La storia di Ciro Cristiano, ultimo di sei figli (tre sorelle e tre fratelli), proveniente da San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli, assume connotati da favola, per i diversi momenti che la connotano, ma soprattutto per la serenità con cui il protagonista la richiama e la racconta. Un sogno, il suo, che inizia da quand'era adolescente, giovane studente dell'alberghiero: una storia di riscatto di una persona, una famiglia, di un intero rione. Il culmine di questo sogno è "Baldoria" ristorante-pizzeria nel quartiere di Salamanca a Madrid, balzato agli onori della cronaca per i numerosi premi ricevuti in ambito locale, europeo e mondiale. Riconoscimenti che sono arrivati già durante il primo anno di attività di cui Ciro parla giustamente con orgoglio, ma senza un filo di supponenza, perché anche se molto giovane - ha 35 anni - sa benissimo che bisogna continuare a lavorare sempre di più e al meglio e che la fama odierna del locale è il risultato di un gioco di squadra, di cui lui conosce bene ogni elemento e con cui interagisce spontaneamente e umanamente: dal manager Manuel (con lui nella foto in basso) al pizzaiolo e al cuoco, ai giovani che servono ai tavoli.
Puntuale per l'incontro stabilito per l'intervista, dopo un breve saluto corre immediatamente e salutarli con simpatia e gentilezza, caratteristiche che mantiene inalterate lungo il corso dell'intera intervista.
Una persona responsabile, che ti guarda con gli occhi mentre parla perché lo fa con immediatezza e sincerità, con alle spalle già molteplici anni di esperienza e che con la giusta soddisfazione mostra i risultati di speranze e fatiche.
Puntuale per l'incontro stabilito per l'intervista, dopo un breve saluto corre immediatamente e salutarli con simpatia e gentilezza, caratteristiche che mantiene inalterate lungo il corso dell'intera intervista.
Una persona responsabile, che ti guarda con gli occhi mentre parla perché lo fa con immediatezza e sincerità, con alle spalle già molteplici anni di esperienza e che con la giusta soddisfazione mostra i risultati di speranze e fatiche.
"Il progetto nasce nel 2021, ma è un sogno che perseguo dall'infanzia,, come tutti i bambini che iniziano a studiare l'alberghiero e desiderano aprire un ristorante", ci dice subito.
Puoi riassumere brevemente le tappe che ti conducono fin qui?
Due giorni dopo il diploma, nel 2008, parto per Parigi per fare un giro in Europa per legare la cucina al viaggio, andare in qualsiasi parte del mondo per lavorare come cuoco. Ci sono rimasto dodici anni, vi sono cresciuto fisicamente e mentalmente, sono stati anni bellissimi e formativi. Ho iniziato a lavorare in una lussuosa catena di hotel formandomi in tutto quello che riguarda la ristorazione, fino all'incontro con due francesi, pazzi, che volevano mettere su un gruppo di ristoranti italiani, Big Mama. Con loro ho collaborato nove anni arrivando all'apice della carriera come chef. A un certo punto, mi chiedono di andare in Spagna per formare una squadra e aprire a Madrid altri ristoranti e capire un po' come vivevano gli spagnoli, la loro qualità della vita, come si muoveva il mondo della ristorazione.
Puoi riassumere brevemente le tappe che ti conducono fin qui?
Due giorni dopo il diploma, nel 2008, parto per Parigi per fare un giro in Europa per legare la cucina al viaggio, andare in qualsiasi parte del mondo per lavorare come cuoco. Ci sono rimasto dodici anni, vi sono cresciuto fisicamente e mentalmente, sono stati anni bellissimi e formativi. Ho iniziato a lavorare in una lussuosa catena di hotel formandomi in tutto quello che riguarda la ristorazione, fino all'incontro con due francesi, pazzi, che volevano mettere su un gruppo di ristoranti italiani, Big Mama. Con loro ho collaborato nove anni arrivando all'apice della carriera come chef. A un certo punto, mi chiedono di andare in Spagna per formare una squadra e aprire a Madrid altri ristoranti e capire un po' come vivevano gli spagnoli, la loro qualità della vita, come si muoveva il mondo della ristorazione.
E com'è andata?
Mi sono innamorato completamente di Madrid, dove ho ritrovato un po' i valori di casa mia dopo l'esperienza parigina: il calore nei contatti umani e l'incontro con tante persone ognuna delle quali -mi sento di dirlo- era la migliore rappresentanza della propria nazionalità.
