Cinema, Franco Nero a Fattitaliani: l'attore deve essere misterioso. La tv? no, grazie. L'intervista

Fattitaliani

(trailer) Nelle sale da due giorni distribuito da L’Altrofilm, “L’uomo che disegnò Dio”, lungometraggio drammatico diretto da Franco Nero (foto di Riccardo Ghilardi). Il regista per la seconda volta dietro la macchina da presa, ricopre anche il ruolo di protagonista, interpretando un anziano insegnante di ritrattistica non vedente che riesce a realizzare i ritratti delle persone dopo averne ascoltato la voce. Fattitaliani lo ha intervistato.

Quando ha saputo della storia che ha ispirato il film, quale elemento ha ritenuto subito interessante dal punto di vista cinematografico?

La mia intenzione era quella di mettere a fuoco due cose. Il primo elemento è il mondo della cecità che mi è sempre interessato. Ho conosciuto diversi ciechi: ce n'era uno vicino casa a Londra che attraversava la strada normalmente, aspettando il semaforo senza l'ausilio di un bastone forse perché sentiva il rumore dei passi degli altri. I ciechi hanno una sensazione particolare. Il secondo elemento è la tv spazzatura, quella dei talk-show che si approfittano delle disgrazie altrui per fare audience. Guardi i migranti morti in Calabria: adesso tutti parlano, accusano, si reputano esperti. Anche nel mio film accade la stessa cosa: usano il cieco per fare ascolti.
Anche per questo frequenta poco la tv?

La televisione per me è niente, zero. In questo momento sto vedendo un incontro di tennis a Dubai. Vedo solo lo sport e qualche volta il telegiornale.
Le è arrivata qualche proposta di partecipare a un reality show? 
Sì. Ma neanche morto. Le racconto un episodio di diversi anni fa. Stavo girando in Belgio il film "Mineurs" che vuol dire sia minori che minatori. Stavo tutto il giorno giù in fondo alla miniera. Alla fine della giornata, a mezzanotte sul mio telefonino trovo molte chiamate da uno stesso numero, che a un certo momento richiama: mi avevano cercato tutto il giorno per propormi un reality show, e che avrebbero pagato tanti soldi. "Mi dispiace - ho risposto - ma io faccio un altro lavoro". Non ho nemmeno fatto uno spot pubblicitario in vita mia: forse sono l'unico in Europa a non averne fatti, come in America Redford e Nicholson. Ho sempre pensato che la gente deve sognare sullo schermo l'attore, come sognavo io da ragazzo andando a vedere i film di Brando, Newman, Cooper e Lancaster: non si sapeva nulla di loro. Adesso si sa tutto di tutti, l'attore invece deve essere misterioso.

Il riferimento ai soldi c'è anche nel film: personalmente, che rapporto ha e ha avuto con il denaro?
Non sono mai stato schiavo del soldo. Se lo fossi stato, avrei fatto altri film commerciali. L'anno scorso, dopo aver finito il mio film, ho accettato di fare il film "L'esorcista del Papa", con Russel Crowe: l'ho fatto volentieri. Mesi fa mi propongono un film da girare sulla costiera amalfitana con Denzel Washington dove c'erano molti soldi: ho visto il lavoro, non mi piaceva e ho detto di non essere interessato al ruolo. Invece, sono andato a fare un piccolissimo film di un esordiente, praticamente senza soldi, perché mi piaceva l'idea.
La prima scena del film inquadra una sveglia che suona alle 7 del mattino: Lei a che ora si sveglia solitamente?
Dipende. Quando giriamo mi sveglio molto presto; quando non ho appuntamenti particolari la mattina, dormo fino alle 8,30-9.
Dopo un po', si vede Lei allo specchio che si cura la barba: che rapporto ha avuto con la barba nel tempo?
Anni fa ho fatto molti film anche senza barba. Le racconto un aneddoto: mi avevano chiesto di interpretare "Il bandito dagli occhi azzurri" di Alfredo Giannetti, dove il protagonista di sera si vestiva di donna e quindi dovevo sbarbarmi. L'ho fatto ma mi sono sentito nudo, mi sentivo come una specie di un rospo, ero a disagio. Vado dal mio amico dermatologo Luciano Muscardin che mi ha consigliato di esporre la zona al sole e sudare molto. Non volevo dunque più fare il film, per fortuna Giannetti, grande sceneggiatore, lascia cadere il travestimento del personaggio e allora mi sono fatto ricrescere i baffi. Fino a quel momento, avevo fatto diversi lavori senza barba e baffi. Quando mi hanno chiesto di fare il papa, mi avevano chiesto di tagliarla e quindi avevo detto no, anche perché si trattava di un papa fittizio, non storicamente esistito. Tra l'altro, nel passato i papi avevano delle barbe che arrivavano fino a terra e proposi dunque di tingerla bianca: hanno accettato.
La retorica verso i disabili è un altro punto forte del film...
La verità è che molti sono superficiali: se ci si pensa un po' su, avere un handicap è una condizione, una cosa che accade e non voluta. Si tratta di mera ignoranza.

