Il Festival di Sanremo ricordi Achille Togliani, appello al direttore artistico



di Mariano Sabatini

Senza Achille Togliani il Festival di Sanremo non esisterebbe, lo si può affermare  in tutta serenità. Fu lui, assieme a Nilla Pizzi e al Duo Fasano, a tagliare nel 1951 il nastro della prima gara canora, la più importante d’Italia. Il 16 gennaio prossimo saranno cento anni dalla nascita del cantante melodico, nonché attore, nato a Pomponesco nel 1924, un divo assoluto negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta; con una carriera artistica, una popolarità e una tenuta presso l’affetto del pubblico che molti se le sognano. Voce inconfondibile, forte e calda, che ha sostenuto fino alla scomparsa nel 1995 la melodia di successi canori imperituri, da perfetto crooner:  SignorinellaLa canzone dell'amoreCome piovevaLa signora di trent'anni faAddio Signora! e tanti altri. Il percorso di Togliani si può apprezzare nel bel docu Parlami d'amore su RaiPlay: "Il mio grande amico Daniele Di Biasio, insieme al quale l’ho diretto. Riteneva che tutto l’impegno profuso da mio padre nella conservazione del suo archivio fatto di foto e documenti video e sonori, non dovesse risultare vano. I tempi erano maturi, lui con il suo occhio, io con il mio. È stata una collaborazione molto proficua" afferma il figlio Adelmo, regista e attore. E c'è da sperare che Amadeus voglia proporre un adeguato omaggio all'artista sul palco dell’Ariston, come sarebbe giusto, durante l'imminente prossimo Festival della canzone italiana. 
 
Fiorello sarebbe adattissimo, magari nella serata delle cover, per interpretare Parlami d'amore Mariù o Come pioveva, non credi, Adelmo?
 
Adoro Fiorello, è il più grande show man italiano. Sarebbe meraviglioso. Tuttavia credo che sarebbe doveroso ricordare papà a prescindere dal ‘come’. Sanremo è stata la sua casa, ed è stato papà a battezzare il Festival, non il contrario. In merito a un omaggio nell’edizione di quest’anno, non tutti sono della stessa idea. Una cosa però bisogna dirla, ovvero che si è persa la misura di tante cose. In un anno ho sentito dire continuamente: ‘figurati se non lo fanno!’ e ‘figurati se lo fanno!’. In sostanza sarebbe uno scandalo se non lo facessero, ma se non lo fanno, di che ti scandalizzi? In un mondo normale dovrebbe essere la direzione di Sanremo ad alzare il telefono per proporre un omaggio ad Achille Togliani e non il contrario.
 
Le difficoltà nel realizzare il docu quali sono state?
 
La scelta dei materiali. Erano veramente una moltitudine. Ma anche problemi di natura pratica. Compiendo le ricerche documentali in periodo di Covid le restrizioni venivano attivate e disattivate di continuo. Per questo motivo alla Discoteca di Stato, dove mi era consentito di recuperare i materiali Rai di papà, mi chiudevo in una sorta di auletta bunker per 5 ore di fila armato di guanti e mascherina. E non si potevano togliere. Solo soletto, davanti a un computer collegato ad un server, senza la possibilità, per questioni di policy, di estrarre nessun materiale. Quindi facevo una sorta di montaggio al buio. L’unica strada percorribile.
 

Cosa e chi ti ha piacevolmente sorpreso invece?
 
Che la rassegna stampa di papà, raccolta da lui stesso, ci ha consentito di ricostruire ogni momento della sua carriera, rintracciare alcune curiosità determinanti nascoste nei testi delle interviste, nelle colonne di giornale, negli occhielli. A quel punto trovare i materiali Rai in cui Togliani non era indicizzato è stato più facile, come scoprire la sua prima apparizione cinematografica in assoluto. Le persone che mi hanno sorpreso sono i giornalisti italiani e la tv che ci hanno dedicato sempre moltissimo spazio, sin dall’uscita del documentario al Torino Film Festival. La figura di papà suscita ancora grande interesse. Mi hanno sorpreso inoltre, sempre in positivo, i nostri due giovani testimonial: il musicista Mirko Dettori e lo storico Simone Calomino. Nonostante la giovane età sapevano tutto di papà, ma soprattutto riguardo al periodo storico e al contesto musicale in cui si è mosso.
 
La Rai è stata collaborativa?
 
Molto. Non lo dico perché sono stati i nostri co-produttori. Lo dico sinceramente. Tutti si sono dimostrati molto disponibili nei nostri confronti a partire dai due direttori di Rai Documentari avvicendatisi, Duilio Giammaria e Fabrizio Zappi, che non ci hanno mai fatto mancare il loro supporto, ai vari collaboratori che la Rai ha assegnato al progetto. La Rai è dotata di grandi professionalità, persone che mi hanno aperto le porte degli archivi consentendomi di recuperare trasmissioni girate in pellicola di cui non si conosceva il contenuto. Alcuni di questi filmati sono presenti nel documentario e sono delle autentiche perle.
 
Che reazioni raccogli alle proiezioni?
 
La gente canta. L’ultima proiezione che si è tenuta alla Casa del Cinema di Roma si è conclusa con Mirko Dettori che ha attaccato alla fisarmonica Parlami d’amore Mariù. In prima fila c’era Franco Bixio, l’editore discografico, nonché figlio del compositore di questa magnifica canzone. La commozione è stata tanta. Valeria Fabrizi cantava anche lei. Una bella festa. 
Gli estimatori di Achille oggi chi sono?
 
Non saprei. Credo sia un personaggio che andrebbe riscoperto. Finora avviene solo attraverso i suoi successi canori. Con il documentario gli abbiamo dato una bella rispolverata. Sarebbe bello fare un film sulla sua vita, ne ha viste veramente tante.
 
Quest'anno ricorre un anniversario importantissimo...
 
Lo attendiamo con trepidazione. Abbiamo in programma delle proiezioni evento e altri appuntamenti nel corso dell’anno.
 
In te prevale più rabbia o più frustrazione nel sostenere la memoria di tuo padre?
Nessuna delle due. Io sono un artista, e grazie al documentario, in primis ho reso felice me stesso. Ho colmato la mia sete di conoscenza, la mia curiosità. Amavo il mio papà e quindi è stato bello farne un ritratto fedele con il mezzo a me più congeniale, il cinema. Per il resto viviamo in un paese senza memoria, ma forse è un problema generalizzato che riguarda anche questioni ben più importanti e delicate che un semplice omaggio nell’anno del centenario di Achille.  
 

Chi non ha mantenuto fede alla parola data o alle promesse?
 
Un paio di personaggi che lo conoscevano bene e avevo contattato per rilasciare una testimonianza, alla fine non mi hanno concesso l’intervista. Si sono lasciati inseguire per mesi, ma poi nulla di fatto. Non è mia abitudine togliermi i sassolini dalla scarpa o fare nomi in pubblico. Ma se li becco, non sono uno che si sta zitto. Anzi! Perdono solo Gianni Amelio, che è un appassionato di fotoromanzi, e ha declinato la proposta in quanto tutti gli chiedono di rilasciare interviste. “Adelmo, se la rilascio a te, la devo rilasciare a tutti”.
 
Tu quale canzone di papà ti sorprendi a canticchiare più spesso?
 
Io non canto. È risaputo. Però i suoi successi degli anni ’60 andrebbero riscoperti. La sua voce era nel pieno della maturità e ha cantato dei pezzi clamorosi, con dei testi incredibili. Ti lascio con “Scusa, posso offrirti qualcosa… qualcosa, che ancora non hai”. Notevole no?

Fattitaliani

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