Sono arrivato a Madrid nel gennaio 2020, nel 2021 ho lasciato il gruppo per cui avevo già aperto due ristoranti. Volevo aprirne uno mio.
Qual è stato il primo motivo a farlo?
La consapevolezza di lasciare la comfort zone e lanciarmi nel vuoto: inizio a fare un progetto, cercare capitali e soci. Ho coinvolto anche un amico, Pierre-Louis, che all'inizio mi presentava persone, abbiamo trovato fondi di amici che credevano in questo progetto e nelle mie previe esperienze, hanno creduto nella passione mia e hanno iniziato a investire: io ho dei soci capitalisti che sono al di fuori delle operazioni, io sono il socio maggioritario di Baldoria. Abbiamo visitato nuovi locali fino a quando siamo arrivati nella Calle de José Ortega y Gasset n. 100, l'ultimo scalino del barrio di Salamanca, dove c'è una forte radice familiare perché abito qui vicino, molti prodotti li compro qui, ho visitato il locale assieme a mia moglie, i primi clienti erano persone che incontravo nel parco... dunque, la dimensione è stata subito umana.
Qual è stato il primo motivo a farlo?
La consapevolezza di lasciare la comfort zone e lanciarmi nel vuoto: inizio a fare un progetto, cercare capitali e soci. Ho coinvolto anche un amico, Pierre-Louis, che all'inizio mi presentava persone, abbiamo trovato fondi di amici che credevano in questo progetto e nelle mie previe esperienze, hanno creduto nella passione mia e hanno iniziato a investire: io ho dei soci capitalisti che sono al di fuori delle operazioni, io sono il socio maggioritario di Baldoria. Abbiamo visitato nuovi locali fino a quando siamo arrivati nella Calle de José Ortega y Gasset n. 100, l'ultimo scalino del barrio di Salamanca, dove c'è una forte radice familiare perché abito qui vicino, molti prodotti li compro qui, ho visitato il locale assieme a mia moglie, i primi clienti erano persone che incontravo nel parco... dunque, la dimensione è stata subito umana.
Qual è stato il principio che ha accompagnato sin dall'inizio l'apertura di "Baldoria"?
Oggigiorno, ci sono tanti progetti, ma dietro manca appunto quella dimensione umana: con il mio socio Pierre prima dell'apertura, abbiamo visitato tanti ristoranti per capire come funzionavano e come volevamo posizionarci noi. Abbiamo capito che volevamo creare un ristorante per persone vere: osservavamo che i clienti non stavano veramente approfittando del momento, ma erano lì solo per farsi una foto, per dirlo l'indomani a qualcuno, come fossero "altre" persone e quindi sembrava un po' tutto falsato, dal menù all'esperienza. Devo dirti, onestamente, che oggi, dopo quasi dopo due anni, siamo riusciti nel nostro intento.
Che è esattamente quale?
Tu puoi venire qui anche di lunedì sera, e vedi tavoli completamente diversi tra loro: con ragazzi e giovani, amici, la coppia, la nonna con la nipotina per il compleanno e tutto questo crea un ambiente che era l'obiettivo iniziale di Baldoria: da qui il nome. Uno stato d'animo, il fatto di stare insieme e lo si vede dai clienti che aumentano sempre: all'inizio ci definivano un ristorante-spettacolo, perché per l'intera settimana offriamo musica dal vivo, che rappresenta certo qualcosa in più, ma l'essenza del ristorante è il ristorante in sé: le persone se ne rendono conto e tornano anche per questo.
Oggigiorno, ci sono tanti progetti, ma dietro manca appunto quella dimensione umana: con il mio socio Pierre prima dell'apertura, abbiamo visitato tanti ristoranti per capire come funzionavano e come volevamo posizionarci noi. Abbiamo capito che volevamo creare un ristorante per persone vere: osservavamo che i clienti non stavano veramente approfittando del momento, ma erano lì solo per farsi una foto, per dirlo l'indomani a qualcuno, come fossero "altre" persone e quindi sembrava un po' tutto falsato, dal menù all'esperienza. Devo dirti, onestamente, che oggi, dopo quasi dopo due anni, siamo riusciti nel nostro intento.
Che è esattamente quale?
Tu puoi venire qui anche di lunedì sera, e vedi tavoli completamente diversi tra loro: con ragazzi e giovani, amici, la coppia, la nonna con la nipotina per il compleanno e tutto questo crea un ambiente che era l'obiettivo iniziale di Baldoria: da qui il nome. Uno stato d'animo, il fatto di stare insieme e lo si vede dai clienti che aumentano sempre: all'inizio ci definivano un ristorante-spettacolo, perché per l'intera settimana offriamo musica dal vivo, che rappresenta certo qualcosa in più, ma l'essenza del ristorante è il ristorante in sé: le persone se ne rendono conto e tornano anche per questo.
