Battista presenta l'album "La fogna del comportamento". L'intervista



La fogna del comportamento (in inglese, behavioral sink), è un'espressione coniata dall'etologo statunitense John Bumpass Calhoun, usata per denotare il collasso di una società a causa di anomalie comportamentali provocate dal sovraffollamento, pur in un ambiente in cui la comunità è tenuta al riparo da avversità atmosferiche o da predatori e si vede garantita abbondanza illimitata di risorse, come cibo e acqua, e pertanto non si trova in una situazione di sovrappopolazione in senso "malthusiano" (cioè uno squilibrio tra popolazione e risorse, con quest'ultime insufficienti al fabbisogno della comunità).

La colonna sonora della fogna è punk rumorosissimo, rime simil rap, ritornelli OII, testi politicamente scorretti. Una bomba di disco!

 

L’intervista

 

La prima parola che mi viene in mente ascoltando il tuo disco è apocalisse

Apocalisse è un termine che amo particolarmente e lo trovo adatto al concetto dell'album.

Il termine Apocalisse per me non significa tanto la fine di ogni cosa, piuttosto il filo conduttore che lega la vita con la morte.

 

Come definiresti, musicalmente e concettualmente il tuo disco?

L'album gioca con le due dimensioni, le esplora, le abbraccia e non fa a meno di entrambe.

Il linguaggio che ho utilizzato (sia nella terminologia che nella sintassi) mi serviva per esprimere questo concetto.

E' una realtà che tenta di racchiudere in sé ogni cosa e comprende l'ambiguità, le verità contrastanti, una concezione dell'essere che vada al di fuori di una contemplazione univoca della morale.

E' mettere in dubbio l'esistenza stessa.

E' giocare con la vita, giocare con la morte.

E' il tentativo di esprimere l'idea che il nulla esiste.

 

In un mondo in cui per citarti, Siamo polli divoratori l’unica via per i week end è questa?

Sabato la Bamba

Domenica Prozac

Spesso per quello che fino ad ora ho vissuto e toccato con mano, sembra che la via di fuga da questa realtà difficile da comprendere sia l'anestesia.

Il lavoro rischia di essere un credo e non un modo per sopravvivere (che sarebbe già più facile da accettare) e il fine settimana se si hanno ancora le forze di continuare ci si anestetizza per non pensare troppo al fatto che di questo sistema capiamo nulla o poco.

Si rimanda ai posteri l'ardua sentenza.

Ogni lunedì è un nuovo inizio.

 

Se cerchi colpe guardati allo specchio canti in La fogna

Mi svisceri meglio il concetto? Ognuno è colpevole del mondo di merda che metti in scena nel disco?

Sono sempre restio dal pensare che una persona o poche persone sia responsabili di qualsiasi cosa avvenga in una situazione, che sia essa in una casa, in una città, in una nazione o nel mondo.

Penso che le cose avvengono perché la gente sceglie (anche inconsapevolmente) che queste avvengano.

Penso che il dittatore viene scelto dal popolo così come ogni forma di governo e modo di agire politico.

Se non si hanno le motivazioni per perdere tutto quanto e ricominciare vuol dire che in fondo va bene così.

Ci si può anche lamentare ma sentirsi oppressi e scaricare la colpa verso altri lo considero tossico.

La colpa può essere di tutti come di nessuno.

La colpa è un'idea e come tutte le idee lasciano il tempo che trovano.

Poi se una cosa avviene e non si fa nulla per farla cambiare penso sia normale che non cambi nulla.

Penso che una delle cose attualmente più difficili nel nostro mondo sia quello di prendersi la responsabilità delle proprie azioni.

Tutti la scaricano verso altri, nessuno è colpevole ed il bello è che tutti hanno ragione e sono colpevoli di questo.

Siamo davvero sicuri che le nostre scelte siano consapevoli?

Siamo davvero sicuri di poter scegliere o non scegliere come singole persone?

O forse presi come singoli siamo ingranaggi di un unico sistema?

 

Quanta gente, di quelli cresciuti a suon di grande fratello e talent, o le nuove generazioni drogate di tik tok, ha la capacità di guardarsi allo specchio?

Con uno schermo a disposizione h24 è difficile potersi guardare allo specchio.

Ci si mette in continua competizione con quello che si vede.

Avremo sempre un competitor, avremo sempre uno più bravo di noi.

Il problema che si pone poi è che la realtà fisica è ancora diversa da quella virtuale perciò si dubita su quale via seguire.

Per certi aspetti la realtà virtuale sembra più affabile e quindi preferibile. Ma è un discorso che secondo me non abbraccia solo le nuove generazioni, bensì tutte.

Spesso cercando negli occhi delle persone noto la paura di sentirsi nudi, quella di svelarsi in un mondo che non possiede le emozioni confezionate virtuali dei social.

Uno dei possibili risvolti è quello di ragionare per slogan e stereotipi. Forse è già il presente? Non saprei. Non credo comunque che il nostro presente sia peggiore del passato.

Quello che sento spesso è la voglia di contatto. Di verità. Di sentire i nostri corpi che lottano e urtano. La distruzione che porta alla ricostruzione. Forse stiamo implodendo.

Questo dipende anche dal fatto che spesso fuggiamo dal concetto che la vita abbraccia il dolore o l'imperfezione (e non intendo grasso-magro, brutto-bello, abile-disabile ecc.) e in ciò io ci vedo tanta bellezza.

Spesso accettiamo il dolore solo se è vendibile e confezionato.

Una bomba atomica è bella quanto un mandorlo in fiore.

La vita è questa ed è possibile accettarla.

 

Dopo la fogna cosa c’è nel tuo futuro?

Dopo la Fogna mi auguro di poter suonare sempre di più dal vivo.

Mi auguro ci saranno anche nuovi brani, nuove parole e nuova musica da comporre.

Fattitaliani

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