Sul set con attori internazionali come Spacey, Dunaway, Davi che atmosfera c'è stata?

Stupenda. Io ero molto stanco: fare la regia e il protagonista con 38° gradi e il cappotto è stato pesante, addirittura dentro al tendone ce n'erano 47; però, devo dire che è andato benissimo, sono stati professionisti e collaborativi. Kevin è stato di un'umiltà unica, Robert Davi mi adora: lui è un grande caratterista e anche cantante (interpreta tutte le canzoni di Sinatra), con Faye eravamo amici da anni.

Quando, infatti, con Faye Dunaway vi salutate nel film sembra proprio una rimpatriata fra amici...
Assolutamente vero.

Scegliere Kevin Spacey è stato abbastanza coraggioso...

Questo l'hanno detto un po' tutti qui in Italia. Kevin per me è il più grande attore americano di oggi: è stato praticamente radiato negli ultimi quattro anni; è vero, è un peccatore ma come tutti. Ha sbagliato sicuramente, però bisogna dare una seconda chance alle persone che sbagliano. Poi si è rivelato che ha vinto la causa perché il giovane si era inventato tutto.
La voce permette al protagonista di ritrarre le persone. Che rapporto ha con la voce, il suo strumento di lavoro?
A me non piace la mia voce, l'avrei voluta più pesante. Quando sento la voce baritonale di Crowe, l'avrei voluta come la sua. Io con la voce purtroppo ci litigo: da giovane mi hanno estratto le tonsille e quindi, ho le corde vocali delicate: molte volte ho abbassamenti. L'altro giorno, a causa di un clima umidissimo, la voce non mi usciva bene e dovevo fare un doppiaggio. 

Soddisfatto del risultato del film?

Ho fatto un grande sforzo al farlo e sono abbastanza soddisfatto: non lo si è mai completamente. Nel film do cinque messaggi al pubblico: il mondo della cecità, dell'immigrazione, la tv spazzatura, il razzismo e la solitudine della vecchiaia.
Come è cambiato nel tempo il rapporto fra le diverse generazioni?
Guardi, io sono nonno di cinque nipotini: li adoro e loro mi adorano. Abbiamo un bellissimo rapporto: io parlo per me stesso, sono fortunato perché effettivamente oggigiorno non c'è quello stesso rapporto di anni fa tra nonni e ragazzi in linea di massima. I ragazzi sono viziati, prima era un po' differente. Personalmente, mi ritengo molto fortunato. Giovanni Zambito.

IL FILM
Il film è stato interamente realizzato per 5 settimane a Torino, tra maggio e luglio 2021, con il contributo del POR FESR Piemonte 2014-2020 - Azione III.3c.1.2 - bando “Piemonte Film TV Fund e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.

Prodotto da Louis Nero per L’Altrofilm insieme al produttore americano Michael Tadross JR, Bernard Salzman e al russo Alexander Nistratov con le case di produzione Tadross Media Group e BullDog Brothers, in collaborazione con Rai Cinema ”L'uomo che disegnò Dio" - realizzato con il sostegno e il contributo del Ministero della Cultura – vanta nel cast principale Stefania RoccaWehazit Efrem AbrahamIsabel CiammaglichellaDiana Dell'Erba Vittorio Boscolo, nonché i Premi Oscar Kevin Spacey Faye Dunaway, insieme a Robert Davi e Massimo Ranieri.
Emanuele è un anziano, solitario e cieco, con un grande dono: la capacità di ritrarre chiunque semplicemente udendone la voce. Nessuno conosce questa "magia", tranne la sua assistente sociale Pola e gli studenti della scuola serale dove insegna ritrattistica a carboncino. La sua vita viene sconvolta quando Pola gli presenta due immigrate africane: Maria, una vedova che è venuta in Italia sperando in un futuro migliore, e sua figlia Iaia. Le due si trasferiscono da lui occupandosi in cambio della casa. Una sera, Iaia registra l’anziano mentre sta disegnando un suo ritratto e carica il video online. La "magia" diventa virale in brevissimo tempo. Emanuele viene notato dal “Talent Circus”, uno show televisivo che scopre straordinari talenti che sfrutta per audience. Una favola sulla necessità di riscoprire il miracoloso potere della dignità in un mondo dove il rumore dei media ha risolto il problema dell'imperfezione dell'uomo semplicemente eliminando il problema stesso.
Ispirato a una storia vera, il soggetto del film è di Eugenio Masciari e la sceneggiatura, a sei mani, è a cura dello stesso regista con Eugenio Masciari e Lorenzo De Luca.
Louis Nero, l’americano Zeno PisaniMichael TadrossBernard Salzman e Alexandre Nistatrov sono i produttori esecutivi.

 

Fattitaliani

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