Questa atmosfera passa attraverso più cose: il tipo di locale, l'edificio fa angolo e la tanta luce naturale lo rende perfetto sia di giorno che di sera, va bene in qualsiasi momento e per qualsiasi persona. Siamo inclusivi, accettiamo anche i cani e le persone percepiscono questo nostro stato d'animo.
Oltre alla musica, ci sono i ragazzi che vi lavorano, sono eccezionali, spettacolari e noi cerchiamo di valorizzarli al meglio perché la nostra gestione delle risorse umane è moderna: fanno le 40 ore settimanali, con i giorni di riposo che spettano, i turni, tutto in busta paga, ferie... come è giusto che sia. Mai avuto problemi di personale.
Il design da dove nasce?
Il design da dove nasce?
Abbiamo cercato di ricreare e ricordare l'isola di Procida nei suoi colori, la sua verità e autenticità, un'isola che ha un passato molto forte, meno luccicante rispetto a Capri ma che ha un fascino tutto suo. I colori infatti ricordano quelli delle case di Procida: giallo, rosa, blu ... tutto nasce dalla foto del golfo, un mix di colori che non è kitsch, ma elegante e misurato. E poi abbiamo completato con le foto di Ciro Pipoli, un fotografo napoletano molto bravo che riesce a fare delle Napoli di oggi che sembrano prese venti, trent'anni fa.
Sia i francesi che gli spagnoli sono veramente orgogliosi della propria tradizione culinaria. Più facile convincere gli uni o gli altri al gusto italiano?
I francesi, perché non mangiano francese oramai da anni. Se chiedi qual è il loro piatto preferito, molti risponderanno "coquillettes au jambon et fromage", che sarebbe pasta con prosciutto cotto e formaggio. Una volta vidi un cartello pubblicitario di un prodotto francese il cui slogan recitava: "Non è italiano, ma è buono comunque". La cucina francese è antica, pesante, burrosa, grassosa e con gli anni sono pure scomparsi i piccoli bistrot e brasserie tradizionali.
E gli spagnoli che approccio hanno: sono timidi, riluttanti, diffidenti...?
Sono molto orgogliosi e giustamente amano quello che fanno. Qui non abbiamo vino spagnolo e quindi all'inizio proponevamo un vino nostro con la condizione che non avrebbero dovuto pagare se non fossero rimasti soddisfatti: cosa che non è mai accaduta. Una scelta potente la nostra che è supportata dalla presenza di un vasto assortimento di vini di grande qualità. Negli ultimi anni, lo spagnolo si è aperto di più alla cucina di altri Paesi, soprattutto a quella italiana: qui vengono per la nostra pasta e la nostra pizza e alla fine sono contenti.
Più facile avere a che fare con i clienti locali, con i turisti o con gli italiani che risiedono qui?
In generale, non abbiamo tantissimi turisti anche se sono comunque aumentati sull'onda dei premi che abbiamo ricevuto. La maggioranza sono spagnoli, molti del quartiere; i più facili sono gli italiani perché conoscono meglio il prodotto, sanno cos'è una pizza vera e questo ci fa onore. Molti ci dicono che hanno trovato un migliore prodotto italiano qui che in Italia.
I prodotti li prendete dove?
Nella maggioranza in Italia dove abbiamo i nostri contatti diretti, come la burrata pugliese da Giovanni "Sapori di Puglia" che ho conosciuto personalmente. Dietro a tutta questa attività, c'è la relazione umana. Anche perché, se dovessi svegliarmi la mattina solo per cucinare sarebbe monotona la vita: io credo nelle relazioni. Gli italiani che vengono a lavorare qui trovano davvero una comunità e questo cambiamento di vita è la fiamma che dà la più grande motivazione.
A livello gastronomico, siete aperti alla contaminazione?
