Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista al rapper Fracasso, al secolo Cristian Andrea Rado (clicca qui per accedere al suo profilo IG)
Ciao! Inizio col riportare una sua recente citazione e
cioè la frase di Nayt, che recita <<Non me ne fotte nulla dei temi di
attualità ché, se uno non decifra cos’ha dentro di sé, non saprà mai cosa c’è
fuori>>. Già in passato tu hai cantato infatti della tua solitudine, piuttosto
che di altri argomenti, dunque ti domando se il desiderio di colmare quello che
mi hai confidato essere un reale (e non soltanto percepito tale) vuoto a
livello di relazioni sia amicali che amorose ti ha fatto sfociare in qualche
tipo di dipendenza o no. “Ciao Giulia!
La solitudine è da molti anni che mi
accompagna ma, nonostante ciò, non sono mai caduto. Non sono oggetto di alcuna
dipendenza, non bevo neanche una goccia di alcool, non fumo e nemmeno mi sono
mai drogato. Tengo difatti tantissimo alla mia salute e non lascerò che la
solitudine sia una scusa valida per auto-distruggermi appunto con le mie stesse
mani”.
Immagino che tu sappia che vi è una solitudine negativa/”loneliness”
e una solitudine positiva e che quest’ultima è quella che può essere definita
come una momentanea necessità di silenzio, di pace e di ricerca di benessere. La
“solitude” è difatti volta ad alimentare e a favorire l’ascolto di se stessi e
ad accrescere la creatività, la fantasia e l’empatia… ebbene tale condizione che non è isolamento
e neppure è fuga da una realtà che si fatica a gestire, l’hai mai esperita? “Quanto abitavo con i miei genitori, essendoci sempre gente a casa, la
ricercavo io la solitudine... essa mi serviva e ne avevo bisogno per scrivere
le mie canzoni quindi, sì, la “solitude” l’ho sperimentata. Oggi, che invece vivo
da solo, la mia situazione è molto diversa da allora e mi trovo a dover fare i
conti con la “loneliness”. Ci sono giorni in cui fisso il soffitto e non perché
io sia depresso o altro, ma perché appunto non ho alcuna persona con cui
parlare… certo, è bello stare da soli ma se poi la solitudine diventa troppa e
costante non va più bene – il troppo stroppia, sempre, e ogni eccesso è
immancabilmente negativo”.
Pensi che sia davvero possibile o no il passaggio
dall’io al noi, ovvero credi che sia o che non sia un’utopia una comunità (comunità/cum-munus significa legge del dono
reciproco, tant’è che munus è appunto
il dono) in cui ciascuno lavora su se stesso in modo tale da divenire persone
altruiste, leali, autentiche, senza maschere? Detto in altri termini, hai idea
che si possa essere persone che sanno donare e ricevere felicità e tu in che
cosa identifichi proprio la felicità? “Nella società in cui viviamo attualmente,
non credo che sia possibile la realizzazione di una comunità in cui
ciascuno lavora su se stesso in modo tale da divenire persone altruiste, leali,
autentiche, senza maschere e non penso nemmeno che sia fattibile essere persone
che donano e parimenti ricevono felicità. Generalmente, pressoché tutti noi, siamo portati – per forza di cose –
a essere egoisti… il tempo a disposizione di ciascun essere umano è poco e la
maggior degli individui lo passa per lo più a lavorare per altre persone,
realizzando i sogni altrui, in cambio di due spicci (perché, senza dubbio, uno
stipendio serve ma 1000/1500€ al mese sono davvero pochi spicci oggigiorno). Da
ciò ne consegue che proprio il tempo e i mezzi dei quali la gente dispone per
aiutare gli altri, tuttavia anche semplicemente per se stessi, sono veramente
pochissimi. Io mi sento felice quando mi sento realizzato... cosa difficile,
questa, oggi come oggi – visto che, dopo la scuola, ci si ritrova sovente a
svolgere una professione che non piace e a sgobbare per poi venire sottopagati…
<<Ma, hey, dobbiamo accontentarci>> è quello che dicono i politici contemporanei”.
C’è chi sostiene che le pratiche generate dall’ego
portino alla guerra e all’odio, mentre quelle dell’anima conducano alla pace.
