Turandot a La Monnaie: Narcisismo e Perfezione nella visione di Coppens



di Giovanni Chiaramonte. Turandot di La Monnaie non è soltanto un’opera ma una lente attraverso cui esplorare la complessità della psiche umana.

La messa in scena di Coppens non si limita a offrire un’interpretazione dell’opera di Puccini, ma si trasforma in una, sorprendente, esplorazione profonda delle dinamiche del narcisismo, una nuova chiave di lettura di Turandot, da cui emerge una comprensione più ricca e sfumata non solo della protagonista, ma anche delle sue interazioni, e quindi dell’intero dramma che si dipana sul palcoscenico.

Ecco perché, prima di addentrarmi nella recensione, devo fare una premessa sul narcisismo: cos’è questo elemento misterioso, sfuggente, oscuro, distruttivo -  tirato in ballo spesso a sproposito - della nostra psiche?


Il narcisismo, in una prospettiva psicoanalitica, può essere inteso come una dinamica complessa e intricata in cui l'individuo proietta su un oggetto idealizzato – spesso rappresentato dal perfetto corpo maschile, ma non solo – un universo non toccato dal dolore. Questa proiezione funge da meccanismo di difesa contro il trauma e il disordine devastante del contatto con la realtà.

Il narcisista, attraverso questo oggetto idealizzato, tenta di salvaguardarsi dal dolore intrinseco dell'esperienza traumatica. L'idealizzazione del corpo perfetto- o  il desiderio del corpo perfetto - diviene una sorta di schermo protettivo, un rifugio dove l'individuo può sperimentare un senso di controllo e perfezione che la realtà esterna non può offrire. Questo processo di idealizzazione permette al narcisista di evitare, seppur temporaneamente, il caos e la frammentazione del proprio sé causati dal trauma.


La proiezione su questo oggetto idealizzato non è solo una fuga dal dolore, ma anche un tentativo di creare un universo parallelo, privo di sofferenza, dove il narcisista può mantenere una parvenza di ordine e integrità. Tuttavia, questa dinamica si traduce in una eterna coazione a ripetere, dove l'illusione di perfezione è costantemente ricercata ma mai pienamente raggiunta.

La realtà, con il suo carico di imprevedibilità e disordine, rappresenta una minaccia costante che il narcisista cerca di eludere attraverso questo ciclo di idealizzazione e disillusione. La fissazione sull'oggetto idealizzato diventa quindi un perpetuo movimento oscillatorio tra il desiderio di perfezione e la necessità di evitare il caos e il dolore. Questo processo non solo sottolinea la fragilità intrinseca del narcisista, ma evidenzia anche la profondità del trauma che cerca disperatamente di esorcizzare.

In conclusione, il narcisismo può essere visto come una strategia complessa e disperata per evitare il dolore e il disordine della realtà tramite l'idealizzazione di un oggetto perfetto. Ahimè, questo meccanismo difensivo, seppur efficace nel breve termine, intrappola il narcisista in un ciclo infinito di ricerca della perfezione, perpetuando la sua sofferenza e il suo distacco dalla realtà autentica.


Ed è proprio in questa prospettiva che l'ambientazione creata da Coppens si inserisce perfettamente come il mondo ideale in cui il narcisista - nel nostro caso Turandot - trova rifugio e protezione. Il lussuoso tetro interno abitativo  perfetto creato da Coppens, dove tutta l’opera si svolge  –  è il vero protagonista assoluto dell'opera: è la psiche di Turandot, è la sua anima, è il suo mondo, è il suo humus, è la sua corazza che la protegge dal mondo, è il suo quadro esistenziale:  la perfezione dei materiali altoborghesi di questo ricchissimo interno,  l'assenza di luce naturale, gli abiti impeccabili dei suoi ospiti in una eterna soirée -  in pendant perfetto con l’architettura - creano un mondo idealizzato dove abitare: un mondo perfetto, un rifugio, un privilegio nevrotico non sfiorato dalla possibilità del cambiamento. Per rafforzare ulteriormente l’idea Coppens pone al centro di questo perfetto luogo un perfetto corpo maschile nudo, scultoreo, ideale. Questa rappresentazione è una messa in scena concreta della visione idealizzata - patologica – di Turandot, che cura l'inaccettabile imperfezione della sua vita reale nascondendola in una specie di patinatissima boutique Vuitton  –  o forse in un fumetto di Tom of Finland  - regalandosi cosi un orgasmo artificiale di dopamina per sfuggire al male di vivere.


