La silloge: Quando l’amore sfinisce di Antonella Antonelli - Intervista di Andrea Giostra.
Ciao Antonella, benvenuta e grazie per
aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che
volessero sapere di te quale scrittrice e artista?
Vorrei presentarmi come una “posseduta - dipendente”, nel senso che per
me è fondamentale ogni giorno scrivere, recitare, leggere per non sentire al
tramonto di non aver fatto nulla per me stessa e per gli altri. Sono fermamente
convinta che essere artisti non sia solo un allargamento del proprio
narcisismo, ma una missione, a volte pesante, soprattutto quando si dà voce al
dolore dell’altro, a volte leggera, entusiasmante e divertente.
Chi è invece Antonella Donna al di là della sua passione per la scrittura e per l’arte? Cosa puoi raccontarci della tua quotidianità?
Antonella Donna? È la stessa! Ormai non riesco a scindere le due cose, sono l’una e l’altra. Sono stata moglie, madre, e tanto altro, ora sono compenetrata nel mio ruolo di scrittrice e attrice e anche quando sono “sola”, persiste sempre e comunque l’intreccio dei miei impegni artistici. Anche quando al mattino vado a fare la mia passeggiata. Non penso a niente e poi all’improvviso arriva una parte del copione da ripetere. Un’idea, e allora registro se non posso scrivere. Non c’è notte che non dorma con un quaderno e una penna sul comodino, (i versi non si fermano se non su un foglio), non c’è vita se una parte di me non si manifesta in forma artistica. Tutto il resto è esigenza: la spesa (sono una cultrice del cibo sano: siamo quello che mangiamo), i panni da lavare, la casa… ma tutto ormai è secondario. Per fortuna sto invecchiando e quindi, ho già dato.
Qual è il
tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai
seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni
della scrittrice e artista?
Sono laureata in Psicologia, feci la tesi sul lato d’ombra nel Visconte dimezzato di Italo Calvino con il professor Aldo Carotenuto e la tesi venne pubblicata. Ho continuato a interessarmi di psicologia, è da lì che vengono le mie radici e non ho mai pensato di sradicarmi perché tutto è riconducibile all’analisi delle situazioni e del personaggio, del resto la psicologia e la psicoanalisi hanno uno stretto connubio con la poesia e la letteratura, ci sono state già nell’antichità opere che hanno anticipato le teorie freudiane, per non parlare poi di quanto il teatro moderno e contemporaneo sia pervaso di tale disciplina.
Come nasce la tua passione per la
scrittura, per la lettura e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali
gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i
libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura, la scrittura e l’arte
nelle sue varie forme espressive?
A essere sincera non ho avuto maestri. Maestre sì, tante, tutte quelle donne che con il loro comportamento e la loro cultura hanno dato una svolta al mondo, lo hanno cambiato con coraggio e determinazione. Feci un programma alla radio (Radio Spazio Scenico) che s’intitolava “Briciole di donne”, dove raccontavo ogni settimana la vita di una donna – adoro le biografie – e le dedicavo una poesia. Da loro ho imparato a vivere e dalla vita, a scrivere. Devo molto alla poesia e alla letteratura russa, divorata da fanciulla e adolescente, a quella sudamericana e nordamericana, oltre a quella del nord Europa, svedese, finlandese e a quella araba, a volte così romantica… devo molto a tutte e tutti quelli che prima di me hanno scritto per i lettori e per il teatro (mi piace molto la Yasmina Reza, ma anche Silvia Plath) insomma, ho una lunga vita alle spalle di letture e di curiosità incolmabili che sono racchiuse in un bagaglio sempre più costipato e che vado a liberare ogni tanto.
Ci parli della tua raccolta
di poesie Quando l’amore sfinisce? Come
nasce, qual è l’ispirazione che l’ha generata, quale il messaggio che vuoi che
arrivi al lettore?
Quando l’amore sfinisce nasce dall’osservazione individuale e sociale di questo fenomeno di crescita della consapevolezza dei propri sentimenti, che però non è socialmente paritaria allo sviluppo di un rapporto sano, non prevaricante. L’amore sfinisce, quando si sa che è finito, ma non si trova la strada per dire “basta”. Non sempre i partner sono pronti ad ascoltare un rifiuto, un desiderio di cambiamento e allora ci si arena sulla spiaggia dell’“ormai”, lasciandoci sbatacchiare dalla risacca senza opporre resistenza, senza vivere. Volevo dare un messaggio di rottura e di libertà. Possiamo farcela da sole-i a percorrere il cammino che ci aspetta, a volte meglio una scelta di solitudine che lo sfinimento. Poesie a volte amare, ma a volte molto ironiche, che ci lasciano perfino sorridere se non ridere, anche di noi stessi, ci siamo tutti dentro, siamo tutti uguali seppur diversi.
