Il contesto è chiaro sin dall'inizio. Ci troviamo in in ospedale, un sanatorio di cui anche il protagonista è ospite.
Se da un lato l'ambientazione aiuta a inquadrare gli eventi che vi accadono e a giustificarli quasi, dall'altro pone un interrogativo non da poco.
Quello che succede è solo nella mente dei personaggi? Si muovono in un contesto circoscritto e reale? Quanto di ciò che dicono e pensano è attribuibile allo stato di malattia e alla percentuale di sanità?
Fosse solo per Falstaff e gli altri pazienti, si potrebbe non avere dubbi. Ma dalle donne a Caio fino a Ford, tutti sono attivamente tasselli di una farsa che però sfocia nel vero.
Difficile in questa prospettiva parteggiare per l'uno (Falstaff) o gli altri.
Per fortuna, a un certo punto il ritmo veloce della narrazione ti invita semplicemente a farne parte e a tentare di stare appresso al vortice degli avvenimenti.
La messa in scena di Denis Podalydès è davvero coinvolgente, i caratteri emergono in tutta la loro prorompente personalità e gli artisti danno il loro meglio come pure l'Orchestra diretta dal Maestro Antonello Allemandi che accompagna virtuosamente la storia in un tutt'uno armonioso e coerente.
Primeggiano Elia Fabbian, ottimo Falstaff, Gabrielle Philiponet nel ruolo di Alice e Gezim Myshketa in quello di Ford.
Che piacere assistere alla collettiva bravura e complicità della altre donne: Julie Robard-Gendre (Meg), Clara Guillon (Nannetta) e Silvia Beltrami (Mrs Quickly).
Un gruppo che si prende una bella rivincita sul maschio dominante, riscattando la propria libertà.
Una rappresentazione ben riuscita che mostra pure il lato triste e amaro della rivalsa, con la messa in ridicolo del protagonista. Giovanni Zambito.