di Giuseppe Sinaguglia
Stranieri Ovunque è il titolo della biennale d’arte anno 2024 curata da Adriano Pedrosa.
Nei cantieri navali delle Gaggiandre all’Arsenale sono esposti, in una grande installazione, le sculture colorate al neon del collettivo Claire Fontaine: in un numero raggiunto di 53 lingue le parole “Stranieri Ovunque”, sono il manifesto ispiratore della manifestazione. Un titolo capace di racchiudere un’attualità spiazzante comune ad ogni luogo del pianeta e trasversalmente a ciascun individuo. La Serenissima, come ormai da anziana tradizione, si fa portavoce del mondo dell’arte internazionale, raggruppato tra i Giardini, l’Arsenale ed altri luoghi della città lagunare.Globalizzazione, migrazione, esilio si intrecciano al tema principale e così anche il movimento di essere umani controllato e incontrollato, il turismo di massa, la libera circolazione, i confini, i limiti, i muri.
Si avverte la tensione narrativa di un sistema geopolitico in divenire, tra il desiderio di andare o di restare, di partire e rimanere, di tornare o di dimenticare. In tutte le opere sembrano prevalere le origini, le radici dei popoli, il racconto della propria terra, con grande orgoglio o con struggente malinconia e a volte con sprezzante critica o doloroso ricordo.
Ne risulta una umanità ramificata in un albero genealogico millenario fatto di conquistati e conquistatori, di coloni e colonizzati, di presenti e assenti, di ricchi e sfruttati, di profughi e sovranisti, di tribali e alieni, di diversi e uguali, di indigeni e forestieri ma non per forza di un posto fisico anzi spesso l’estraneità si sente verso il proprio corpo, le idee e i sentimenti, ovunque. L’identità dello “straniero” si cuce con ironia, con il colore della storia, con previsioni avveniristiche, con pittoresco folklore.
La libertà, l’allegria, lo stupore e la sorpresa che si inanellano tra i padiglioni, così come le diverse lingue parlate in questa babele multietnica e pacifica, purtroppo contrastano con l’amara inquietudine della guerra, con l’angoscia, la tristezza e la paura del divenire di questi tempi incerti. Lo dimostrano i militari davanti al padiglione israeliano, chiuso o l’assenza della Russia.