Nel lussuoso gelido idealizzato sarcofago creato da Coppens, il contrasto fra il mondo di Turandot e quello  Liù si esalta ulteriormente, mettendo in luce l'oscuro narcisismo dietro la potenza di Turandot e la delicata e luminosa linea di vita rappresentata da Liù.

Possiamo veramente leggere in Turandot  le caratteristiche del narcisismo? Si. La sua freddezza, il suo distacco emotivo, la sua idealizzazione della purezza e della perfezione incarnano molti tratti della personalità narcisistica, rendendo Turandot un perfetto esempio di questa complessa dinamica psicologica.

Questa dicotomia tra Turandot e Liù trova un parallelo nella musica di Puccini, che combina elementi moderni e dissonanti con arie dolcissime e quasi tradizionali. Turandot, con la sua freddezza e rigidità, è accompagnata da musiche che sfruttano tecniche musicali complesse, creando tensioni e atmosfere di sospensione. Puccini integra anche elementi di musica atonale, un'influenza diretta dell'ascolto e dell'assimilazione delle teorie di Arnold Schoenberg. L'atonalità è usata con parsimonia ma efficacia, particolarmente evidente nelle scene più cariche di tensione emotiva, spesso legate al personaggio di Turandot. La sua freddezza e il suo distacco emotivo trovano eco in queste scelte musicali, che sottolineano la complessità e la rigidità della sua figura. Dall'altra parte, Liù è rappresentata attraverso melodie dolci e liriche, che richiamano uno stile ‘tradizionale’, esprimendo purezza reale e vulnerabilità.


L'opera riesce a mantenere un equilibrio tra monumentalità e intimità, un tratto distintivo della scrittura pucciniana. La grandiosità delle scene corali e dei passaggi orchestrali si contrappone a momenti di estrema delicatezza e purezza melodica, come nelle arie di Liù. Questa dualità è espressa attraverso un’orchestrazione raffinata - perfettamente gestita dal maestro Ouri Bronchti - capace di esprimere tanto la potenza quanto la fragilità dei sentimenti umani. 

Puccini dimostra qui una straordinaria capacità di sintesi tra innovazione e tradizione, creando un'opera che è al tempo stesso un monumento del repertorio operistico e una testimonianza della sua continua evoluzione stilistica. 

In definitiva, la visione di Christophe Coppens per "Turandot" alla Monnaie di Bruxelles emerge come un audace e affascinante ritratto del narcisismo, capace di offrire una nuova prospettiva sull'opera di Puccini. La sua scenografia lussuosa e meticolosamente curata diventa lo specchio perfetto della psiche di Turandot, riflettendo la sua ossessione per la perfezione e il suo distacco emotivo.


L'interpretazione di Coppens non solo approfondisce la comprensione del personaggio di Turandot, ma mette anche in evidenza la dicotomia con Liù, esaltando le differenze tra freddezza e vulnerabilità attraverso un dialogo visivo e musicale di grande impatto. La direzione musicale di Ouri Bronchti aggiunge ulteriore profondità, riuscendo a coniugare la grandiosità delle scene corali con la delicatezza delle arie liriche.

In sintesi, questa produzione di "Turandot" si distingue per il suo coraggio e la sua originalità, confermando la Monnaie come un teatro capace di esplorare nuovi orizzonti artistici con intelligenza e sensibilità.

En Français

"Turandot à La Monnaie : Narcissisme et Perfection dans la vision de Christophe Coppens"

Par Giovanni Chiaramonte. Turandot de La Monnaie n'est pas seulement une Opera, mais une lentille à travers laquelle explorer la complexité de la psyché humaine. La mise en scène de Coppens ne se limite pas à offrir une interprétation de l'œuvre de Puccini, mais se transforme en une exploration profonde et surprenante des dynamiques du narcissisme, une nouvelle clé de lecture de Turandot, d'où émerge une compréhension plus riche et nuancée non seulement de la protagoniste, mais aussi de ses interactions, et donc de tout le drame qui se déroule sur scène.

