Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista al M° Gaetano Guardino, del quale è possibile visionare il profilo Instagram cliccando qui. È possibile consultare invece il sito Internet sempre del suddetto session guitarist, live performer e producer cliccando sul link www.gaetanoguardino.com
Ciao Gaetano! Nella
nostra
prima
chiacchierata mi hai detto che avvicinarti alla musica e intraprendere in essa
il tuo percorso professionale è stato naturale per te, in quanto sei nato in una famiglia di
musicisti. Per quello che ti riguarda, il fatto che appunto la tua famiglia
abbia una storicità a livello artistico è stato motivo di incoraggiamento e una
sorta di aiuto nell’intraprendere con successo la tua strada oppure – in un
certo qual senso – hai sentito una specie di peso e timore di “non essere
all’altezza” delle aspettative e di ciò che loro hanno raggiunto [clicca
qui https://gaetanoguardino.com/]? “Buongiorno
Giulia! Sì, avvicinarmi alla
musica e intraprendere in essa il mio percorso professionale è stato naturale per me. Tutto ciò che ho fatto e tutto ciò che ho visto e che ho vissuto
sono stati fattori determinanti per la mia vita e per la mia professione… e rifarei ogni cosa. Ho
scelto appunto tutto io spontaneamente, nessuno mi ha mai indicato cosa fare
bensì ogni passo compiuto è stato per una mia volontà!”.
È
all’età di sei anni
che hai iniziato a studiare la chitarra classica sotto la guida di tuo padre e
anche il maestro Claudio Marcotulli ha funto da tua altra guida. Benché tu – da
piccolo – abbia
infatti provato ad approcciare a diversi strumenti musicali, è stata proprio la chitarra ad averti particolarmente colpito
e dunque ti chiedo come mai, per quale sua caratteristica e quali sensazioni
percepisci
in te nel suonarla. “Da piccolo, ho provato
diversi strumenti musicali ma la chitarra è stato quello che mi ha
particolarmente colpito, è stato amore a prima vista… mi ha infatti reso felice
fin dal primo giorno!”.
Tu
hai affermato di aver dedicato e di voler dedicare la tua vita alla
musica, nonché che sei molto determinato e quando decidi di fare una cosa cerchi
di portarla avanti nel migliore dei modi. Ebbene, secondo te, chi di
una passione ne fa il suo centro gravitazionale e la propria assoluta priorità
può instaurare soddisfacenti – da ambo le parti – relazioni amicali ma
soprattutto a livello amoroso? In caso di tua risposta affermativa, in base a
come sei tu, qual è il cosiddetto incastro adatto per un buon rapporto? “Credo proprio di sì, credo cioè che pure chi di una
passione ne fa il proprio centro gravitazionale e la propria assoluta priorità
possa instaurare soddisfacenti – da ambo le parti – relazioni sia amicali che a
livello amoroso. Certo, bisogna avere equilibrio e rispetto in tutto ciò che si
fa… ma se si è in grado di tenere a mente ciò e di concretizzare un tale comportamento
si riesce senz’altro, di conseguenza, ad avere anche un ottimo rapporto in amore”.
Tue
sono le parole: “Il pregio della musica è quello di far sentire e di far provare emozioni che
difficilmente si sentono in altri ambiti”. Quali sono le
emozioni a cui alludi (e non è forse, piuttosto, l’intensità d’esse ad essere
maggiore nell’arte e in compagnia dell’arte) e come mai ritieni che proprio
grazie alla musica si esperiscano emozioni inaccessibili tramite altra chiave? “Per me sentire per esempio l’anima di una qual certa musica,
di un qual certo periodo, di un qual certo musicista è una sensazione impagabile…
e, per quanto mi riguarda, non ho mai provato alcunché di simile in altri
contesti”.
Hai,
poi, aggiunto: “(…) Io, quando suono,
chiudo gli occhi e il resto è nelle mani di qualcosa di più grande”. Questo
qualcosa al quale fai riferimento in che cosa lo identifichi? Tu credi cioè nell’armonia delle sfere, detta anche musica
universale,
secondo cui l’universo è un enorme sistema di proporzioni numeriche o qual è – se ve n’è
una – la tua fede? “Io credo nell’armonia del mondo e dei suoni, cerco di capire la loro logica e di farmi
poi trasportare verso l’infinito…”.
So che – citandoti – sei dell’avviso che la grande
musica e le grandi melodie siano immortali e che, seppure cambiano le culture
così come le mode e gli usi, la gente non smetterà comunque mai di ascoltare
Wolfgang Amadeus Mozart e nemmeno Pëtr Il'ič Čajkovskij e Sergej Vasil'evič Rachmaninov
(…perché appunto la grande musica è come una grande scultura o un fantastico
dipinto, ossia ha consistenza in eterno). Mi sorge dunque spontaneo chiederti
quali sono quelle peculiarità che, dal tuo punto di vista, rendono immortale
un’opera d’arte e se c’è qualche nostro contemporaneo che immagini sia
destinato a giungere ai posteri. “Ho idea che per rendere immortale un’opera sia necessario essere
in primis un grande musicista e riuscire, subito dopo, a raccontare la propria
storia musicale con particolare sensibilità e trasporto. Per me, Ennio
Morricone è stato ed è un esempio del nostro tempo”.
