I Ciociari, chi sono e dove sono? Offesi e insultati dai sempre vegeti ‘borbonici’ che li dichiarano, a dir poco, ‘papalini’ e dai ‘papalini’ cioè i romani per i quali i ciociari da sempre sono oggetto di risa e di insulto.
Gli inglesi dall’alto del loro wit, humor di grandi colonialisti, si divertono non poco, a tale situazione. Infatti alcuni nostalgici, per loro ragioni e motivazioni, dicendo ‘papalini’ oppure ‘noi non siamo ciociari’ in senso se non proprio dispregiativo certamente non affermativo, dimenticano o ignorano che ‘borboni’ -se è questa la connotazione che prediligono- e ‘papalini’ sono stati per secoli amici e sodali: tutti ricordano la famosa chinea, la mula o ciuchina o cavalla bianca, tramandano le cronache, che ogni anno a giugno alla festa di San Pietro, i re di Napoli presentavano al papa con un carico di monete d’oro, a sottolineare il secolare tributo e rapporto, tutti ricordano ancora che i Borboni secoli prima furono chiamati dalla natia Spagna dal Papa ad impadronirsi dell’Italia, da qui il secolare rapporto di subordinazione e di devozione della Spagna cattolicissima: non si dimentichi inoltre che il luogo più prestigioso di Roma è da sempre Piazza di Spagna.E allora stando così la storia inappuntabile, perché
ostili e negativi avverso i Ciociari? Su quale fondamento storico? E ancora,
chi e che cosa sono i Ciociari? In realtà sono come un vetro dicroico: cambiano
colore a seconda della direzione della luce: perciò papalino per gli uni,
guitto e zotico per gli altri, grande invece e prestigioso per la comunità
internazionale.
Hanno tutti ragione e anche torto marcio, ecco perché
le risa dell’Inglese, di chi conosce il wit e l’humor. Ciociaro infatti prima
di tutto non è un concetto geografico o amministrativo o altro: è un
concetto folklorico, cioè allude ad una comunità che
vestiva in un certo modo, vestitura questa sì particolare e unica! Di
conseguenza il termine ciociaro, come è già stato autorevolmente precisato, è
un termine spirituale, sentimentale, ideale.
Certamente idoneo ad essere borbonico o papalino o,
aggiungo, anche cinese o turco perché è l’abito e solo
l’abito che fa il ciociaro! Che parli romano o napoletano o giapponese o
vikingo, è un dettaglio! Ciociaro in effetti è un valore cosmopolita, cosa che
non è né il borbone nostrano né il papalino nostrano.
Si mette sul tavolo tutta una terminologia alquanto curiosa, per tutti: Basso
Lazio, Lazio Meridionale, quindi per converso Alto Lazio o Lazio Settentrionale
o Lazio Centrale, perfino qualche impunito buontempone Terre di Comino e altro
ancora. I nostalgici ancora coinvolgono Terra
di Lavoro che esiste ormai solo nella fantasia: la sola realtà storica e
scientifica riferita al Ciociaro è la componente folklorica, cioè la vestitura
indossata che storicamente contrassegna e definisce, Ciociaria, il territorio dove vive o trova rifugio la comunità
che ha dato il nome, cioè i braccianti e giornalieri agricoli, cioè gli ultimi
della scala sociale. E se si conoscono e
leggono i documenti dell’epoca già dalla metà del 1800 in poi, quindi non solo
pittorici ma anche, abbondanti, fotografici, si scopre che anche una certa
categoria sociale di borbonici è pienamente e
indiscutibilmente ciociara dal punto di vista delle vestiture indossate,
sempre con riferimento non ai signorotti o ai professionisti o ai mercanti ecc.
ma agli ultimi della scala sociale, cioè ai manovali e ai braccianti agricoli:
è infatti da questa umanità derelitta che è nato il ‘ciociaro’! E da questo
mondo di fame e di miseria e di oppressione avvenne, dopo la loro emigrazione,
gradualmente la evoluzione dagli stracci iniziali “azzuppati nel colore” a quello nato e maturato a contatto con gli
artisti europei prima a Roma poi negli anni successivi a Parigi, a Londra, a Monaco… cioè al costume
cosiddetto ciociaro, al costume tradizionale più noto e più conosciuto in
Europa, presente nelle gallerie e musei del pianeta come nessun altro soggetto:
nacque dunque a Serre, a Immoglie, a San Gennaro, a Vallegrande e Agnone, a Pié delle Piagge e nella
Piana del Melfa…. Una gloria del
territorio che si chiami come si vuole, ma sicuramente in realtà costume
ciociaro, il costume dell’Italia, d’Europa e del Mondo, come hanno
decretato gli artisti! La disgrazia vera?
non si capisce e soprattutto colpevolmente non si conosce! Ancora! E, in
aggiunta, il termine offensivo ‘ciociaro’ non è altro che la identificazione dalla calzatura
primitiva evolutasi, parimenti al costume, e chiamata ‘ciocia’ e se si è
curiosi in merito alla storia del termine,
si consulti il libro ‘CIOCIARIA SCONOSCIUTA’ e andare nel sito web inciociaria.org.
Oltre a quello
sopra citato, anche: ORGOGLIO CIOCIARO/Ciociaria Pride e poi IL COSTUME CIOCIARO nell’arte europea del 1800. E da queste
letture viene fuori, se si vogliono coinvolgere anche ormai purtroppo obsolete
identità amministrative o geografiche quali Terra di Lavoro e Campagna di Roma
e Lazio Nuovo o Aggetto, che i vituperati e insultati ‘ciociari’, non erano
altro all’origine che figli anche loro
di Alta Terra di Lavoro: i luoghi degradati da cui si dipartirono, pezzenti e miserabili, erano certe frazioni più
sopra ricordate di Picinisco, di Acquafondata, di Villalatina, di Atina e altre
ancora, disperdendosi nella Campagna di
Roma specie nelle famigerate Paludi Pontine e a Roma e i più disperati e
motivati, al di là delle Alpi e certamente non in macchina!
Quindi al lavoro! veramente, da parte di tutti, per
far conoscere al meglio e promuovere questa realtà artistica universalmente
conosciuta, nata in queste terre dell’antico Regno di Napoli, realtà primaria e
non solo nella Storia dell’Arte, da noi
e in Italia ancora vergognosamente senza nome!!!
Michele Santulli