Orbene tu sei d’accordo col fatto che ognuno di noi dovrebbe donare al prossimo
se stesso e la propria autenticità, in quanto soltanto in questa maniera si
genera la felicità interiore, ricevendo conseguentemente in cambio la medesima
cosa?
“Sono d’accordissimo con quello che hai esposto qui sopra... se fai del
bene, avrai del bene e starai bene (soprattutto con te stesso)”.
Ritieni di essere un ragazzo spontaneo, generoso, aperto
mentalmente e curioso o come descrivesti la tua personalità? Che cosa, inoltre,
ti dà la sensazione di provare benessere psicologico (e in te lo genera
veramente) e cosa fai quotidianamente per cercare di non trascurare ma
piuttosto di potenziare la tua salute mentale e la qualità della tua vita? “Beh,
per cercare di non trascurare ma piuttosto di potenziare la mia salute
mentale e la qualità della mia vita,
vado in palestra e mangio sano e leggo tanto e cammino anche tanto. Mi ritengo
un ragazzo troppo spontaneo, curioso, intraprendente benché non eccessivamente sfacciato
e spesso molto autocritico e tendente alla tristezza. Mi basta poco e il mio
umore cala a picco, tuttavia la cosa bella di me è che riesco sempre a trovare
un motivo per ricominciare a sperare e per non demordere nel provare a realizzare
i miei obiettivi… ecco perché non sono mai davvero caduto in depressione,
nonostante la tristezza che mi accompagna quotidianamente (non so però per quanto
tempo ancora io possa andare avanti così, ho paura che cesserà – prima o poi – l’ottimismo
che mi ha fatto rialzare tante volte in passato e che pure nel presente mi continua
a far rialzare dopo ogni delusione)”.
Vi è qualcosa e/o qualcuno in particolare che hai
notato che ti crea disagio relazionale, affettivo, personale e sociale? “Mmm, che
io consciamente mi renda conto e sappia, non vi è alcuno che mi crei
disagio relazionale, affettivo, personale e sociale... più che altro, quando sono in gruppo, mi eclisso e non
socializzo (motivo, il tale, per cui ho veramente pochi amici)”.
Comunicare è quello che gli psicologi raccomandano
come fondamentale al raggiungimento del benessere individuale e collettivo,
pertanto ti chiedo se hai idea di essere una persona comunicativa in ogni (o
almeno in qualche) ambito e con qualsiasi soggetto tu ti trovi di fronte o se,
invece, vi sono delle caratteristiche altrui imprescindibili affinché tu riesca
e senta il piacere di mettere a fattore comune i tuoi pensieri e le tue
emozioni.
“Non sono, purtroppo, molto bravo a comunicare. Mi trovo, però, molto bene
con le persone chiuse come me… perché, anche se forse è un paradosso, riesco ad
aprirmi meglio con loro. Mi trovo cioè a mio agio quando sono insieme a chi è
simili a me, o comunque quando sono a tu per tu con una sola persona. Non piace,
ad esempio, uscire in gruppo o fare serata ma preferisco fare una passeggiata,
prendere un gelato e parlare (ché ciò mi basta e, anzi, fa sentire bene)”.
Infine condividi con noi qual è il pensiero che
oggigiorno ricorre più sovente alla tua mente e come lo affronti? “Il
mio pensiero fisso, che ultimamente mi accompagna sempre, è la solitudine. Mi
sento solo e quindi penso costantemente a cose del tipo se sarò senza alcuno
che condivida con me la vita per sempre, che cos’ho fatto di male per non avere
amici e nemmeno una fidanzata accanto, se la causa della mia solitudine sia o
non sia il mio aspetto estetico o se forse essa è dovuta al non sapermi comportare.
Purtroppo la solitudine, come ho già detto, è il mio problema principale. Anche
solamente quando esco di casa e vado a fare una passeggiata, vedo coppiette ovunque
e mi chiedo se pure io avrò mai una simile fortuna… oppure, quando vedo gruppi
di amici, mi chiedo se un giorno anch’io riuscirò ad avere una vita sociale
come la loro. Insomma, volente o nolente, nella mia testa passano costantemente
codesti suddetti interrogativi e più cresco e più mi sento solo. So di non
essere l’unico ad avere questo problema però nel mio caso, per via della mia musica
e del mio personaggio, è tutto acuito in quanto attiro tanta gente falsa e ciò mi
porta a chiudermi e a fidarmi sempre meno delle persone che mi circondano”.