Opera Nancy, il Maestro Ramón Tebar dirige "I Capuleti e I Montecchi". L'intervista di Fattitaliani



Un'ambientazione da Far West, una specie di astronave-tappo, movimenti che mettono in difficoltà gli artisti: è la messa in scena creata dalla regista tedesca Pınar Karabulut per "I Capuleti e I Montecchi" di Bellini, in programma a Nancy, all'Opéra National de Lorraine. Una serie di scelte che - confesso - non ho capito appieno ma che il pubblico ha mostrato di apprezzare. Il coro diretto da Guillaume Fauchère è stato eccelso, bravissimi i cantanti, soprattutto Julie Boulianne e Yaritza Véliz nei panni di Romeo e Giulietta. E poi la magnifica orchestra diretta dal Maestro Ramón Tebar intervistato da Fattitaliani.


Maestro, che significato ha per Lei dirigere un'opera di Bellini?
La sua forza per me è nei recitativi. I cantanti a volte vogliono concentrarsi sulle arie e sui duetti, ma per me il dramma si fonde tutto sui recitativi. Eccezionale l'uso che Bellini fa delle pause o delle sole voci per esprimere la drammaturgia. Lui ha "tolto" dalla musica in tempi in cui tutto era brillante con una ricca strumentazione (si pensi a Rossini) per concentrarsi sull'essenza del dramma. Forse per questo molti lo criticano pensando sia "semplice": credo che il suo grande valore risiede proprio in questa semplicità, un po' come l'essenza di un profumo; con pochi elementi riesce a rendere di più e concentra tutto sulla vocalità: credo sia questo una delle cose più importanti dello stile di Bellini. Uno stile, direi, non sviluppato perché è morto giovane: non si può parlare di epoca giovanile e un'epoca matura. Lui in dieci anni ha scritto dieci opere, una ogni anno. Siamo di fronte a un genio: ha creato di qualcosa di unico nel contesto del suo tempo.
Nell'ambito della produzione di Bellini, invece, come colloca "I Capuleti e i Montecchi"?
Lui ha sempre avuto successo, mai un fiasco. Quando componeva un'opera, era sempre convinto di percorrere la strada giusta: tutti speravano in un altro imitatore di Rossini ma lui era convinto della sua strada e "Capuleti e Montecchi" si trova a metà di questo percorso. Non si nota un grande stacco dalle prime opere, perché non ne ha avuto tempo: vi si trova la purezza della melodia, questo togliere e lasciare solo l'essenza di quello che è veramente importante.

Se si è discostato da Rossini, da chi Bellini ha preso ispirazione e nel tempo che si è ispirato a Bellini?

I geni non hanno bisogno di seguire nessuno: ha respirato quello che succedeva nella sua epoca, viene dalla scuola napoletana. Lui aveva una convinzione fortissima del suo proprio linguaggio che quando aveva deciso di fare un'opera basata su Romeo e Giulietta - nonostante le precedenti versioni realizzate nei trent'anni precedenti - è andato avanti sulla sua visione, la maniera di concepire la musica e sviluppare il tema. È questo che fa di lui un genio, non ha bisogno di riferimenti. Lui faceva tanti esercizi sulle melodie, è un compositore singolare, unico.
Maestro, un cantante ha la grande paura di non trovarsi la voce, ma un direttore che cosa teme sale sul palco?
Che gli strumenti dell'orchestra e le voci non rendono al massimo l'espressività della musica a causa di difficoltà tecniche o fisiche. In questi momenti si soffre, perché bisogna sostenere durante questi momenti: è questa la mia grande paura. Durante le prove io ho insistito molto sulle pause: tanti hanno paure delle pause, del silenzio: un cantante vuole cantare, un musicista vuole suonare, ma la musica è anche silenzio e pause. Bellini ci teneva molto: per questo lui scrive tante pause e recitativi con brevi accordi. In Bellini è l'espressione l'elemento più importante: la mia sofferenza è che i cantanti possano avere paura del silenzio e che debbano per forza riempire il silenzio e il vuoto. 

Bellini si è formato a Napoli. Lei che rapporto ha con questa città?

Conosco bene Napoli: capisco questa passionalità belliniana. Mi piace moltissimo il fatto che lui scrive sulle partiture "con tutta la passione" o nel finale di "Sonnambula" addirittura dice "con tutta la forza della passione". Lui si arrabbiava moltissimo con tanti cantanti che non interpretavano con il massimo dell'espressione. Il pianista Fratz List ha visto Bellini camminare in teatro recitando con molta passione fino a quando non trovava l'espressione perfetta: e questo si nota nelle lettere e nei rapporti con gli altri compositori. Tutto quello che lui viveva, lo faceva con molta passione. Una personalità molto interessante che si vede nella sua musica: lui voleva scrivere solo un'opera all'anno e chiedeva il massimo cachet, garantendo un prodotto speciale. Giovanni Zambito.
Foto scena: © Jean-Louis Fernandez

Fattitaliani

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