Venerdì 9 agosto alle ore 20:00, negli spazi de Le Fabbriche (Fondazione Orestiadi), la presentazione del libro di Giacomo Bonagiuso “Mobbidicchi e altre storie. Traduzioni e tradimenti di teatro in lingua madre”, pubblicato dalle edizioni Libridine.
A presentare il volume, con l’autore e con l’editore Franco Sferlazzo, ci saranno gli scrittori Beniamino Biondi e Vito Lo Scrudato, con un intervento artistico di Giovanna Scarcella. Seguirà il firmacopie.
Il volume edito da Libridine raccoglie cinque coraggiose e singolari riscritture e cinque altrettanti tradimenti da originali famosi trasposti in modo lontanissimo dalle trame originali in siciliano arcaico, una lingua che Bonagiuso considera etnica e non folcloristica. Creativa e non archeologica. Da Mobbidicchi
Tutti capolavori che Bonagiuso riveste delle strutture euristiche della lingua madre, come lui chiama il siciliano, e della contemporaneità tipica del teatro del Novecento, rendendoli piccoli compendi del malumore mondo e della speranza, insieme alla loro impossibile dialettica.
Sono tutte opere che lo stesso Bonagiuso ha messo in scena in luoghi straordinari come Segesta o Teatro di Andromeda o il santuario di Malophoros a Selinunte con un grande riscontro di pubblico e di critica.
Un viaggio che attraversa la tradizione della lingua siciliana, rivendicandone una forza di invenzione, di costruzione di prospettive future, nuove. Non un siciliano arcaico che si arrocca nel culto dell’antico fine a se stesso, quindi, ma una radice fruttuosa che genera nuove e sempre forti idee future. La lingua, per Bonagiuso, è linfa vitale, non archeologia conservativa. E il teatro è il miglior luogo possibile dove far crescere idee e prospettive che partono dai classici per “tradurli” e diventano veri e propri “tradimenti”, ovvero tradizioni in cammino verso storie di domani.
“Giacomo Bonagiuso interpreta perfettamente, quindi, questo tipo di intellettuale scomodo e inquieto che permea tutta la sua opera di una profonda volontà di cambiamento, di una profonda ribellione e di una profonda inquietudine che diventa voglia di cambiare tutto” – scrive Gaetano Aronica.