C’est pourquoi, avant d’entrer dans la critique, je dois faire une préface sur le narcissisme : qu’est-ce que cet élément mystérieux, insaisissable, sombre, destructeur – souvent évoqué à tort et à travers – de notre psyché ?

Le narcissisme, dans une perspective psychanalytique, peut être compris comme une dynamique complexe et intriquée dans laquelle l'individu projette sur un objet idéalisé – souvent représenté par le corps masculin parfait, mais pas uniquement – un univers non touché par la douleur. Cette projection sert de mécanisme de défense contre le traumatisme et le désordre dévastateur du contact avec la réalité.

Le narcissique, à travers cet objet idéalisé, tente de se protéger de la douleur intrinsèque de l'expérience traumatique. L'idéalisation du corps parfait – ou le désir du corps parfait – devient une sorte d'écran protecteur, un refuge où l'individu peut expérimenter un sentiment de contrôle et de perfection que la réalité externe ne peut offrir. Ce processus d'idéalisation permet au narcissique d'éviter, ne serait-ce que temporairement, le chaos et la fragmentation de son propre soi causés par le traumatisme.

La projection sur cet objet idéalisé n'est pas seulement une fuite de la douleur, mais aussi une tentative de créer un univers parallèle, exempt de souffrance, où le narcissique peut maintenir une apparence d'ordre et d'intégrité. Cependant, cette dynamique se traduit en une éternelle compulsion à répéter, où l'illusion de perfection est constamment recherchée mais jamais pleinement atteinte.

La réalité, avec son lot d'imprévus et de désordre, représente une menace constante que le narcissique cherche à éluder à travers ce cycle d'idéalisation et de désillusion. La fixation sur l'objet idéalisé devient donc un mouvement oscillatoire perpétuel entre le désir de perfection et la nécessité d'éviter le chaos et la douleur. Ce processus non seulement souligne la fragilité intrinsèque du narcissique, mais met également en évidence la profondeur du traumatisme qu'il cherche désespérément à exorciser.

En conclusion, le narcissisme peut être vu comme une stratégie complexe et désespérée pour éviter la douleur et le désordre de la réalité par l'idéalisation d'un objet parfait. Hélas, ce mécanisme de défense, bien que efficace à court terme, emprisonne le narcissique dans un cycle infini de recherche de perfection, perpétuant sa souffrance et son détachement de la réalité authentique.

Et c'est précisément dans cette perspective que le décor créé par Coppens s'insère parfaitement comme le monde idéal où le narcissique – dans notre cas Turandot – trouve refuge et protection. L'intérieur luxueux, sombre et parfait créé par Coppens, où toute l’œuvre se déroule, est le véritable protagoniste absolu de l'opéra : c'est la psyché de Turandot, c'est son âme, c'est son monde, c'est son humus, c'est sa carapace qui la protège du monde, c'est son cadre existentiel : la perfection des matériaux de la haute bourgeoisie de cet intérieur riche, l'absence de lumière naturelle, les vêtements impeccables de ses invités lors d'une éternelle soirée – en parfait accord avec l'architecture – créent un monde idéalisé où habiter : un monde parfait, un refuge, un privilège névrotique non touché par la possibilité de changement. Pour renforcer encore l'idée, Coppens place au centre de cet endroit parfait un corps masculin nu, sculptural, idéal. Cette représentation est une mise en scène concrète de la vision idéalisée – pathologique – de Turandot, qui soigne l'imperfection inacceptable de sa vie réelle en la cachant dans une sorte de boutique Vuitton ultra-luxueuse – ou peut-être dans une bande dessinée de Tom of Finland – se donnant ainsi un orgasme artificiel de dopamine pour échapper au mal de vivre.

Dans le luxueux et froid sarcophage idéalisé créé par Coppens, le contraste entre le monde de Turandot et celui de Liù est encore accentué, mettant en lumière le narcissisme sombre derrière la puissance de Turandot et la ligne de vie délicate et lumineuse représentée par Liù.

Peut-on vraiment lire dans Turandot les caractéristiques du narcissisme ? Oui. Sa froideur, son détachement émotionnel, son idéalisation de la pureté et de la perfection incarnent de nombreux traits de la personnalité narcissique, faisant de Turandot un parfait exemple de cette dynamique psychologique complexe.

