L’album è nato proprio durante il primo lockdown ed è stato scritto a distanza attraverso una serie infinita di videochiamate e di scambi di preproduzioni che si sono poi concretizzate registrandole in studio dopo mesi d’attesa. Ne è uscito un disco dal suono sporco e graffiante, con una produzione volutamente più lo-fi rispetto al precedente “Addosso”, senza particolari sovraincisioni per un suono aderente alla resa live dei live. “Dimmi che va tutto bene” come il mantra urlato dai balconi e ripetuto ossessivamente alla ricerca di una serenità facile e istantanea, una serenità possibile ma mai così difficile da raggiungere davvero. Fra instabilità, incertezze e relazioni tossiche la band analizza ogni proprio rapporto senza autoindulgenza per capire cosa si è sbagliato e per tentare di salvare i legami che contano davvero.
“Tornare a casa”, l’incipit del disco, paradossalmente ne conclude la narrazione, in un lieto fine sudato e sofferto che ci permette di incontrare di nuovo gli altri senza paure. “Sottosopra” utilizza una citazione a Stranger Things per parlare del ghosting e dei luoghi bui in cui può catapultarci. “Distanti” è il lento romantico del disco fra costruzioni mentali, desideri nascosti e la nostalgia di quella volta in cui si è rimasti senza soldi per riparare l’auto rotta. “Frammenti” e “Un’altra volta”, più o meno centrali nella tracklist, sono il cuore della crisi e parlano rispettivamente di una persona spossata da una quotidianità senza affetto che arriva a volersi togliere la vita e della solitudine che si prova quando si è circondati da una folla ma manca l’unica persona che si attendeva. “Pigiama”, è un intermezzo acustico che didascalicamente parla di isolamenti (obbligati o autoindotti) che possono portare a stati depressivi e abbassa i toni per poi, in contrasto, concludere con l’impatto di “Chamel N.5” imponente strumentale post-rock con cui la band ci abbraccia e si congeda in un ultimo sfogo.
Foto di Paolo Lazzaroni