di Francesca Ghezzani
Pietro d’Abano è un genio avvolto
nel mistero. Uno di quei pionieri della scienza, quando ancora si chiamava
magia, che propiziarono l’uscita dal Medioevo e l’avvento del Rinascimento. A
lungo perseguitato dall’Inquisizione, che ben tre volte cercò di condannarlo al
rogo come eretico e negromante, in un’epoca in cui il solo viaggiare era un
azzardo dopo l’adolescenza tra Abano e Padova fuggì a Costantinopoli, dove
imparò le lingue e le arti mediche, quindi visse dieci anni nella nuova
capitale d’Europa, Parigi, da insegnante alla Sorbona, e infine tornò a Padova,
dove diede inizio alla sua famosa scuola medica, prima di sparire letteralmente
dalla faccia della terra.
A parlarcene sono le pagine di “Mago bianco – Vite e segreti
di Pietro d’Abano medico ed eretico”, il nuovo libro dello scrittore e
giornalista Roberto Zucchi pubblicato con Il Prato Edizioni.
Un romanzo su Pietro
d’Abano, perché?
Mi ha sempre appassionato la
storia della scienza, particolarmente se legata al nostro territorio. Quella
storia impressa sulle pietre che calpestiamo senza avere la consapevolezza dei
geni che l’hanno fatto prima di noi. In questo senso Padova, la mia città, è
ricca di testimonianze eccellenti, grazie al polo di attrazione costituito
dalla sua università, nata ottocento anni fa e tra le più antiche del mondo. Il
mio primo romanzo, “Siderea Crimina” era infatti un giallo storico con protagonista
Galileo Galilei nel suo periodo padovano. Così, quando mi sono imbattuto in
un’altra gloria locale ascrivibile al filone pre-scientifico, Pietro d’Abano,
ho deciso che la sua incredibile vicenda non poteva non essere raccontata.
Altri naturalmente lo hanno fatto, ma soprattutto con saggi. Che, basandosi
sulla scarsa documentazione biografica (non esiste neppure un vero ritratto
suo), lasciavano aperti moltissimi interrogativi sulla dimensione umana. Ecco,
io ho cercato di risolverli. È stato come ricostruire un puzzle da mille pezzi
avendone cento: gli altri ho dovuto crearli, attingendo sia alla storia che al
mito.
Veniamo al titolo.
Perché “Mago bianco”?
Così Pietro stesso definisce il
medico. Distinguendo tra la magia bianca, vale a dire dedicarsi alla cura degli
altri usando le risorse della natura (il suo motto era “In natura
naturaliter”), e la negromanzia, che ricorre al soprannaturale per danneggiare
qualcuno o fare i propri interessi.
Ma nel libro anche
Pietro ricorre alla magia nera...
Solo in circostanze particolari,
e se ne pentirà. Del resto, la società medievale era permeata dalla
superstizione e dall’occultismo, che fosse trarre presagi dal volo degli
uccelli o evocare demoni durante un sabba. Una leggenda dice inoltre che Pietro
a Costantinopoli sia stato iniziato alle arti oscure da una negromante. Uno
spunto che non potevo trascurare...
Era anche un
astrologo?
Allora astrologia e astronomia
erano quasi la stessa cosa, e quindi sì. Ma anche qui in modo
“pre-scientifico”. Seguace di Tolomeo, studiato a Costantinopoli, ritiene il
moto degli astri definito da leggi matematiche e quindi perfetto, decisivo
nell’influenzare il destino di ogni cosa: persone, città, nazioni, perfino la
nascita delle religioni. Lo scrive nell’altro suo libro più famoso, il
“Lucidator”, dove intende “far luce” su queste conoscenze. Ufficialmente negò
di compiere oroscopi, ma non è credibile, dati i tempi. Del resto, lui stesso
disse che la filosofia l’aveva reso saggio, la medicina ricco e l’astrologia...
falso.
In chiusura: alla
fine l’hanno portato sul rogo... o no?
Si sa che per tre volte
l’Inquisizione l’ha messo sotto accusa per eresia e negromanzia. A Parigi, dove
pare gli abbiano contestato 55 capi d’accusa, se la sarebbe cavata grazie ad
appoggi politici. Poi a Padova, due volte, quando era già avanti con gli anni.
Ma se la prima denuncia, opera di alcuni medici concorrenti, è subito sfumata
per l’intervento a difesa di Pietro delle autorità comunali, l’ultima, a
sentire gli Inquisitori, è terminata con l’esecuzione della condanna capitale.
Però circolano anche altre versioni: che sia morto per malattia e ne siano
state bruciate le ossa, che sia stato arso in effige e, perfino, che possa
essere sfuggito al rogo con uno stratagemma. Io fornisco la mia soluzione dell’enigma.
Naturalmente romanzesca.