Una pagina del Fatto Quotidiano a lui dedicata in occasione dei 40 anni, quest’anno, dalla morte ha fatto richiamare alla memoria la figura di un personaggio italiano che parecchio ha contribuito alla cultura e alla civiltà del Paese e cioè a Mario Praz (1896-1982).
Ma Mario Praz va ricordato per l’apporto da lui dato all’arte europea,
grazie ai numerosi scritti e alla ricchissima collezione di antiquariato messa
assieme nel corso della esistenza. Quello che desidero portare all’attenzione
del lettore, oltre alle opere letterarie quali ‘La Casa della vita’, ‘La
filosofia dell’arredamento’, ‘Fiori freschi’,
è la collezione impostata in sessantanni di ricerca e di impegno e ora
proprietà dello Stato Italiano che meritoriamente evitò che andasse dispersa in
qualche vendita all’asta. Oggi questa collezione è diventata la Casa
Museo Mario Praz ed è visibile in Palazzo Primoli in Via Zanardelli,
affianco al Museo Napoleonico e alla Fondazione Primoli: è la sua lezione di
Storia dell’Arte. Sono in esposizione circa mille cento pezzi d’arte antica, in gran parte fine 1700
e inizi 1800, vale a dire il Neoclassicismo, lo stile Impero, lo stile
Biedermeier e lo stile Regency: sono oggetti della più grande varietà, avori,
porcellane, ceramiche, vasi, candelieri, ventagli, statuine, argenteria, libri
e stampe ed altro; una serie ricchissima di acquarelli e tempere e guazzi
selezionatissimi che illustrano scene di interni o di arredamenti o di riunioni
di persone; quadri ad olio di ritrattistica o di scene di genere o familiari;
mobili, specie piccoli mobili dell’epoca di grande varietà e qualità; e poi
tappezzerie, rari tappeti orientali, lampadari, librerie e una grande quantità
di libri. Immenso il suo impegno e la sua ricerca continua. Non si trattò
solamente di una caccia appassionata ma anche del successivo studio e esame
approfonditi degli oggetti rinvenuti e la loro inappuntabile catalogazione, un
contributo significativo all’arte specie decorativa. Le sue fonti di
approvviggionamento i grandi antiquari di Roma, Sestieri, i Di Castro,
Veneziani, Antonacci-Papadato, Lampronti, Canessa, alcuni ancora sul posto, e
il mercato europeo di Parigi, di Londra, di Vienna, di Monaco sistematicamente
frequentato e le grandi aste internazionali: una ricerca affannosa, il solo
obiettivo autentico della esistenza: anche l’oggetto più modesto doveva
rispondere a severi criteri di qualità e di rarità. La vita matrimoniale durò
pochi anni, quattro-cinque e poi per la gran parte assistito da una fedele
governante. Solo e felice pur se attento alle amicizie e ai rapporti, anche con
personalità importanti europee: il suo
appartamento, prima in un antico Palazzo in Via Giulia e poi dal 1969 a Palazzo
Primoli, era una meta permanente di visitatori: i tre registri delle visite
contano circa 4500 firme! Una intiera
pagina è occupata dalla firma della
regina Margaret d’Inghilterra, senza citare i grandi nomi della letteratura e
dell’accademia e del giornalismo che sarebbe troppo lungo elencare. Il vero e
autentico amore erano gli oggetti raccolti: il rapporto con la sua collezione
non era diverso da quello di ogni collezionista, ma per Mario Praz
rappresentava veramente tutto: ammirazione, studio approfondito, soprattutto…amore! Che io sappia solo un
grande cultore d’arte, John
Pope-Hennessy, espresse un medesimo concetto sbalorditivo, quasi
rivoluzionario sul valore e significato dell’arte, quasi analogo a questo di
Mario Praz: “…la certezza, il conforto nelle cose. Gli oggetti possono
deluderci a volte, gli uomini sempre… Gli oggetti….bisognerebbe… capire i loro
sorrisi, le loro lacrime , il loro silenzio, l’armonia dell’abbraccio che
mi protegge chiuso in questo regno fermo contro il mutamento!” L’opera d’arte al di sopra di tutto!
Nel contesto di tal mondo classico
non poteva trovare spazio l’espressione artistica della sua epoca cioè le varie
correnti che in quegli anni imperversavano in tutto il mondo e perciò ancora di
più il suo isolamento e motivato e sentito il rifugio nel suo mondo. La
farneticante e distruttiva cementificazione democristiana della Città Eterna in
quegli anni terribili incrementava il suo atteggiamento di repulsione. E in
questo contesto di modernità imperante affianco al mondo fermo e immobile di
Mario Praz, è intrigante rammentare che ad un certo momento nell’antico palazzo
il Professore cominciò ad incontrare per le scale truppe di personaggi i più strani e sconosciuti e poi rumori
assordanti e chiassosi: era avvenuto che all’ultimo piano, mille metri quadrati
di superficie circa, sovrastante il proprio appartamento, si era insediato il personaggio sicuramente più turbolento e
spettacoloso, anche oltre i confini nazionali, della Roma di quegli anni:
musica a tutto volume, due o tre apparecchi televisori continuamente accesi,
vociare, grida, gente di tutti i sessi che saliva e scendeva in continuazione,
addirittura il Professore, affranto, distingueva perfino il rumore di una bicicletta
che si spostava nell’appartamento! Si trattava di Mario Schifano, artista incredibile, creatore o tra i creatori
della pop art! Saranno necessari anni per conoscere e comprendere la sua vita e
la sua arte! Una esplosione umana. La maturità e sensibilità dei due erano
troppo elevate per non trovare la via della pacifica convivenza e perfino della
simpatia reciproca, cosa che avvenne. Dopo pochi anni Mario Schifano acquistò
un antico palazzo a Trastevere a Via delle Mantellate e lì si insediò fino alla
fine della propria esistenza.
La Galleria Naz. d’Arte Moderna di
Roma in una mostra del maggio-settembre
1987 espose al pubblico una selezione della collezione: ne raccomando il
catalogo relativo che consente, in aggiunta, di conseguire una visione più
completa del professore Mario Praz, oltre a una visita naturalmente alla Casa
Museo.
Michele
Santulli