Chi sono i destinatari che hai immaginato
mentre lo scrivevi?
Tutte-tutti, nessuno è fuori dall’innamoramento passionale e univoco e dalla delusione che ne consegue, è un passaggio necessario alla crescita e allo sviluppo personale. Nessuno potrà mai colmarci di quell’amore pieno che abbiamo desiderato da neonati e che era già uno sfinimento, venivamo infatti dalla pienezza assoluta. La nascita è una scissione, un distacco, chissà quanto doloroso…
Una domanda difficile, Antonella: perché i nostri
lettori dovrebbero comprare Quando l’amore sfinisce? Prova a incuriosirli perché vadano in
libreria o nei portali online per
acquistarlo.
Compratelo perché non solo ritroverete voi stessi,
perché è la vostra voce che mi ha guidata, ma potrete anche piangere o ridere
riconoscendovi e provando la gioia di non essere “i soli” né da soli. La poesia
ci aiuta non solo a capire, ma a liberarci… come vi capiterà di leggere nella
silloge “… perché l’acqua, libera” e la poesia è proprio come l’acqua, si
adegua a ogni cuore e scorre dentro le vene diventando parte di noi.
Compratelo.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti
ha aiutata a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone
e perché le ringrazi pubblicamente?
Sono un’anima solitaria, tutte le persone che ho frequentato mi hanno
dato molto e anch’io l’ho fatto, ma credo di dover ringraziare pubblicamente
solo me stessa. Avevo sei anni quando, entrando in un cortile, ho alzato il
capo, guardato il cielo e capito di essere sola, e il resto del mio vissuto mi
è servito per capire che “sola”, avrei potuto farcela, per me stessa è ovvio.
La vita poi mi ha fatto tanti “doni” e loro sanno perfettamente quanto sono
importanti per me, non serve che glielo dica pubblicamente.
Nella tua attività di scrittrice hai
scritto altri libri? Se sì, ci parli di queste tue opere letterarie? Di cosa trattano,
quali le storie, quali i messaggi che hai immaginato di trasmettere ai tuoi
lettori? Insomma, parlaci della tua attività letteraria e artistica in senso
lato.
Sarebbe davvero troppo lungo e noioso raccontare ai lettori tutto quello che ho scritto per la poesia, per la letteratura e per il teatro. È stato tanto e diversificato, ogni opera, ogni racconto, ogni fiaba, ogni copione avrebbero un messaggio diverso da raccontare e sviscerare, non ho un unico fine da raggiungere, cambio come cambiano a volte i personaggi che interpreto in scena. Ci saranno certamente dei Topos riconoscibili, per esempio mi interessa visceralmente la condizione femminile, ma sono abituata a lasciare sciolta la fantasia, all’inizio dell’intervista del resto ho scritto di sentirmi “posseduta”, ed è proprio così.
«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto
di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito
quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me
lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto
Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la
bellezza? La bellezza letteraria e della scrittura in particolare, la bellezza
nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal
tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?
Secondo me la bellezza in
letteratura è la semplicità, come sosteneva Cechov, bisogna sfoltire, togliere,
e come ripeteva Carver: leggere, rileggere, correggere fino a che non torniamo
a correggere quello che avevamo già corretto. Insomma “Il dettaglio è il
segreto” (Peter Brook).
In generale invece, credo che la bellezza, non si riconosce, si sente, è l’afflato che ci provoca un’opera d’arte, qualsiasi essa sia, che ci fa provare l’estasi interiore. I canoni sono necessari, ma per chi, come me, non ama le regole, esiste solo l’emozione e quella non ha canoni esterni da seguire, arriva e ti stordisce, e quando lo stupore mi fa aprire la bocca, ne esce sempre la stessa frase: Che bello-a! Niente di più, non risponderei mai alla domanda: perché? Solo perché non c’è un perché, e solo perché la bellezza può essere universale e lasciarci freddi anche se piacevolmente colpiti, ma la bellezza che passa dentro di noi, ci tramortisce. La bellezza è lo splendore dell’essere, e questo lo diceva Platone non io, io sono con David Hume: La bellezza delle cose (aggiungerei anche delle persone e degli animali) esiste nella mente di chi le contempla. Del resto, vogliamo dimenticare l’inaspettato sbalordimento che ci genera a volte l’imperfezione?
«Appartengo a
quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a
termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema,
ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p.
25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo
rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un
obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno,
oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita
e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e
della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?