Sì, perché mi piace dire che siamo veri italiani: possiamo fare contaminazione, non abbiamo bisogno di mostrare un cliché di italianità al cento per cento. Un esempio è la crocchetta alla parmigiana (nella foto sopra). Una ricetta classica italiana rivisitata non nel gusto, ma nel formato crocchetta e l'abbiamo rivisitata in formato spagnolo ed è l'antipasto più venduto. (Mentre parla, intercetta Anastasia: prima le chiede come sta e poi di portarci una crocchetta, che manco a dirlo è deliziosa, ndr). Un altro esempio è la Marinara di Bellota: una pizza marinara con 48 ore di lievitazione, un pomodoro ristretto San Marzano, origano, aglio e sopra viene finita con del prosciutto di Bellota. Quindi una pizza alveolata, croccante fuori e morbida all'interno, pomodoro carico di sapori che viene chiuso con il prosciutto. L'abbiamo inventata per la settimana della pizza nel maggio scorso e abbiamo deciso di proporla in maniera fissa.
I francesi, perché non mangiano francese oramai da anni. Se chiedi qual è il loro piatto preferito, molti risponderanno "coquillettes au jambon et fromage", che sarebbe pasta con prosciutto cotto e formaggio. Una volta vidi un cartello pubblicitario di un prodotto francese il cui slogan recitava: "Non è italiano, ma è buono comunque". La cucina francese è antica, pesante, burrosa, grassosa e con gli anni sono pure scomparsi i piccoli bistrot e brasserie tradizionali.
E gli spagnoli che approccio hanno: sono timidi, riluttanti, diffidenti...?
Sono molto orgogliosi e giustamente amano quello che fanno. Qui non abbiamo vino spagnolo e quindi all'inizio proponevamo un vino nostro con la condizione che non avrebbero dovuto pagare se non fossero rimasti soddisfatti: cosa che non è mai accaduta. Una scelta potente la nostra che è supportata dalla presenza di un vasto assortimento di vini di grande qualità. Negli ultimi anni, lo spagnolo si è aperto di più alla cucina di altri Paesi, soprattutto a quella italiana: qui vengono per la nostra pasta e la nostra pizza e alla fine sono contenti.
Più facile avere a che fare con i clienti locali, con i turisti o con gli italiani che risiedono qui?
In generale, non abbiamo tantissimi turisti anche se sono comunque aumentati sull'onda dei premi che abbiamo ricevuto. La maggioranza sono spagnoli, molti del quartiere; i più facili sono gli italiani perché conoscono meglio il prodotto, sanno cos'è una pizza vera e questo ci fa onore. Molti ci dicono che hanno trovato un migliore prodotto italiano qui che in Italia.
I prodotti li prendete dove?
Nella maggioranza in Italia dove abbiamo i nostri contatti diretti, come la burrata pugliese da Giovanni "Sapori di Puglia" che ho conosciuto personalmente. Dietro a tutta questa attività, c'è la relazione umana. Anche perché, se dovessi svegliarmi la mattina solo per cucinare sarebbe monotona la vita: io credo nelle relazioni. Gli italiani che vengono a lavorare qui trovano davvero una comunità e questo cambiamento di vita è la fiamma che dà la più grande motivazione.
A livello gastronomico, siete aperti alla contaminazione?
Sì, perché mi piace dire che siamo veri italiani: possiamo fare contaminazione, non abbiamo bisogno di mostrare un cliché di italianità al cento per cento. Un esempio è la crocchetta alla parmigiana (nella foto sopra). Una ricetta classica italiana rivisitata non nel gusto, ma nel formato crocchetta e l'abbiamo rivisitata in formato spagnolo ed è l'antipasto più venduto. (Mentre parla, intercetta Anastasia: prima le chiede come sta e poi di portarci una crocchetta, che manco a dirlo è deliziosa, ndr). Un altro esempio è la Marinara di Bellota: una pizza marinara con 48 ore di lievitazione, un pomodoro ristretto San Marzano, origano, aglio e sopra viene finita con del prosciutto di Bellota. Quindi una pizza alveolata, croccante fuori e morbida all'interno, pomodoro carico di sapori che viene chiuso con il prosciutto. L'abbiamo inventata per la settimana della pizza nel maggio scorso e abbiamo deciso di proporla in maniera fissa.
Ritornando al tuo sogno, qual è stato l'ostacolo psicologico maggiore che tu ponevi a te stesso?
La paura di fallire: quanto più in alto voli, più fa male quando cadi. La mia famiglia mi apprezza più per il coraggio che ho avuto che per quanti piatti di pasta preparo al giorno: avevo lasciato qualcosa di sicuro per lanciarmi in qualcosa di nuovo. Dire di non aver provato mai paura, sarebbe proprio una bugia: la paura anzi mi ha stimolato a fare meglio.
A livello burocratico è stato facile?
