Origini molisane, docente e Console, trasse dall’oblio
la tragedia di Monongah e le sue vittime
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – E’ morto a Pittsburgh nella serata del 22 dicembre
scorso Joseph D’Andrea, 94 anni, esponente
di punta della comunità italiana in Pennsylvania. E’ Peter Argentine, regista e produttore cinematografico, amico di
Joseph, ad avermene dato notizia qualche ora fa. Joseph D’Andrea era nato in Molise ed era emigrato con la madre e
il fratello negli Stati Uniti,
arrivando all’inizio del 1948 in Pennsylvania,
dove il padre era giunto nel primo dopoguerra. Joseph D’Andrea è stato un docente stimato, ma soprattutto un leader
in seno a numerose organizzazioni italoamericane e nel sindacato dei professori.
Giuseppe Fernando Paolo D'Andrea era nato a Roccamandolfi, in provincia di Isernia,
il 18 novembre 1929, da Gaetano e Candida D'Andrea.
Durante la seconda guerra mondiale Joseph aveva frequentato le scuole dei
Salesiani a Genzano di Roma, dove era
rimasto fino a tutto il 1943. Nel 1944 il suo ritorno a Roccamandolfi, testimone dei bombardamenti e delle distruzioni belliche
lungo il fronte della linea Gustav. Fu testimone anche dell’aiuto che sua madre
dava ad una famiglia ebrea, ospitata in una stanza della casa di famiglia. Nel
dicembre 1947, quando aveva 18 anni, insieme alla madre e a suo fratello Lucio s’imbarcarono a Napoli sulla nave
Saturnia. Arrivarono negli Stati Uniti, a New
York, all’inizio del 1948, finalmente riunendosi al padre dapprima a Stowe Township, poi a McKees Rocks nell’area metropolitana di
Pittsburgh, in Pennsylvania.
Completati gli studi liceali, Joseph s’iscrisse alla Duquesne
University, ateneo privato cattolico in Pittsburgh,
laureandosi in Lingue e in Amministrazione pubblica. Subito dopo andò ad
insegnare italiano alla Berlitz School. Qui conobbe Gloria Bianchi, che nel 1957 divenne sua moglie e da cui ebbe la
figlia Anne. Frequentò poi studi
universitari superiori all’University of Mexico e
all'Università di Pittsburgh. Dopo la Berlitz Shool, dal 1959 andò ad insegnare
italiano, spagnolo e latino a South
Hills, periferia meridionale di Pittsburgh, e vi rimase fino al 1986. Alla
fine del 1960 divenne molto attivo in seno alle organizzazioni sindacali statali
e nazionali dei professori, sostenendo i diritti degli insegnanti e la riforma
dell'istruzione negli Stati Uniti e all'estero. La maggior parte dei documenti
di Joseph D'Andrea, relativi alla
sua carriera nel campo dell’insegnamento e sindacale, sono ora conservati dalla
Robert Morris University.
Joseph D’Andrea è stato presidente della Pennsylvania
State Education Association, dal 1974 al ‘76, ruolo che gli ha permesso di
rappresentare gli Stati Uniti in
conferenze internazionali, presentando documenti e conducendo workshop sulla
riforma dell'istruzione, sui diritti umani e politici. Tra il 1978 e il 1980 è
stato presidente dell'Italian Sons &
Daughters of America (ISDA) in Pennsylvania. Ha inoltre fondato nel 1980 l'American Italian Cultural Institute (AMICI)
ed è stato presidente del Heinz
History Center’s Italian American Program dal 1999 al 2003. Ha inoltre fatto parte assai attivamente delle
organizzazioni Sons of Columbus, AMICI, NIAF, ISDA.
Significativo anche l’impegno in campo
diplomatico. Dapprima Vice Console
Onorario presso il Consolato Italiano di Pittsburgh dal 1983, Joseph D’Andrea è stato poi Console d’Italia dal 1996. In tali
funzioni, con encomiabile spirito di servizio, ha fornito assistenza agli emigrati
italiani e agli italoamericani, ha tenuto conferenze sul patrimonio
italo-americano e organizzato eventi comunitari, come la Festa delle Belle
Arti, iniziata nel 1983 e poi diventata Festa Italia. Un evento che aveva
continuato ad organizzare ogni anno fino al suo ritiro dal servizio diplomatico
nel 1999. Andato in pensione dal Consolato, D'Andrea era rimasto sempre attivo nella comunità italiana, come
speaker e organizzatore di eventi.
