'L’ultima carta' è il nuovo affascinante romanzo di Maurizio Zottarelli. Intervista all'autore

Benvenuti a questa intervista esclusiva con Maurizio Zottarelli, autore di successo, in occasione del lancio del suo nuovo romanzo, "L’ultima carta". Dopo aver affascinato i lettori con opere come "Il dodicesimo dito" nel 2008 e "Confini" nel 2020, l'autore ritorna a stupire con una storia avvincente ambientata nella vibrante Milano degli anni '80 e '90. In questo contesto, la generazione dei figli della migrazione interna si trova sospesa tra le promesse infrante dei loro genitori e una realtà fatta di lavoretti e attività non sempre legali.

Preparatevi a immergervi nell'universo narrativo di Maurizio Zottarelli, mentre ci guida attraverso le pagine di "L’ultima carta" e svela i retroscena e le ispirazioni dietro questa coinvolgente storia ambientata in uno dei periodi più affascinanti e complessi della storia recente.

 

Ciao Maurizio, benvenuto su Fattitaliani. Dopo il successo de "L’undicesimo dito" e "Confini", ci presenti il tuo nuovo romanzo "L’ultima carta". Cosa ti ha spinto a tornare con una storia ambientata nella Milano degli anni '80 e '90?

Quella è la Milano in cui sono nato e cresciuto, una città nella quale, soprattutto in periferia, vivevano molte Italie diverse che si esprimevano con la loro lingua e la loro cultura. Una Milano dalla grande vivacità, in cui l’alto e il basso, il ricco e il povero, il bello e l’osceno convivevano nella stessa strada, nello stesso palazzo, spesso nello stesso pianerottolo. Non che queste differenze non si notassero o non si facessero notare, ma si vivevano con più libertà e ironia, senza quella retorica dell’integrazione che domina oggi. Forse perché tutti aspiravano al bello e alle opportunità sociali che la città offriva. Era una Milano piena di contraddizioni tanto quanto oggi, ma senza il moralismo che mi sembra gravare di questi tempi. Alla fine mi è uscito un romanzo sull’amicizia, che è il vero motore della storia.

Come hai lavorato per catturare l'atmosfera di quegli anni e rendere autentica la vita dei tuoi personaggi?

Ho lavorato soprattutto sulla lingua, cioè sulla materia prima di un romanzo. Ho cercato di ricostruire quel particolare pastiche linguistico fatto di dialettismi, slang e, in alcuni casi, per chi riusciva a studiare, di un linguaggio più alto. Una lingua che racconta in profondità la realtà della città e la sua commistione, appunto, di alto e basso. Ogni personaggio ha una sua caratterizzazione linguistica, un suo modo di parlare e vedere il mondo. Poi ho cercato di raccontare la città anche attraverso i suoi luoghi, i ritrovi, non sempre noti.

Il romanzo affronta il tema del gioco d'azzardo come vizio sociale e pericoloso. Qual è il tuo punto di vista su questo tema e come hai cercato di rappresentarlo nel contesto della storia di Sergio Corselli?

Io non intendevo fare una denuncia sociale. Il gioco è raccontato come una modalità di confrontarsi con la realtà e le sue sfide. A tratti è quasi un pretesto per raccontare la storia di un giovane uomo che, spesso, al momento decisivo non sa prendere la decisione giusta. Spesso anche i migliori giocatori quando si siedono al tavolo della vita non sanno come affrontare la partita. In questo senso, certo, il gioco d’azzardo, quella che oggi si chiama ludopatia può diventare un modo per difendersi dalla realtà. I miei personaggi vorrebbero mangiarsela la vita, ma a volte non sanno da che parte iniziare.

"L'ultima carta" sembra condividere atmosfere con il film "Regalo di Natale" di Pupi Avati. C'è stata qualche influenza cinematografica nella creazione del tuo romanzo, e se sì, come ha influenzato la tua narrazione?

Nel libro, in effetti, ci sono un paio di scene che ricordano il film di Avati. Credo che uno scrittore debba farsi influenzare da tutta la realtà che lo circonda, film compresi. Del resto di film sulle carte ne sono stati girati molti. Nel mio caso, però, credo che le influenze maggiori vengano da autori di romanzi, anche se magari non hanno scritto direttamente di carte. Penso, per esempio, a Chandler o a Ricler.

Qualche anticipazione per i tuoi prossimi lavori e impegni?

Sto lavorando a un nuovo romanzo che sarà ambientato nel mondo del giornalismo per raccontare la realtà sempre così sfuggente, soprattutto quando si vorrebbe rinchiuderla in schemi definiti. Intorno a questo giornale la vita ribollirà di storie e vicende dai colori più diversi, tragiche, dolenti, divertite, surreali. E su tutto domina l’imprevisto, che è la vera legge della vita. Per fortuna, perché forse se dipendesse da noi la vita sarebbe assai più tragica.


Fattitaliani

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