Isabella Caracciolo, presentazione del romanzo "Chimere Nostre" alla Casa dell’Architettura di Roma

Fattitaliani



Mercoledì 15 febbraio alle ore 18.00, all’interno delle iniziative della rassegna “Incontri d’autore”, la Casa dell’Architettura di Roma ospiterà un incontro con Isabella Caracciolo per presentare il suo romanzo Chimere Nostre  (Merangoli editrice).

All’incontro interverranno Gioacchino De Chirico, giornalista e critico letterato mentre le letture saranno affidate alla voce dell’attore Alessandro Pala Griesche.
Il romanzo, fra teatro e psichiatria, ripercorre il viaggio nella psiche e nell’animo di Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura di Torquato Tasso al punto da identificarsi in lui in modo sempre più radicale e doloroso.

Alternando capitoli in prima persona, che scandagliano la vita dell’io narrante, a capitoli in cui la vita di Torquato viene “messa in scena” come un dramma teatrale, Filippo riflettere su se stesso e sulle ingannevoli chimere partorite dal disturbo bipolare che, per paradosso, ottenebra la mente anche per mezzo di una luce abbagliante e le cui vie si confondono, non di rado, con quelle del misticismo e dell’arte.

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Isabella Caracciolo nasce nel 1963 a Pisa e nel 1970 si trasferisce a Roma, dove si laurea in Letteratura Italiana con una Tesi su Tommaso Landolfi, scrittore, traduttore e glottoteta. Su Landolfi pubblica due saggi, il primo nella raccolta La liquida vertigine (2001), il secondo sulla rivista Paragone (agosto-dicembre 2007). Dal 2011 vive e lavora in Francia e nel 2013 pubblica la novella Ritratto a dispettoChimere nostre è il suo primo romanzo.
Chimere Nostre (dei Merangoli Editrice) è  il primo romanzo di Isabella Caracciolo: primo lavoro denso di una costruzione narrativa complessa e fluido di una scrittura ricca di colori che sa entrare nella parola e farne strumento potente del racconto di anime e di persone. Con l’ampia introduzione di Filippo La Porta e la postfazione di  Mario Del Villano, psicoterapeuta e psichiatra, Chimere Nostre ripercorre il viaggio nel profondo di Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura del Tasso al punto da identificarsene in modo sempre più radicale e doloroso. Il romanzo alterna così ai capitoli in prima persona che scandagliano la vita del protagonista, capitoli di un fantomatico dramma sulla vita del Torquato.
Dopo anni di studio “matto e disperatissimo”, Isabella Caracciolo ha in effetti ricostruito attraverso le lettere e le opere di Tasso stesso una sorta di racconto nel racconto: ne esce un dramma teatrale che ripercorre la vita di Torquato incastonato dentro un romanzo introspettivo che apre le porte ad una meditazione sulla vita e sulla morte. Ma soprattutto che apre una profonda riflessione emotiva sui confini fra normalità e follia, fra equilibrio, identità e malattia mentale.
Nel suo viaggio dentro l’anima e la vicenda di Tasso Filippo, infatti, finisce per fare i conti con la propria stessa malattia, lo stesso bipolarismo del padre, potentemente a specchio con la depressione maniacale di Torquato. Per arrivare ad intuire come la salute psichica sia un’esperienza più spirituale che intellettuale ed abbia a che fare prepotentemente con la ricerca del senso della vita.
Molteplici gli spunti filosofici e, più in generale, di pensiero che nel caldo scenario teatrale ritrovano un grande spessore umane e si salvano da un’astrattezza meccanica e pedante.
Come ci spiega giustamente La Porta nella sua prefazione: “Una vicenda di redenzione interiore che travasata in un saggio filosofico potrebbe apparirci un po’ meccanica e astratta, (...) proprio nel genere romanzesco ritrova il suo spessore esistenziale. Il romanziere, si sa, mostra le cose prima che dirle e teorizzarle. Così quell’incrociare vari generi (...) si ricompone quasi miracolosamente.” Nella convinzione che “La follia (...) ci schiude una verità ultima e nascosta delle cose, forse innominabile. Il punto è riuscire a “usare” questa verità – che può balenare all’improvviso mentre siamo saliti su una torre – senza però le conseguenze distruttive della follia stessa (...).”
E ancora: proprio grazie a questa abilità ermeneutica regalata dal romanzo, Chimere Nostre si fa anche potente strumento per la comprensione del disturbo bipolare della personalità che qui acquista la chiarezza e l’intuitività che viene proprio dal viaggio narrativo. Come dice Mario Del Villano nella postfazione “Non mi meraviglierei se Chimere nostre divenisse un testo di riferimento per sensibilizzare e psicoeducare tanto gli operatori che si stanno formando quanto i familiari e i pazienti, al fine di perseguire un trattamento ottimale di questa grave patologia. O perlomeno è quello che auguro all’autrice di tutto cuore.”.
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