A livello burocratico è stato molto facile. Non ho esperienze in tal senso in Italia: tutti mi dicono che che è complicato, difficile, troppe tasse... Qui non ho avuto questa esperienza: ho trovato il locale a marzo, ho firmato a maggio e ho aperto il 24 novembre 2022. Ci sono stati tanti ostacoli, ma non a livello burocratico.
Consiglieresti a chi volesse di prendere il coraggio a quattro mani e lanciarsi in un'esperienza simile?
Al cento per cento. Bisogna volerlo: non tutti vogliono realizzare questo tipo di sogno. Dal momento in cui questo è il tuo sogno, io lo consiglio: non c'è peggior fallimento di quello di non provarci mai.
Ribadiamo che gli studi li hai fatti in Italia...
Vengo da San Giovanni a Teduccio, un quartiere molto difficile che fa parte del "triangolo della morte" con Barra e Ponticelli. Le persone che vi nascono sono forgiate già da piccoli: la mia scuola sta proprio di fronte a una zona chiamata "Bronx", di cui il 90% sono bravissime persone. La mia esperienza italiana mi ha preparato nell'affrontare le difficoltà: quello che è venuto dopo l'affrontavo con questo bagaglio.
Il fatto di vivere in questo stesso quartiere, ti aiuta a mantenere il giusto equilibrio fra vita e lavoro?
Un po' difficile nel 2022, potrei fare di più e mi sono "messo" degli orari lavorativi: io sono venuto qui a Madrid per migliorare la mia qualità della vita, e ci sono riuscito. I parigini dicono "metro, boulot, dodò" cioè metropolitana, lavoro e dormire. Quindi, nient'altro. Qui ho visto una qualità di vita decisamente migliore con più tranquillità interiore. Oggi, riesco ad avere un maggiore equilibrio e farò ancor meglio.
La scritta luminosa in blu con il titolo della canzone di Raffaella Carrà "A far l'amore comincia tu"...?
Ribadiamo che gli studi li hai fatti in Italia...
Vengo da San Giovanni a Teduccio, un quartiere molto difficile che fa parte del "triangolo della morte" con Barra e Ponticelli. Le persone che vi nascono sono forgiate già da piccoli: la mia scuola sta proprio di fronte a una zona chiamata "Bronx", di cui il 90% sono bravissime persone. La mia esperienza italiana mi ha preparato nell'affrontare le difficoltà: quello che è venuto dopo l'affrontavo con questo bagaglio.
Il fatto di vivere in questo stesso quartiere, ti aiuta a mantenere il giusto equilibrio fra vita e lavoro?
Un po' difficile nel 2022, potrei fare di più e mi sono "messo" degli orari lavorativi: io sono venuto qui a Madrid per migliorare la mia qualità della vita, e ci sono riuscito. I parigini dicono "metro, boulot, dodò" cioè metropolitana, lavoro e dormire. Quindi, nient'altro. Qui ho visto una qualità di vita decisamente migliore con più tranquillità interiore. Oggi, riesco ad avere un maggiore equilibrio e farò ancor meglio.
La scritta luminosa in blu con il titolo della canzone di Raffaella Carrà "A far l'amore comincia tu"...?
Un invito a sciogliersi, a farsi avanti nella relazione umana con gli altri. A Baldoria suggeriamo l'idea di sentirsi più liberi.
Un commento ai tanti premi che avete ricevuto?
Meno di un anno dopo l'apertura riceviamo una mail in cui ci comunicano di essere stati selezionati fra le migliori pizzerie d'Europa e arriviamo al 13° posto. Nel 2024 siamo quinti a livello europeo. Questi premi ci inorgogliscono e allo stesso tempo creano più aspettative e ci spronano a migliorare ulteriormente. Giovanni Zambito.
Ciro Cristiano, dopo Baldoria, ha aperto altri due locali a Madrid col nome di "Beata Pasta" dove i passanti possono vedere da una vetrina la preparazione artigianale della pasta: clicca qui. Un'altra impresa, un'altra avventura nel nome dell'italianità con l'orgoglio napoletano nel cuore e la mentalità aperta e internazionale di chi ha conosciuto altri paesi, lingue, modi di vivere.
Un commento ai tanti premi che avete ricevuto?
Meno di un anno dopo l'apertura riceviamo una mail in cui ci comunicano di essere stati selezionati fra le migliori pizzerie d'Europa e arriviamo al 13° posto. Nel 2024 siamo quinti a livello europeo. Questi premi ci inorgogliscono e allo stesso tempo creano più aspettative e ci spronano a migliorare ulteriormente. Giovanni Zambito.
