di Francesca Ghezzani
Giornalista, content creator e scrittore, Fadi Musa è autore del libro I Signori di Whitechapel (Edizioni Mea), che ben si colloca tra il genere Giallo – Thriller e la Fiction storica.
Londra vittoriana,
anno 1888, una città in bilico tra luci e ombre, tra progresso economico e
arretratezza dei diritti sociali. Quali personaggi si contendono il malfamato quartiere?
I reietti, gli emarginati, i piccoli criminali che si muovono negli scuri
vicoli di Whitechapel. Sono loro i protagonisti della storia. Donne e uomini
che dalla nascita hanno dovuto lottare per sopravvivere, venendo a compromessi
con un ambiente marcio, corrotto e violento che li ha plasmati a sua immagine.
Quella che racconto è una lotta per la rivalsa. Gli ultimi che sgomitano per
prendersi quello che vogliono: una condizione di vita migliore. Unico problema
è che lo fanno nell’unico modo che conoscono: violenza, tradimenti e alleanze
di convenienza.
Ambizione, astuzia e orgoglio: sono questi i sentimenti che spingono all’azione?
La prima emozione che troviamo nel romanzo è la paura. Gli omicidi
compiuti dal famoso serial killer, Jack lo squartatore, sconvolgono l’ambiente
criminale. È la paura a muovere inizialmente le azioni di una delle
protagoniste, Miriam, una prostituta che cercherà di togliersi dalla strada per
evitare di rimanere vittima del famigerato assassino. Gli altri sentimenti
quali orgoglio, ingordigia, egoismo e ambizione vengono dopo, ma la prima è
quella primordiale: la paura della morte.
Come nasce la figura
di Miriam?
Quando ho iniziato a scrivere di Miriam sapevo solo fosse una giovane
prostituta che, partendo dal livello più basso della collettività, tenta la
scalata sociale per migliorare la sua condizione di vita. Poi, mentre scrivevo,
ho cominciato a conoscere meglio questo personaggio, aggiungendo particolari e
rendendola reale. È stato bello conoscerla e vivere con lei questa avventura.
Simpatizzi, in tua
onestà, per un personaggio in particolare?
Nel romanzo racconto una storia corale, con tanti personaggi, ognuno con
le sue peculiarità. Sono per lo più criminali e assassini, ma tutti hanno un
lato che li rende umani, anche
se in alcuni casi, questo lato, è molto nascosto. Non esistono persone
malvagie, ma solo persone. Tra i personaggi, oltre Miriam, vi sono altri due o
tre per i quali ho provato grande simpatia.
C’è un libro della grande letteratura inglese che, in qualche modo, ti ha ispirato?
Mi hanno ispirato i romanzi che offrono l’atmosfera di quei tempi. Dickens,
per esempio, ha portato fino a noi la Londra vittoriana, con i suoi fumi, la
sua foschia, i suoi odori e la sua miseria accostata alla ricca borghesia. Con
il romanzo ho voluto immergermi in quella città di tanti anni fa e Charles Dickens
mi ha dato una mano in questo.
Insomma, quali sono i
segreti per costruire una buona crime story?
Avere ben presente dove si vuole arrivare. Quando ho iniziato sapevo già quale sarebbe stato il finale. Mi sono preparato una scaletta, che, però, è saltata subito, ma sapendo dove volevo arrivare sono riuscito a non andare fuori strada. È facile perdersi quando si ha a che fare con molti personaggi dal temperamento e il carattere imprevedibile. E poi il segreto è divertirsi. Se riesci a divertirti mentre scrivi allora sarà molto più facile che si divertiranno anche i lettori.