Cette dichotomie entre Turandot et Liù trouve un parallèle dans la musique de Puccini, qui combine des éléments modernes et dissonants avec des airs très doux et presque traditionnels. Turandot, avec sa froideur et sa rigidité, est accompagnée de musiques utilisant des techniques musicales complexes, créant des tensions et des atmosphères de suspension. Puccini intègre également des éléments de musique atonale, une influence directe de l'écoute et de l'assimilation des théories d'Arnold Schoenberg. L'atonalité est utilisée avec parcimonie mais efficacité, particulièrement évidente dans les scènes les plus chargées de tension émotionnelle, souvent liées au personnage de Turandot. Sa froideur et son détachement émotionnel trouvent un écho dans ces choix musicaux, qui soulignent la complexité et la rigidité de sa figure. De l'autre côté, Liù est représentée à travers des mélodies douces et lyriques, qui rappellent un style 'traditionnel', exprimant une pureté réelle et une vulnérabilité.

L'opéra parvient à maintenir un équilibre entre monumentalité et intimité, un trait distinctif de l'écriture puccinienne. La grandeur des scènes chorales et des passages orchestraux contraste avec des moments d'extrême délicatesse et de pureté mélodique, comme dans les airs de Liù. Cette dualité est exprimée à travers une orchestration raffinée – parfaitement gérée par le maestro Ouri Bronchti – capable d'exprimer à la fois la puissance et la fragilité des sentiments humains.

Puccini démontre ici une capacité extraordinaire de synthèse entre innovation et tradition, créant une œuvre qui est à la fois un monument du répertoire opératique et un témoignage de son évolution stylistique continue.

En définitive, la vision de Christophe Coppens pour "Turandot" à La Monnaie de Bruxelles émerge comme un portrait audacieux et fascinant du narcissisme, capable d'offrir une nouvelle perspective sur l'œuvre de Puccini. Sa scénographie luxueuse et méticuleusement soignée devient le miroir parfait de la psyché de Turandot, reflétant son obsession pour la perfection et son détachement émotionnel.

L'interprétation de Coppens approfondit non seulement la compréhension du personnage de Turandot, mais met également en évidence la dichotomie avec Liù, exaltant les différences entre froideur et vulnérabilité à travers un dialogue visuel et musical de grande intensité. La direction musicale d'Ouri Bronchti ajoute une profondeur supplémentaire, réussissant à conjuguer la grandeur des scènes chorales avec la délicatesse des airs lyriques.

En résumé, cette production de "Turandot" se distingue par son courage et son originalité, confirmant La Monnaie comme un théâtre capable d'explorer de nouveaux horizons artistiques avec intelligence et sensibilité.

In English

"Turandot at La Monnaie: Narcissism and Perfection in the Vision of Christophe Coppens"

By Giovanni Chiaramonte. Turandot at La Monnaie is not just an opera but a lens through which to explore the complexity of the human psyche. Coppens' staging does not merely offer an interpretation of Puccini's work but transforms into a surprising and profound exploration of the dynamics of narcissism, providing a new key to understanding Turandot, from which emerges a richer and more nuanced comprehension not only of the protagonist but also of her interactions, and thus of the entire drama that unfolds on stage.

This is why, before delving into the review, I must make a premise about narcissism: what is this mysterious, elusive, dark, destructive element – often invoked inappropriately – of our psyche?

Narcissism, from a psychoanalytic perspective, can be understood as a complex and intricate dynamic in which the individual projects onto an idealized object – often represented by the perfect male body, but not exclusively – a universe untouched by pain. This projection serves as a defense mechanism against the trauma and devastating disorder of contact with reality.

The narcissist, through this idealized object, attempts to safeguard themselves from the intrinsic pain of the traumatic experience. The idealization of the perfect body – or the desire for the perfect body – becomes a kind of protective screen, a refuge where the individual can experience a sense of control and perfection that the external reality cannot offer. This process of idealization allows the narcissist to temporarily avoid the chaos and fragmentation of their own self caused by trauma.

The projection onto this idealized object is not only an escape from pain but also an attempt to create a parallel universe, free from suffering, where the narcissist can maintain an appearance of order and integrity. However, this dynamic translates into an eternal compulsion to repeat, where the illusion of perfection is constantly sought but never fully attained.