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Ciro Cristiano, dopo Baldoria, ha aperto altri due locali a Madrid col nome di "Beata Pasta" dove i passanti possono vedere da una vetrina la preparazione artigianale della pasta: clicca qui. Un'altra impresa, un'altra avventura nel nome dell'italianità con l'orgoglio napoletano nel cuore e la mentalità aperta e internazionale di chi ha conosciuto altri paesi, lingue, modi di vivere.
La historia de Ciro Cristiano, el más joven de seis hermanos (tres hermanas y tres hermanos), originario de San Giovanni a Teduccio, en las afueras al este de Nápoles, adquiere tintes de cuento de hadas por los distintos momentos que la caracterizan, pero sobre todo por la serenidad con la que el protagonista la recuerda y la narra. Un sueño, el suyo, que comienza cuando era adolescente, joven estudiante de hostelería: una historia de superación personal, familiar y de todo un barrio. El punto culminante de este sueño es "Baldoria", un restaurante-pizzería en el barrio de Salamanca en Madrid, que ha saltado a la fama por los numerosos premios recibidos a nivel local, europeo y mundial. Reconocimientos que llegaron ya durante el primer año de actividad, de los cuales Ciro habla con justo orgullo, pero sin un ápice de arrogancia, porque aunque es muy joven -tiene 35 años- sabe perfectamente que hay que seguir trabajando cada vez más y mejor y que la fama actual del local es el resultado de un trabajo en equipo, del cual él conoce bien cada elemento e interactúa espontáneamente y de manera humana: desde el gerente Manuel (con él en la foto de abajo) hasta el pizzero y el cocinero, pasando por los jóvenes que atienden las mesas.
Puntual para el encuentro fijado para la entrevista, después de un breve saludo, se apresura a saludarlos con simpatía y amabilidad, características que mantiene inalteradas a lo largo de toda la entrevista.
Una persona responsable, que te mira a los ojos mientras habla porque lo hace con inmediatez y sinceridad, con ya varios años de experiencia y que con la satisfacción debida muestra los resultados de esperanzas y esfuerzos.
"El proyecto nació en 2021, pero es un sueño que persigo desde la infancia, como todos los niños que comienzan a estudiar hostelería y desean abrir un restaurante", nos dice enseguida.
¿Puedes resumir brevemente las etapas que te han llevado hasta aquí? Dos días después de obtener el diploma, en 2008, me fui a París para hacer un recorrido por Europa y conectar la cocina con el viaje, yendo a cualquier parte del mundo para trabajar como cocinero. Me quedé allí doce años, crecí física y mentalmente, fueron años maravillosos y formativos. Empecé a trabajar en una lujosa cadena de hoteles, formándome en todo lo relacionado con la restauración, hasta que conocí a dos franceses, locos, que querían montar un grupo de restaurantes italianos, Big Mama. Con ellos colaboré durante nueve años, alcanzando la cima de mi carrera como chef. En un momento dado, me pidieron que fuera a España para formar un equipo y abrir otros restaurantes en Madrid y entender un poco cómo vivían los españoles, su calidad de vida, cómo se movía el mundo de la restauración.
¿Y cómo te fue? Me enamoré completamente de Madrid, donde reencontré un poco los valores de mi casa después de la experiencia parisina: el calor en los contactos humanos y el encuentro con tantas personas, cada una de las cuales -me atrevo a decirlo- era la mejor representación de su nacionalidad. Llegué a Madrid en enero de 2020, y en 2021 dejé el grupo para el cual ya había abierto dos restaurantes. Quería abrir uno propio.
¿Cuál fue la primera razón para hacerlo? La conciencia de salir de mi zona de confort y lanzarme al vacío: empecé a desarrollar un proyecto, buscar capital y socios. Involucré también a un amigo, Pierre-Louis, que al principio me presentó personas; encontramos fondos de amigos que creían en este proyecto y en mis experiencias previas, creyeron en mi pasión y empezaron a invertir: tengo socios capitalistas que están fuera de las operaciones, y soy el socio mayoritario de Baldoria. Visitamos nuevos locales hasta que llegamos a la Calle de José Ortega y Gasset n.º 100, el último escalón del barrio de Salamanca, donde hay una fuerte raíz familiar porque vivo cerca, muchos productos los compro aquí, visité el local junto con mi esposa, los primeros clientes eran personas que encontraba en el parque... por lo tanto, la dimensión fue inmediatamente humana.