Credo che nella vita bisogna essere preparati anche a capire quale sia il nostro talento, credo che lo si debba portare avanti con ostinazione e gratitudine, sentendoci appagati da quello che questo dono ci dà. Bisogna coltivarlo come un seme e farlo crescere con pazienza, lasciandolo attaccare dai parassiti e aspettando la sua rinascita sempre, finché non divenga albero e possa essere piantato nella terra che si apre all’universo. Se poi la fortuna ci dà una mano… ringraziamo anche il fato, ma non è la prima cosa da desiderare per quanto mi riguarda.
«La lettura di buoni libri è una conversazione con i
migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una
conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René
Descartes in “Il discorso del metodo”,
Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della
conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella
solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo
quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a
poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle
nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso.
L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli
offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non
avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La
Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed.,
Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere
un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice
Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero
nella solitudine”, ovvero, “leggere
sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…
Beh, mi verrebbe da dire che un narcisista legge sé stesso, un lettore “normale” legge anche sé stesso se si ritrova nel libro ovviamente, e legge e conversa con tutti i personaggi, e quando torna in libreria a chiedere un altro libro di quell’autrice – autore, sta veramente dialogando con lei-lui e chiedendo ancora un po’ di conforto e piacere per la sua piena solitudine nella lettura.
«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori,
desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia
vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che
succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò
che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una
realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore”
terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice
Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te
e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?
Ho attraversato la stessa fornace per essere quella che sono. Mi piace molto Anaïs Nin, ma personalmente pur vivendo introiettata nella mia esistenza artistica, continuo a tenere i piedi ben ancorati nel senso di realtà, e amo in maniera esagerata la semplicità.
Se per un
momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno
aiutata significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto
nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state
determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere
quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi
sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare
pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?
A rischio di essere noiosa e ripetitiva, credo che tutte le persone che mi sono state vicine mi abbiano incoraggiata, come io del resto incoraggiavo loro nelle loro scelte, ma quello che ho fatto, il mio percorso è mio, devo a me la gioia e la gratitudine, il dolore e la delusione, e la resilienza infinita che mi contraddistingue la devo all’infanzia che ho vissuto e che pur piegandomi, non ha mai minato il mio desiderio di vivere, di fare, di scrivere, mai!
Gli autori e
i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai
nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il
motivo della tua scelta.
Cent’anni di solitudine di
Màrquez, per l’incipit meraviglioso e per la storia che ti rapisce
Rainer Maria Rilke Poesie,
intramontabile poesia della solitudine e dell’amore e magari chiedersi anche
chi fosse quella donna eccezionale che con lui condivise la sua prima
esperienza sessuale, Lou Andreas – Salomè (Il mito di una donna)
Anna Karenina di Lev Tolstoi, “capolavoro del realismo”, primo, indiscusso romanzo del grande scrittore russo.
Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere?
Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, perché è assolutamente
poetico, un atto d’amore nei confronti del cinema e degli spettatori.
Bellissime le musiche del compianto maestro Morricone
C’era una volta in America di Sergio Leone, perché è un intreccio meraviglioso
di vite e sentimenti accompagnato dalle musiche indimenticabili sempre di
Morricone
L’uomo in più di Paolo Sorrentino, perché è un messaggio di purezza, dove il male vince solo superficialmente.
Ci parli dei
tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in
corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei
impegnata che puoi raccontarci?
Proprio in questi giorni sto lavorando agli Atti Unici di Cechov da portare in scena a Febbraio 2025, all’interno del copione ci sarà anche un mio atto, breve naturalmente, dove potranno dialogare personaggi conosciutissimi, e strettamente legati alla drammaturgia Cechoviana e russa. Ho appena terminato di riscrivere un monologo Dolci segreti e piccoli dettagli estrapolato dalla mia raccolta di racconti Distrazioni che porterò io stessa in scena al teatro Porta Portese di Roma in Novembre. La poesia invece va e viene da sé, segue i suoi percorsi e compare. Devi solo prenderla.
Dove potranno seguirti i nostri lettori?
Su FB: Antonella Antonelli, oppure: Antonella Antonelli attrice, drammaturg, acting coach del metodo DGC, sul sito della casa editrice, e c’è anche una pagina proprio dedicata alla silloge: Quando l’amore sfinisce, oppure possono venire in teatro se lo desiderano, siamo nel sito www.teatrodaviaggio.com
Come vuoi
concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa
intervista?
Se siete arrivati fin qui…
non mi resta che ringraziarvi.
https://www.facebook.com/profile.php?id=100001732149358
Il
libro:
Antonella Antonelli, Quando l’amore sfinisce, PandiLettere edizioni, Roma, 2024
https://www.mondadoristore.it/Quando-l-amore-sfinisce-Antonella-Antonelli/eai979128078516/
https://www.pandilettere.com/inostrilibri/quandolamoresfinisce
Andrea
Giostra
https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/
https://andreagiostrafilm.blogspot.it