Reality, with its load of unpredictability and disorder, represents a constant threat that the narcissist seeks to evade through this cycle of idealization and disillusionment. The fixation on the idealized object thus becomes a perpetual oscillatory movement between the desire for perfection and the need to avoid chaos and pain. This process not only highlights the intrinsic fragility of the narcissist but also underscores the depth of the trauma they desperately try to exorcise.

In conclusion, narcissism can be seen as a complex and desperate strategy to avoid the pain and disorder of reality through the idealization of a perfect object. Alas, this defense mechanism, while effective in the short term, traps the narcissist in an infinite cycle of seeking perfection, perpetuating their suffering and detachment from authentic reality.

It is precisely from this perspective that the setting created by Coppens fits perfectly as the ideal world where the narcissist – in our case Turandot – finds refuge and protection. The luxurious, dark, perfect interior created by Coppens, where the entire opera takes place, is the true protagonist of the opera: it is Turandot's psyche, her soul, her world, her humus, her armor that protects her from the world, her existential framework: the perfection of the haute bourgeoisie materials in this richly furnished interior, the absence of natural light, the impeccable attire of her guests at an eternal soirée – in perfect harmony with the architecture – create an idealized world where to live: a perfect world, a refuge, a neurotic privilege untouched by the possibility of change. To further reinforce the idea, Coppens places at the center of this perfect place a perfect, nude, sculptural male body. This representation is a concrete staging of Turandot's idealized – pathological – vision, which cures the unacceptable imperfection of her real life by hiding it in a kind of ultra-luxurious Vuitton boutique – or perhaps in a Tom of Finland comic – thus giving herself an artificial dopamine orgasm to escape the pain of living.

In the luxurious, cold, idealized sarcophagus created by Coppens, the contrast between Turandot's world and that of Liù is further emphasized, highlighting the dark narcissism behind Turandot's power and the delicate and luminous lifeline represented by Liù.

Can we truly read the characteristics of narcissism in Turandot? Yes. Her coldness, her emotional detachment, her idealization of purity and perfection embody many traits of the narcissistic personality, making Turandot a perfect example of this complex psychological dynamic.

This dichotomy between Turandot and Liù finds a parallel in Puccini's music, which combines modern and dissonant elements with very sweet and almost traditional arias. Turandot, with her coldness and rigidity, is accompanied by music using complex musical techniques, creating tensions and atmospheres of suspension. Puccini also integrates elements of atonal music, a direct influence from listening to and assimilating Arnold Schoenberg's theories. Atonality is used sparingly but effectively, particularly evident in the scenes most charged with emotional tension, often related to the character of Turandot. Her coldness and emotional detachment find an echo in these musical choices, which highlight the complexity and rigidity of her figure. On the other hand, Liù is represented through sweet and lyrical melodies, reminiscent of a 'traditional' style, expressing real purity and vulnerability.

The opera manages to maintain a balance between monumentality and intimacy, a distinctive trait of Puccini's writing. The grandeur of the choral scenes and orchestral passages contrasts with moments of extreme delicacy and melodic purity, as in Liù's arias. This duality is expressed through refined orchestration – perfectly managed by maestro Ouri Bronchti – capable of expressing both the power and fragility of human feelings.

Puccini here demonstrates an extraordinary ability to synthesize innovation and tradition, creating an opera that is both a monument of the operatic repertoire and a testimony to his continuous stylistic evolution.

Ultimately, Christophe Coppens' vision for "Turandot" at La Monnaie in Brussels emerges as a bold and fascinating portrait of narcissism, capable of offering a new perspective on Puccini's work. His luxurious and meticulously curated scenography becomes the perfect mirror of Turandot's psyche, reflecting her obsession with perfection and emotional detachment.

Coppens' interpretation not only deepens the understanding of Turandot's character but also highlights the dichotomy with Liù, exalting the differences between coldness and vulnerability through a highly impactful visual and musical dialogue. Ouri Bronchti's musical direction adds further depth, successfully combining the grandeur of choral scenes with the delicacy of lyrical arias.

In summary, this production of "Turandot" stands out for its courage and originality, confirming La Monnaie as a theater capable of exploring new artistic horizons with intelligence and sensitivity.

Photo  © (copyright) Baus

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