¿Cuál fue el principio que acompañó desde el inicio la apertura de "Baldoria"? Hoy en día, hay muchos proyectos, pero detrás falta precisamente esa dimensión humana: con mi socio Pierre, antes de la apertura, visitamos muchos restaurantes para entender cómo funcionaban y cómo queríamos posicionarnos nosotros. Entendimos que queríamos crear un restaurante para personas reales: observábamos que los clientes no estaban realmente aprovechando el momento, sino que estaban allí solo para hacerse una foto, para contárselo a alguien al día siguiente, como si fueran "otras" personas y, por lo tanto, todo parecía un poco falso, desde el menú hasta la experiencia. Debo decirte, honestamente, que hoy, después de casi dos años, hemos logrado nuestro objetivo.
¿Que es exactamente cuál? Puedes venir aquí incluso un lunes por la noche, y verás mesas completamente diferentes entre sí: con chicos y jóvenes, amigos, la pareja, la abuela con la nieta para su cumpleaños y todo esto crea un ambiente que era el objetivo inicial de Baldoria: de ahí el nombre. Un estado de ánimo, el hecho de estar juntos, y se nota en los clientes que siempre aumentan: al principio nos definían como un restaurante-espectáculo, porque durante toda la semana ofrecemos música en vivo, que ciertamente representa algo más, pero la esencia del restaurante es el restaurante en sí: las personas se dan cuenta de esto y vuelven también por eso.
¿A través de qué elementos se logra un ambiente así? Esta atmósfera se transmite a través de varias cosas: el tipo de local, el edificio hace esquina y la gran cantidad de luz natural lo hace perfecto tanto de día como de noche, es adecuado en cualquier momento y para cualquier persona. Somos inclusivos, aceptamos también perros, y las personas perciben este estado de ánimo nuestro. Además de la música, están los chicos que trabajan aquí, son excepcionales, espectaculares y tratamos de valorarlos al máximo porque nuestra gestión de los recursos humanos es moderna: trabajan 40 horas semanales, con los días de descanso correspondientes, turnos, todo en la nómina, vacaciones... como es justo que sea. Nunca hemos tenido problemas de personal.
¿De dónde surge el diseño? Tratamos de recrear y recordar la isla de Procida en sus colores, su verdad y autenticidad, una isla que tiene un pasado muy fuerte, menos brillante que Capri pero con un encanto propio. Los colores de hecho recuerdan a los de las casas de Procida: amarillo, rosa, azul... todo surge de una foto del golfo, una mezcla de colores que no es kitsch, sino elegante y medido. Y luego lo completamos con fotos de Ciro Pipoli, un fotógrafo napolitano muy talentoso que logra capturar un Nápoles de hoy que parece tomado hace veinte, treinta años.
Tanto los franceses como los españoles están realmente orgullosos de su tradición culinaria. ¿Es más fácil convencer a unos o a otros del sabor italiano? A los franceses, porque ya no comen francés desde hace años. Si preguntas cuál es su plato favorito, muchos responderán "coquillettes au jambon et fromage", que es pasta con jamón cocido y queso. Una vez vi un cartel publicitario de un producto francés cuyo eslogan decía: "No es italiano, pero es bueno de todos modos". La cocina francesa es antigua, pesada, mantecosa, grasosa y con los años han desaparecido incluso los pequeños bistrós y brasseries tradicionales.
¿Y los españoles qué enfoque tienen: son tímidos, reacios, desconfiados...? Son muy orgullosos y, con razón, aman lo que hacen. Aquí no tenemos vino español, y al principio ofrecíamos un vino nuestro con la condición de que no tendrían que pagar si no quedaban satisfechos: cosa que nunca ocurrió. Nuestra fue una elección poderosa que se ve respaldada por la presencia de una amplia selección de vinos de gran calidad. En los últimos años, los españoles se han abierto más a la cocina de otros países, especialmente a la italiana: vienen aquí por nuestra pasta y nuestra pizza y al final se van contentos.
¿Es más fácil tratar con los clientes locales, con los turistas o con los italianos que residen aquí? En general, no tenemos tantos turistas, aunque han aumentado debido a los premios que hemos recibido. La mayoría son españoles, muchos del barrio; los más fáciles son los italianos porque conocen mejor el producto, saben lo que es una pizza de verdad y eso nos honra. Muchos nos dicen que han encontrado un mejor producto italiano aquí que en Italia.
