intenso che filtra immagini, odori, suoni, sensazioni capaci di valicare il sottile limite che esiste tra ciò che sta fuori e dentro, tra corpo e spazio, tra prima e dopo.
Artista giovane ma già molto salda nel suo percorso, Maïa è espressione di una generazione di artisti che consapevolmente utilizza le arti visive per elaborare non solo la propria visione del mondo ma anche per aderire al presente con un linguaggio trasversale, capace di tradurre un respiro ampio, senza confini, un respiro che condensa le esperienze dirette, le emozioni, la complessità di qualcosa che sta accadendo e per questo resta in parte ancora sconosciuto.
Mosche e Cristi ha in sé la cronaca di un viaggio interiore, diario di spostamenti e di incontri, in cui confluiscono Palermo e Parigi, città con dinamiche differenti ma entrambe complesse, habitat di anime che Maïa coglie nelle proprie luci ed ombre, registrando le storie di esistenze dannate o gioiose, purché sempre autentiche; c’è Pantelleria con il suo mare e la sua magia che fa parte dell’intimità dell’artista, una memoria imprescindibile perché radicata negli occhi e nel cuore, una luce irripetibile e quella certezza di far ritorno sempre “nel posto giusto”; c’è l’essenza metropolitana e glamour di chi è in contatto con il tempo presente e lo vive appieno, avido di essere qui ed ora.
Le opere di Maïa appaiono come arcipelaghi visivi che utilizzano la pittura come forma narrativa, l’artista strizza l’occhio alla cultura Pop cogliendone l’apparente giocosa leggerezza e al contempo sottolineando una sfumatura ironica, a tratti amara altre volte delicata, squarci di osservazione in cui mette in luce la percezione dei contesti che frequenta, lei che è abituata ad un costante scambio tra registri sensoriali e lessicali ogni volta diversi, ritmi brulicanti e pulsanti, istanti di una giovane vita in divenire dove Maïa sperimenta, assorbe, interpreta.
In mostra Mosche e Cristi presenta una serie di carte leggere come foglie, dimensioni che oscillano tra il piccolo ed il grande formato, una materia densa che resta impressa e che Maïa stende con gesto deciso e aperto, un percorso espositivo dinamico, che mostre opere di periodi diversi, forme non definite, sfumate eppure potenti, come sogni al risveglio.
Accanto alle carte, disseminate nello spazio della galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea a Palermo, ci sono alcune pause di riflessione: sono i mobili disegnati da Jules Régis, anch’essi isole da abitare, su cui sostare, a cui affidarsi.
Un piccolo cameo che trovo molto raffinato, che lega la creatività di due fratelli di sangue e di spirito.
Nella narrazione di Maïa c’è la natura, l’umanità, gli oggetti del quotidiano, i simboli e le icone di culture lontane mescolate tra loro, l’artista osserva e fissa sulla carta come per preservare dall’oblio, il dettaglio appare in quell’istante per lei importante, è forte la capacità di dare attenzione anche alle cose piccole.
Che poi sono le cose piccole a fare la differenza.
Maïa sa percepire l’essenza di un attimo, non teme l’imperfezione, non si nasconde dietro il rigore di quello che deve essere a tutti i costi già stabilito, affatto, lei accetta di cambiare direzione se è necessario, persegue quell’imperfezione come una necessità perché è parte di un processo, perché è flusso che scorre in cui tutto può ancora accadere.
Abbandonare il controllo per essere liberi di creare.
Il non temere l’errore fa di lei un’artista potente ed una donna libera, sognatrice e allo stesso tempo pronta ad interpretare il cambiamento, anzi a prenderne parte con estrema vitalità e desiderio di sporcarsi le mani con la vita.
Mi piace sottolineare di Maïa Régis questo tratto del carattere, diretto e schivo ma essenziale, un piglio con cui difende il suo pensiero e anzi lo esprime con fierezza, tenendosi in equilibrio tra desiderio di espandersi e consapevolezza di avere un potere seduttivo dirompente, perché l’arte sa essere diletto e monito, sa essere gioco e strumento per educare, sa esaltare il bello e mostrare il brutto, può essere viatico di riflessione e attimo di esaltazione quando sublima l’unicità di ciò che tocca.
Maïa Régis ha contezza che essere artista, non solo nello statuto ma anche nella sostanza, sa che è una responsabilità verso sé stessa e verso gli altri, mantiene leggerezza e peso per non cadere, ma soprattutto si lascia stupire ad ogni passo.
Si ringrazia/thanks to Planeta Vini