«Papà, io non la capisco questa cosa dei posti dei maschi e i posti delle femmine - dice Viola -. Perché dobbiamo avere un posto? Non è più bello se tutti vanno dove vogliono?». «Ma tu puoi andare dove vuoi, Viola. Solo, devi mettere in conto che, a volte, qualcuno si sentirà in diritto di dirti che hai sbagliato strada. O che quel posto non ti spetta. Ma tu non glielo devi permettere mai».
«È la prima volta che scrivo un
libro per ragazzi e anche la prima volta che affronto una trasposizione
drammaturgica – spiega Matteo Bussola, veronese classe 1971 -. Ho accettato
questa sfida perchè al mio fianco c'era Paola Barbato, sceneggiatrice di
esperienza con cui ho già lavorato a riduzioni drammaturgiche cinematografiche.
Il linguaggio teatrale, però, è diverso, perchè bisogna tener conto di una
serie di elementi fisici che andranno in scena e dell'assenza del narratore
extradiegetico. Nel cinema non si lavora a camera fissa come in teatro, quindi
per me è stata un'esperienza istruttiva».
Protagonista della storia è
Viola, una bambina che gioca a calcio, sfreccia in monopattino e ama vestirsi
di Blu. Viola i colori li scrive tutti con la maiuscola, perché per lei sono
proprio come le persone: ciascuno è unico. Ma non tutti sono d’accordo con
lei, specialmente gli adulti. Tanti pensano che esistano cose “da maschi” e
cose “da femmine”, ma Viola questo fatto non l’ha mai capito bene. Così un
giorno decide di chiedere al suo papà, che di lavoro fa il pittore e di colori
se ne intende. È maggio, un venerdì pomeriggio, il cielo è azzurrissimo e
macchiato di nuvole bianche, il papà è in giardino che cura le genziane. Le
genziane hanno un nome da femmine, eppure fanno i fiori Blu. Però ai fiori,
per fortuna, nessuno dice niente.
«Nascere in un corpo maschile o
femminile non implica che sia tracciato un solco da cui non si può uscire e che
sia già indicata la strada di interessi, hobby e passioni – precisa Paola
Barbato -. Basta guardare il percorso di Giorgio Misini», primo campione d'Europa
con l'oro conquistato nel solo tecnico maschile del nuoto
sincronizzato. «Sarebbe il momento di superare le ghettizzazioni di genere e
guardare oltre». Riguardo alla forma, «nel testo teatrale di “Viola e il
blu”, abbiamo fatto un lavoro accurato sulle simbologie- continua Barbato -,
perchè a teatro non è solo sufficiente dire una cosa, piuttosto è necessario
trovare un escamotage affinché il pubblico riesca a vederla, oltre che
sentirla. Abbiamo ridistribuito il contenuto in termini di tempi e di spazi,
ragionato sulla funzionalità degli oggetti di scena e sulla cromaticità. È
stato un grande gioco di equilibrismo».
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