Paolo Rumiz e "La rotta per Lepanto": in barca sei casalingo e contemporaneamente nomade



L'8 maggio torna in libreria Paolo Rumiz - scrittore, giornalista e viaggiatore, amato dai lettori di tutta Italia, con il nuovo libro "La rotta per Lepanto". Andando al ritmo del mare, con la lentezza della barca a vela, Paolo Rumiz ci porta da Venezia e Lepanto a scoprire un Adriatico al centro della Storia.

In "La rotta per Lepanto" Paolo Rumiz ci racconta un viaggio in barca a vela verso Lepanto seguendo le tracce della Serenissima.

Al centro della narrazione ci sono incontri con uomini e donne di mare, baie solitarie, soste in osterie, marinai di poche parole. E poi ci sono i luoghi: Venezia, gli Arsenali, Parenzo, Pola, il Quarnaro, Lussino, Ragusa, le Bocche di Cattaro, Corfù, posti carichi di storia, di bellezza, di colori e sapori forti. E ancora, i popoli, quelli che evocano immaginari mai sopiti come i morlacchi, i turchi, gli slavi e una terra, quella dei Balcani, appena uscita da una delle grandi tragedie del Novecento.

TRIESTE
Mercoledì 8 maggio, ore 18.30

Lega Navale Italiana
Molo Fratelli Bandiera,Trieste
Presenta Riccardo Cepach

Evento a cura di Bottega Errante Edizioni
In collaborazione con Associazione Alpe Adria Cinema 

PORDENONE
Giovedì 9 maggio, ore 20.30

Cinema Capitol
via Mazzini 60, Pordenone
Presenta Daniele Zongaro

Evento a cura del Circolo Arti e Cultura
In collaborazione con: CinemaZero, Dedica Festival, Cooperativa Itaca, Libreria Quo Vadis?, Bottega Errante Edizioni
 
CODROIPO
Venerdì 10 maggio, ore 20.30

Teatro Benois De Cecco
via XXIX Ottobre, Codroipo
Presenta Elisa Copetti

Evento a cura del Caffè Letterario Codroipese
In collaborazione con: Comune di Codroipo, Bottega Errante Edizioni
 
UDINE
Sabato 11 maggio, ore 16.30

Chiesa San Francesco, Udine
Patria Comune
Evento del Festival Vicino/Lontano

Un reportage da un mare che guarda a Est

Paolo Rumiz è uno tra i più grandi narratori di viaggio italiani. Negli anni, come ci racconta, ha «lavorato su diversi mezzi di trasporto e con tantissimi tipi di prosa, dalla poesia al saggio. Sono assolutamente non classificabile, eppure mi cercano come ciclista, come velista, come canoista, come camminatore, come esploratore e ognuno crede che io faccia solo quello.

Lì ho capito quanto difficile sia non sedersi su una formula. Io avrei potuto scrivere libri di bicicletta per tutta la vita, e invece grazie a "la Repubblica" mi sono obbligato a fare una storia completamente diversa ogni anno».

Nelle prime battute di "La rotta per Lepanto" l'autore dichiara subito di essere un uomo "disperatamente di terra", ma la voglia di "imbarcarsi in questa avventura" è più forte. Paolo Rumiz ci ha confessato del suo iniziale timore rispetto alla barca a vela: «la barca è una casa che si muove. Per cui tu sei contemporaneamente casalingo e al contempo un nomade, quindi una situazione ideale che accomuna due tendenze secolari dell’uomo che sono quella di chiudersi, stare nella tana e quella di essere nomade. Io ero molto preoccupato di cosa poteva significare per un inquieto, per un nomade, incapace di star fermo come me, di stare recluso in una barca. La barca, invece, mi ha conquistato immediatamente. Il dondolio, il distacco dalla riva, questo senso che già dopo cento metri dal molo tu sei lontano, era impagabile».

Il viaggio per Lepanto raccontato in "La rotta per Lepanto" segue quello verso Istanbul e quello che lo vede attraversare l'Italia in treno. Lo stimolo a partire è arrivato, come ci racconta Paolo Rumiz, «da certe dichiarazioni contro tutto ciò che stava a Oriente. Una tendenza che stiamo scontando ancora oggi. In questo momento stiamo scacciando dall’Italia delle persone, i migranti, che sono vittime di ciò che di peggio noi temiamo. Dovremmo farli nostri, invece li mandiamo via, secondo non so quale criterio e quale umanità. Già allora si sentiva questa tendenza, per cui mi sono detto voglio fare un viaggio dove finalmente racconto che cosa è stato lo scontro di civiltà, tra cristiani e musulmani. Fin dall’inizio mi è stato chiaro che è ben vero che c’è stata una guerra, ma non è stata lo stillicidio di oggi. Nella battaglia di Lepanto sono morti all'incirca 40 mila uomini in poche ore di combattimento, ma dopo si sono ristabiliti rapidissimamente gli equilibri. Non solo, Venezia ha continuato a tenere rapporti con l’Oriente, gli stessi turchi con cui era in guerra, perché faceva l’Europa senza chiamarsi Europa, faceva quello che oggi non si fa».

Una meta quella di Lepanto che sembra quasi mitologica, perché nessuno sa dov'è.  Una meta per raccontare uno scontro di civiltà avvenuto 500 anni fa che però sembra ancora attuale perché in qualche modo continuiamo a contrapporre Oriente ed Occidente. Come ci spiega Paolo Rumiz, «Lepanto avviene su una millenaria linea di battaglie che separa il mondo mediterraneo d'Oriente da quello d'Occidente. Quello d’Occidente passa per il canale di Sicilia e poi risale per l’Adriatico che è il punto di sutura. Ci sono delle costanti geopolitiche che non si esauriscono, che non mutano. Noi che oggi non abbiamo più memoria ce ne dimentichiamo, ma è un fatto che la costa Adriatica dei Balcani e più giù verso la Puglia, il canale di Sicilia con dietro Creta e tutte le isole greche sono un luogo di scontro da sempre, fin dall’epoca romana. La geopolitica, è importante ricordarlo, affonda nella Storia ma è un modo di leggere la geografia. La terra non è uno schermo piatto come ci dà l’illusione che sia dal nostro computer, la terra è piena di cicatrici, segnate dalla Storia che provocano memoria e quella memoria a loro volta genera tensioni geopolitiche. Ma noi ce ne dimentichiamo. Occuparsi di Lepanto significa occuparsi di una costante storica, dove avviene lo scontro tra due visioni del mondo che non avevano niente a che fare con la religione, erano due interessi».


Fattitaliani

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