Tua è altresì la dichiarazione: “Mi piace il sapore degli inizi, instabili eppure coraggiosi, quando le
aspettative non hanno ancora la presunzione di essere loro a comandare”. Sono
le aspettative oppure cosa vi è dietro ad esse (e che le muove) a fare loro da padrone,
ovvero più nello specifico quali sono tali attese egemoniche alle quali fai riferimento?
Secondo te, l’essere umano può e potrà mai agire davvero completamente
disinteressatamente e cioè senza che il suo fine ultimo sia una qual certa
utilità? “È chiaro che quando
si fa qualcosa, questo qualcosa è indirizzato a un fine ma deve comunque esserci
sempre sincerità d’animo e profondo rispetto nell’agire. Io, ad esempio, identifico la bellezza nella
semplicità e nella verità di ciò che si sta comunicando…”.
Alla luce di quello che hai condiviso finora, non mi stupisce affatto che tu abbia ammesso che
<<Riconosco l’amore dalla
purezza>> ma mi domando, tuttavia, se tale menzionato
sentimento non sia sintetizzabile nella felicità per Totò
[clicca qui https://youtu.be/azUZ1bYtpNE]... vale a
dire che sia fatto di attimi di dimenticanza – delle nostre delusioni
e della nostra rabbia – a favore di ciò e
di coloro che, nonostante non si abbia la sindrome della
crocerossina e nonostante non si sia neanche co-dipendenti in una relazione
tossica, pur non hanno fattori di pregio e
funzionalità in direzione della nostra soddisfazione. “Personalmente amo Totò
ma non sono molto d’accordo con lui per quello che concerne questo suo sopra ricordato
discorso sulla felicità (dall’intervista di Oriana Fallaci, 1963)... o, almeno per quello che mi riguarda, io cerco di
lasciare e vorrei per l’appunto lasciare le mie opere ai posteri tant’è che
spero che possano essere condivise, ascoltate e apprezzate altresì dalle generazioni
future”.
Citandoti nuovamente, hai sottolineato che <<La musica non è nelle note, la
musica è tra le note>>. Sei
o non sei del parere che, al di là del fatto che la soggettività sia il filtro usuale con cui le persone
comunemente si approcciano e cercano di decodificare la realtà circostante,
possa esistere un valido ed efficace metodo interpretativo in grado di evitare
critiche strumentali e distorsioni rispetto all’impianto strutturale di una
determinata opera e di dare ragione e mettere in
luce il significato autentico di ciascuna creazione artistica (significato talvolta rimasto
inconscio persino per l’artista medesimo). “Purtroppo, io penso che non esista un simile suddetto valido metodo… esiste
però la coscienza di chi espone il suo pensiero, credo sempre alla buona fede
altrui”.
Hai rivelato che l’istinto, unito a un pizzico di follia, sono
stati fondamentali nel tuo iter musicale. Ci racconti in che cosa
consiste e quali lineamenti ha la follia che hai sfoderato nel tuo percorso artistico? “Ricevere una
chiamata alle ore 22 ed accettare un
concerto che ha luogo l’indomani, credo che significhi essere un po' folli! Ma me
ne sono successe davvero tante di simili follie!!!”.
Dacché è il tuo curare molto i suoni ed è il tuo trovare le
soluzioni adatte al contesto musicale in cui ti trovi ciò che più viene apprezzato
da coloro con i quali collabori, ho una curiosità: pensi o no che l’essere
controtendenza rispetto a tutti e a tutto quello che nel presente piace maggiormente
possa essere penalizzante a livello di seguito e quindi nel riuscire a trovare
chi dia fiducia e investa professionalmente in un soggetto sui generis? “Sono del
parere che l’essere controtendenza vada pur bene, ma che si debba essere anche coscienti
del mondo in cui ci si trova e che sia opportuno dire sempre il proprio punto
di vista con intelligenza”.
Per
quali loro caratteristiche, in Italia, ti piacerebbe molto lavorare con Emma
Marrone e con Ultimo? “Immagino che mi troverei molto sia
nella musica che nel sound di entrambi i sopramenzionati artisti, ossia che vi
sia una mia possibile affinità musicale sia con Emma che con Ultimo”.
Hai spiegato che sicuramente – se dovessi partecipare a qualche
talent show – sarebbe sempre come chitarrista, come producer e come consulente
musicale. Quale opinione hai per l’appunto dei talent show? “Credo che i talent
show siano un ottimo mezzo di diffusione, ma che in essi si dovrebbe credere un
po' di più negli artisti e non guardare solo ai numeri”.
Non hai omesso che << Credo
che i social siano un bel mezzo, però
da utilizzare sempre con un certo equilibrio>>. A proposito proprio di social, alcune
persone sostengono che tanto di quello che in essi viene mostrato
è spesso solo apparenza
e – ammesso che ciò sia vero – perché si è arrivati a questa situazione di bluff generalizzato? “Da parte mia, non credo che i social siano solo
apparenza. Ognuno è libero di mostrare ciò che vuole, sta poi alla singola persona
capire chi seguire e chi invece no”.
Infine ci hai anticipato che ti aspetta un’estate intensa di concerti e di
produzioni per diversi artisti ma se, ipoteticamente, ti fosse concesso di
scegliere unicamente o studio o live su quale delle due opzioni ricadrebbe la
tua preferenza? “Live!”.