Crudo e deciso l’impatto scenico di CRINE, composto da un’installazione site-specific che Maria Federica Maestri spiega in questo modo: “Per l’esposizione del martirio di Ermengarda, il grande spazio ecclesiale di San Ludovico sarà rivelato nella sua estrema nudità. Sarà piena e cruda luce sulla violenza perpetrata sull’edificio cultuale, sconsacrato e adibito a centrale elettrica agli inizi del Novecento, in perfetta e tragica analogia con il corpo femminile, umiliato e ripudiato dalla brutalità funzionale della società patriarcale. Niente dovrà essere nascosto o mitigato dal tepore sentimentale e salvifico della provvidenza: lo spazio sarà attraversato da quattordici aste lignee in misura e forma simili alle lance medievali per la caccia al cinghiale. La chiesa testimone/martire sarà lo spazio anatomico dell’atto venatorio e dell’agonia di Ermengarda. Lei, come l’animale, inseguita, catturata, ferita, sanguinante spirerà cercando in cinque tane nere il buio e la quiete della morte”. Riguardo, invece, alla componente video, o ‘imagoturgia’, commenta Francesco Pititto: “Dipinti in sequenza. Una cinghialessa avanza nel bosco, uno scoiattolo trai rami, due lumache in corteggiamento, un corpo d’uomo vecchio e nudo. Un volto di donna in primissimo piano, la bocca e i denti e gli occhi e il parlare muto all’altra sé nello spazio reale, e anche allo spettatore che le osserva entrambe. Lei è cinghialessa braccata, circondata e ferita, in metamorfosi di scoiattolo in fuga tra i rami, sognando – ermafrodita - amplessi senza maschi in veste di limacide, mentre un corpo maschile si contorce inadatto, goffo in un movimento ad anello”. |