Debutta a Roma il 6 luglio al Teatro Marconi, nell’ambito del Marconi Teatro Festival, STORIA D’INCROCI E D’ANARCHIA, monologo scritto e interpretato da Veronica Milaneschi, con la regia di Patrizio Cigliano. L'autrice è ospite della rubrica Proscenio: l'intervista di Fattitaliani.
Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti...
Per un'autrice teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?
La frase di Caramagna è di valore sicuramente mai io non miro a tanto. Soprattutto non cerco di ottenere risposte ma solo e magari ci riuscissi, a ottenere delle nuove domande verso sé stessi per conoscersi meglio. Racconto una storia, racconto un essere umano e spero che nella mia sincerità di scrittura il pubblico trovi anche solo una delle proprie paturnie e caratteristiche. Altrimenti sto male solo io e non vale. Scherzo. Ride, ndr.
Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale...
In questo momento uno solo: La vita è un’affacciata di finestra.
L'ultimo spettacolo visto a teatro?
Uno spettacolo di flamenco danzato e ideato da Raffaella Martella, una ballerina di grande talento che si muoveva solo su suoni elettronici e che sentiva i suoi movimenti. Al Teatro Tor di Nona.
Bice valori e Paolo panelli, perché erano credibili in tutti i registri e avevano una tecnica è una simpatia umana incredibile. Poi Mariangela Melato con cui avrei tanto voluto recitare.
Queste domande da 10 milioni di dollari non hanno mai avuto risposta dentro di me. Dipende dal periodo della vita, dal momento storico. Non potrei mai andare su un‘isola deserta perché non saprei che libro portare con me. Da piccola quando si faceva il gioco della torre se buttare giù mamma o papà io non giocavo. Quindi la mia risposta è così. Oggi forse Pinter ma non potrei dire il testo, o Bennet o Cechov ma non sarei onesta.
La miglior critica è avere dei critici che vengano a teatro. Ormai è molto difficile trovare critici seri che vengano a recensire. Io ho iniziato alla fine degli anni 90 e ho visto un gran cambiamento in negativo. Quindi ben vengano i critici, poi ovvio la mia gioia e la verità sono le risate del pubblico.
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?
Che portasse a casa l’idea di essere un po’ più compassionevoli verso se stessi e gli altri.
LO SPETTACOLO
Siamo in una Roma contemporanea, dei nostri giorni, e una donna si arrabbia, contro se stessa, contro la sua famiglia e la società. Ma c’è un particolare: si sente un’erinni moderna chiamata dalle divinità più potenti dell’Olimpo per punire gli uomini per le loro nefandezze. Invece di andare in giro sul carro di Apollo, si muove con “Cesare Augusto” il suo motorino: “senza parabrezza, senza casco, senza freni...‘na pazza”.
È un grande circolo vizioso da cui la nostra eroina non uscirà mai. Con ironia e sincerità, attraverso mille dialetti e stili recitativi diversi si viene condotti per mano tra le strade più belle di Roma, dove molte cose ci sono ancora da scoprire. Dal Mosè Ridicolo, alla storia di Righetto, passando per casa di Nino Manfredi e Mastroianni, senza scordare Albertone, e poi la Roma razionalista, quella Umbertina, il quartiere Coppedè fino al Vaticano, e qui ci saranno delle sorprese.
La rabbia come motore pulsante di un essere umano che si specchia in una città che vorrebbe essere sempre più veloce ma che si trova bloccata nel traffico tra le macchine. E il traffico, gli incroci e le macchine sono proprio gli elementi con cui si gioca in questo spettacolo: spunti comici danno vita a momenti esilaranti e surreali. Una storia ambientata a Roma, ma che può essere immaginata in qualunque città d’Italia.
“STORIA D’INCROCI E D’ANARCHIE è uno spettacolo “da attrice”, su un testo esilarante, irriverente, ma anche cólto e pieno di riferimenti altissimi” annota il regista Patrizio Cigliano.
“Uno spettacolo dal ritmo vertiginoso, che solo un’attrice con una grande tecnica e una forte personalità, può affrontare, assecondando l’ironia, la provocazione, il paradosso, la veracità e la straordinaria comicità di un testo pieno di sfaccettature. Un riuscito “gioco” teatrale, perché questo è Teatro, e non Cabaret.”