¿De dónde obtenéis los productos? En su mayoría de Italia, donde tenemos nuestros contactos directos, como la burrata pugliese de Giovanni "Sapori di Puglia", a quien conocí personalmente. Detrás de toda esta actividad, hay una relación humana. Además, si me despertara por la mañana solo para cocinar, la vida sería monótona: creo en las relaciones. Los italianos que vienen a trabajar aquí encuentran realmente una comunidad y este cambio de vida es la chispa que da la mayor motivación.
¿A nivel gastronómico, están abiertos a la fusión?
Sí, porque me gusta decir que somos verdaderos italianos: podemos hacer fusión, no necesitamos mostrar un cliché de italianidad al cien por ciento. Un ejemplo es la croqueta alla parmigiana (en la foto de arriba). Una receta clásica italiana reinterpretada no en su sabor, sino en el formato de croqueta, y la hemos revisado en formato español, siendo el entrante más vendido. (Mientras habla, intercepta a Anastasia: primero le pregunta cómo está y luego le pide que nos traiga una croqueta, que por cierto es deliciosa, ndr). Otro ejemplo es la Marinara de Bellota: una pizza marinara con 48 horas de fermentación, un tomate reducido San Marzano, orégano, ajo, y se termina con jamón de bellota. Así que es una pizza con una masa alveolada, crujiente por fuera y suave por dentro, con un tomate lleno de sabor que se corona con el jamón. La inventamos para la semana de la pizza en mayo pasado y decidimos incluirla de manera permanente.
Volviendo a tu sueño, ¿cuál fue el obstáculo psicológico más grande que te pusiste a ti mismo?
El miedo al fracaso: cuanto más alto vuelas, más duele cuando caes. Mi familia me aprecia más por el coraje que tuve que por cuántos platos de pasta preparo al día: dejé algo seguro para lanzarme en algo nuevo. Decir que nunca tuve miedo sería una mentira: el miedo, de hecho, me ha estimulado a hacerlo mejor.
¿A nivel burocrático, fue fácil?
A nivel burocrático fue muy fácil. No tengo experiencia en este sentido en Italia: todos me dicen que es complicado, difícil, demasiados impuestos... Aquí no tuve esa experiencia: encontré el local en marzo, firmé en mayo y abrí el 24 de noviembre de 2022. Hubo muchos obstáculos, pero no a nivel burocrático.
¿Recomendarías a alguien que quisiera tener el valor de lanzarse a una experiencia similar?
Al cien por ciento. Hay que quererlo: no todos quieren realizar este tipo de sueño. Desde el momento en que este es tu sueño, lo recomiendo: no hay peor fracaso que no intentarlo nunca.
Reiteramos que hiciste tus estudios en Italia...
Vengo de San Giovanni a Teduccio, un barrio muy difícil que forma parte del "triángulo de la muerte" con Barra y Ponticelli. Las personas que nacen allí están forjadas desde pequeñas: mi escuela está justo frente a una zona llamada "Bronx", donde el 90% son personas muy buenas. Mi experiencia en Italia me preparó para enfrentar las dificultades: lo que vino después lo enfrenté con ese bagaje.
¿El hecho de vivir en este mismo barrio te ayuda a mantener el equilibrio adecuado entre la vida y el trabajo?
Un poco difícil en 2022, podría hacer más y me he impuesto horarios de trabajo: vine aquí a Madrid para mejorar mi calidad de vida, y lo he conseguido. Los parisinos dicen "metro, boulot, dodò", es decir, metro, trabajo y dormir. Nada más. Aquí vi una calidad de vida mucho mejor con más tranquilidad interior. Hoy, consigo tener un mayor equilibrio y lo haré aún mejor.
La inscripción luminosa en azul con el título de la canción de Raffaella Carrà "A far l'amore comincia tu"...?
Una invitación a soltarse, a dar el paso en la relación humana con los demás. En Baldoria sugerimos la idea de sentirse más libres.
¿Algún comentario sobre los muchos premios que han recibido?
Menos de un año después de la apertura, recibimos un correo en el que nos informan que hemos sido seleccionados entre las mejores pizzerías de Europa y llegamos al 13º lugar. En 2024, somos quintos a nivel europeo. Estos premios nos llenan de orgullo y, al mismo tiempo, crean más expectativas y nos impulsan a mejorar aún más.
Ciro Cristiano, después de Baldoria, abrió otros dos locales en Madrid bajo el nombre de "Beata Pasta" donde los transeúntes pueden ver a través de una vitrina la preparación artesanal de la pasta: haz clic aquí. Otra empresa, otra aventura en nombre de la italianidad, con el orgullo napolitano en el corazón y la mentalidad abierta e internacional de quien ha conocido otros países, lenguas y formas de vida.