Ilaria Sabatini Taliaferro, nella “Clessidra del Vento” è racchiuso in sé il potere delle idee e delle speranze che ci rendono liberi

 


di Francesca Ghezzani

Marchigiana di nascita e statunitense d’adozione, Ilaria Sabatini Taliaferro si è affacciata sul panorama editoriale con il suo primo romanzo dal titolo “La Clessidra del Vento”.

L’opera è un viaggio inatteso nella coscienza dei suoi giovani protagonisti, il diario, custode silenzioso dell'immaginazione di Lorenzo, che va ad aprire attraverso le sue pagine intime il desiderio di avventura congenito nei due personaggi.

Ilaria, da dove nasce l’ispirazione?

Un giorno di primavera, mentre mi trovavo nel giardino della mia casa natale, mi accorsi improvvisamente di osservare le cose in un modo totalmente diverso. Mi ricordo che sentivo di più il vento sfiorarmi il viso, la luce del sole mi sembrava più forte, avevo la sensazione che ciò che mi circondava mi stesse suggerendo l’inspirazione per la stesura di questo viaggio avvincente. Corsi a prendere un quaderno e una matita e mi misi a scrivere di getto, idee, pensieri, sensazioni: tutto si stava mescolando al mio forte desiderio di viaggiare con la mia fantasia e lasciare per un secondo quella casa e quel giardino. E così quel vento mi ha trasportato pian piano nella storia che vive nella “Clessidra del Vento”. Amante della scrittura romantica, della pittura paesaggistica di Turner e dei romantici d’Ottocento, ho iniziato a descrivere come se stessi provando a ridipingere su una tela i quadri che io tanto amo. La musica mi è stata compagna fedele, e mi ha aiutato a dare il ritmo e l’armonia alle mie parole. Per me la scrittura è il mix sensoriale; è la forma sinuosa della mia personalità. Ho voluto personificarmi nella figura di Lorenzo, il protagonista, con tutta me stessa. Molti mi hanno chiesto come ho fatto, anzi perché ho scelto una voce maschile pur facendolo in modo magistrale: perché in quel momento era la voce di una parte di me che si rifletteva nella personalità di Lorenzo, e non solo: mi sentivo lui, un ragazzo coraggioso, libero, sognatore, che vive del presente e che sogna di un mondo migliore. Mi è stato insegnato che si dovrebbe scrivere di ciò che si conosce, e io credo di conoscere da dove vengono le mie emozioni per questo non posso scindere me stessa da questo lavoro.

Il titolo che cosa evoca?

Il titolo riflette il viaggio utopico del protagonista. È un titolo utopistico; rappresenta ciò che è irrealizzabile.

Come il vento non ha tempo, e non può essere catturato in un’ampolla di vetro, men che sia misurato, il piano politico di Lorenzo per trovare una soluzione definitiva al problema dell’immigrazione in Europa è pura follia. Pensare di intrappolare il vento in una clessidra è tanto irrealistico quanto pensare di trasformare un'intera isola del Mediterraneo in un grande centro d'accoglienza per i rifugiati politici e per coloro che fuggono dal proprio paese rischiando la vita, alla ricerca di una speranza per vivere in un mondo migliore.

Nella “Clessidra del Vento” è racchiuso in sé il potere delle idee e delle speranze che ci rendono liberi. Il vento, libero e inafferrabile, riflette invece lo spirito del protagonista sospeso tra idealismo e realtà ma che non smette di muoversi e smuovere ciò che è radicato.

Ti sei trasferita negli Stati Uniti. Quanto di te e del tema del viaggio di cui hai fatto esperienza ritroviamo in queste pagine?

Moltissimo. La mia esperienza negli Stati Uniti ha profondamente influenzato il tema del viaggio che permea le pagine di questo lavoro. Questo legame risale a molto tempo prima del mio arrivo qui, nel 2010. Durante quel periodo, ho avuto l'opportunità di partecipare a un programma di volontariato per Rain Forest Alive in Ecuador dove ho vissuto per diversi mesi con la tribù Citchwa in Amazzonia. Quel viaggio oltre i confini mi ha risvegliato nel profondo aprendo i miei occhi agli infiniti orizzonti del mondo, spingendomi a riflettere sull'importanza del viaggio nel superare i nostri limiti mentali.

Oggi, qui negli Stati Uniti, sto realizzando i miei sogni, anche se l’Italia mi manca come il respiro. Il viaggio inteso come esperienza ascetica non è solo un elemento presente nelle pagine di questo lavoro, ma è anche una parte integrante della mia esperienza personale e del mio percorso di vita.


Hai dichiarato che Lorenzo, il protagonista, è un abile navigatore del reale. Spiegaci meglio il concetto.

Penso che Lorenzo possa essere considerato un abile navigatore del reale grazie alla sua natura di autentico sognatore e alla sua fede incondizionata nelle proprie aspirazioni e nel successo del suo progetto. La sua filosofia di vita abbraccia pienamente il principio del 'Carpe Diem', vivendo nel presente senza preoccupazioni per il futuro. Fedele alle proprie convinzioni, Lorenzo non esita a confrontarsi con un mondo che va oltre la sua comprensione, ma anzi, desidera esplorarne i misteri e contribuire a renderlo un luogo migliore. La sua visione del mondo è illimitata e, unita al coraggio e agli ideali, gli permette di affrontare con determinazione e creatività anche le sfide più impegnative.

In chiusura, il tuo romanzo dà sì un messaggio interiore, ma è anche un invito all’apertura nei confronti di altri popoli?

È un invito a guardare oltre i confini imposti dalle differenze, a seguire l'istinto e a cogliere le opportunità di fare esperienze umanitarie, anche attraverso la partecipazione a programmi umanitari. Questa esperienza, che ho avuto il privilegio di vivere in passato, mi ha reso una persona migliore, permettendomi di vedere la vita attraverso gli occhi di persone che vivono in realtà molto diverse dalle nostre. Parlando, ad esempio, degli Inuit nel mio libro, ho potuto toccare con mano come l'incontro con culture così distanti possa veramente ampliare i nostri orizzonti e aprirci a nuove prospettive che mai avremmo pensato di poter abbracciare.

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