Ma uno dei grandi meriti di Joseph D’Andrea è stato quello d’aver dato un forte impulso a far luce, a quasi un secolo di distanza, sulla tragedia di Monongah, in West Virginia, l’esplosione e l’incendio della miniera di carbone avvenuta il 6 dicembre 1907, dove persero la vita quasi mille persone, benché la cifra ufficiale fosse molto inferiore. Tra le vittime 171 italiani, di cui 87 molisani ed una trentina di abruzzesi. Nel 2007, ricorrenza centenaria della tragedia, a cura di Joseph D’Andrea veniva pubblicato il volume “Monongah cent’anni d’oblio”, una puntigliosa ricerca su quel terribile fatto e sulle vittime molisane del disastro. Finalmente, proprio ad un secolo dalla tragedia, anche l’Italia finalmente nel 2007 rendeva onore alle vittime di Monongah, doveroso tributo del Paese a quei figli emigrati periti nella miniera. Era stata necessaria un’intensa campagna di stampa condotta dal direttore del quotidiano La Gente d’Italia, Domenico Porpiglia, a riaccendere l’attenzione sul caso e finalmente a smuovere le istituzioni italiane. Joseph D’Andrea fu molto coinvolto nella commemorazione del Centenario della tragedia di Monongah, con eventi realizzati in Molise e negli Stati Uniti, tra cui la produzione di una mostra museale e di un documentario diretto da Peter Argentine che fu trasmesso a livello nazionale.
Con Joseph
ci incontrammo nell’ottobre 2016 a Washington,
in occasione del il 41° Gala Weekend della National Italian American Foundation
(NIAF).
In quei giorni stemmo insieme a suo fratello Lucio D’Andrea, ingegnere petrolifero, fondatore insieme
all’aquilano Omero Sabatini,
diplomatico in pensione, dell’AMHS (Abruzzo&Molise Heritage Society), associazione
cui fanno capo gli abruzzesi e molisani del District of Columbia, l’area della
capitale, e dei confinanti stati del Maryland e Virginia. Con Joseph, che avevo conosciuto a L’Aquila nei mesi successivi al
terremoto del 2009, quando mi contattò per chiedere quale iniziative potesse
promuovere in aiuto alla città, ricordammo i due giovani universitari che la
comunità italiana di Pittsburgh “adottò”
dopo il sisma dell’Aquila. Joseph mi
chiese i nomi di due studenti di Ingegneria dell’Università dell’Aquila, uno
abruzzese e uno molisano, ai quali gli italiani di Pittsburgh avrebbero assicurato le spese d’ospitalità, mentre
l’Università di Pittsburgh li avrebbe accolti nella medesima Facoltà. Mi
rivolsi alla prof. Anna Tozzi, responsabile dei rapporti
internazionali dell’ateneo aquilano, che provvide celermente a scegliere i due
studenti con un avviso pubblico. Quel fatto portò fortuna a Luca, il molisano, e a Berardo, abruzzese di Teramo. Il primo
studiò a Pittsburgh per il suo dottorato,
Berardo, invece, subito dopo la laurea andò a lavorare in Olanda per un’importante società multinazionale.
Altro merito di Joseph D’Andrea è stato il fondamentale ruolo che egli ha svolto
nella fondazione dell'Heinz Regional
History Center, un museo contenente collezioni di documenti della comunità
italo-americana. Allo stesso Centro D'Andrea ha conferito il suo personale archivio di
documenti (1899-2016) e ha promosso il deposito di fondi archivistici privati,
costituendo un importante cespite della memoria che conserva immagini
fotografiche, documenti personali, registri organizzativi e pubblicazioni che
documentano la vita degli italoamericani nel XX secolo, nella Pennsylvania
occidentale e nelle aree circostanti. Forte emozione e commozione ha generato
la notizia della morte di Joseph
D’Andrea nella rete dei Molisani nel
mondo, tra la comunità italiana in Pennsylvania,
nella sua terra d’origine dove tante sono state le testimonianze di affetto, di
stima e gratitudine, a cominciare dal Presidente della Regione Molise Francesco Roberti. L’amore per il suo Molise, la valorizzazione della cultura
italiana negli States, la dedizione assidua e generosa con la quale da Console ha
servito la comunità italiana, l’apprezzamento della sua opera da parte delle
istituzioni americane e dei governi italiani, sono una parte significativa dell’eredità
morale e professionale di Joseph
D’Andrea. Egli sarà sempre ricordato anche per il singolare suo tratto,
gentile e comunicativo. Una persona di grande umanità, l’amico Joseph, lascia davvero un luminoso esempio
di grande italiano.