Kínema, Cinzia Bomoll a Fattitaliani: ne "La California il pubblico può ritrovare la provincia della propria anima". Il ricordo di Piera Degli Esposti. L'intervista

Fattitaliani

(trailer) La parola Cinema deriva dal greco antico κίνημα, -τος "movimento": Da qui il nome di una nuova rubrica - Kínema - dedicata ai registi cinematografici. A inaugurarla la regista Cinzia Bomoll, il cui film "La California" sarà presentato nella sezione Freestyle alla 17a edizione della Festa del Cinema di Roma domani 18 ottobre. Il film, scritto dalla regista con Piera Degli Esposti e Christian Poli, è una coproduzione Italia-Cile prodotta da Cinzia Bomoll per Amarcord (Italia) e Karina Jury per 17 Producciones (Cile), con la produzione esecutiva di Simone Bachini e Mario Chemello per Apapaja, realizzata con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso la Emilia-Romagna Film Commission, Ibermedia, Tax Credit Mic. L'intervista di Fattitaliani.

Quali pensieri, emozioni e preoccupazioni accompagnano ogni volta il primo giorno delle riprese?

L’emozione più grande è veder realizzarsi in concreto ciò che per mesi si è solo pensato e scritto.

La fantasia diventa realtà. E questo è ciò che rende il cinema magico.

Le preoccupazioni sono tante: “riuscirò a fare tutto in tempo? Riuscirò a fare tutto bene?” Si sa che l’organizzatore sta sempre lì col cronometro… e invece il regista vorrebbe avere tutto il tempo di cui ha bisogno per avere soprattutto dagli attori il cosiddetto ciak migliore!

Ecco perché quando gli attori sono bravi tutto gira al meglio, ed ecco perché la fase del casting è fondamentale. 

E se piove? E se si scardina il piano di lavoro e i giorni slitteranno? Queste sono le ansie più grandi insieme a quella costante del: riuscirò ad esprimere insieme alla troupe e agli attori e attrici ciò che voglio davvero? Premetto che questo al 100% purtroppo non avviene quasi mai. Gli imprevisti sono sempre troppi su un set. Posso affermare che ciò che il pubblico vede in sala non è quasi mai ciò che il regista aveva in testa davvero. Ma si cerca di dare il meglio, ci si prova, si lotta ogni minuto per tutti i mesi della realizzazione di un film. Serve il pelo sullo stomaco, ad essere registi. Anche perché è colui che si prende sempre le colpe di tutto, anche quando non le ha. Ma fa parte del gioco, in questo mestiere.

Quanto di inizialmente concepito e organizzato a livello di regia cambia durante la lavorazione? 

Come dicevo: tanto. Specie in un film indipendente che cerca di orchestrare il tutto con budget spesso limitanti. Un esempio per quel che riguarda il mio film: scene che sono state riscritte la sera prima perché altre scene non sono riuscita a farle come da copione, per questione di tempo o problemi subentrati all'ultimo. Io ho girato anche sei, sette scene in otto ore. Per fortuna ho fatto tanta tv "in esterna” e “in diretta” e questo mi ha insegnato a improvvisare. Perciò si improvvisa anche su un set cinematografico. Tutto ciò te lo ritrovi poi al montaggio, quando ormai “quel che è fatto è fatto" e cerchi di ragionare sulla coerenza della trama del film che era stata scritta. Allo stesso tempo un “montaggio virtuale” ho dovuto farlo durante le riprese. Ad esempio, nel mio caso, girando in novembre col clima “ballerino”, dove erano previste scene in esterno, è stata dura. A volte ho trasposto scene in interno ovviamente cambiando le dinamiche della scena. O quando mi sono resa conto che certi dialoghi diventavano troppo lunghi perché interpretati dagli attori in un'altra maniera da quella che avevo ipotizzato in scrittura. Lì non si può che, purtroppo, tagliare e cambiare in corsa i dialoghi. A scapito del film, ovvio. Ma io non sono quel tipo di regista che si sente di fare film di due ore e mezza. Perlomeno con questo film.

"La California" ha una cifra in cui pubblico e addetti ai lavori possono riconoscere la sua personale impronta?

Il pubblico può ritrovare in questo film la provincia anche della propria anima. E’ un noir che parla del doppio che è in ognuno di noi, inconscio o no che sia, e allo stesso tempo si svolge all’interno di una coralità di insieme, dove ci si rapporta con le persone che abbiamo attorno, come succede nei paesi o nei quartieri delle grandi città. Gli addetti ai lavori posso cogliere le dimensioni di esperimento corale, dove ognuno ha dato il meglio: parlo della fotografia del film, della bravissima Maura Morales Bergmann che trovo sublime, per cui c’è stata una ricerca di mesi; parlo delle musiche che sono state sentite e vissute dalla musicista Silvia Leonetti in contemporanea con la visione delle scene mentre giravamo; parlo dell’ unione e dello spirito di solidarietà che c’è stato per tutta la troupe. Una delle migliori soddisfazioni per me è stato quando a termine riprese mi hanno detto quasi tutti i componenti che questo set sarebbe loro mancato, perché sono stati bene, si sono divertiti anche e hanno trovato un clima piacevole, molto raro, a detta loro.


C'è nel film una scena, un dialogo, una battuta che potrebbe racchiudere e sintetizzare il senso de "La California"?

Una battuta della voce narrante di Piera Degli Esposti: “Lo so che si qui da qualche parte e hai bisogno di me. Hai bisogno di battaglie. Proprio che ho fatto io. La California è fatta così".

Di solito sul set che rapporto intrattiene con gli attori e l'intera équipe?

Cerco di creare come una grande famiglia perché so che è importante per il bene di tutti e di conseguenza del film che ci siano delle buone empatie e sinergie.

Cerco di placare il nervosismo che si può creare in certi momenti. Io stessa cerco di rimanere abbastanza tranquilla. So che arrabbiarmi comporterebbe anche la fatica di poi dover riportare tutto alla normalità. Una troupe stressata lavora male e poi sinceramente penso sempre che non me l’ha ordinato il dottore di fare film, ma è una mia scelta, perciò non ha troppo senso trattare un film come una malattia. Deve essere un piacere, innanzitutto. E io sono contenta quando la gente attorno a me è serena, non repressa o schiacciata dall’ansia da prestazione.

Se dovesse pensare al suo percorso e fissarne un momento particolare come in una dettagliata inquadratura, quale momento della sua carriera sceglierebbe?

Esterno giorno. Deserto Del Mojave, California.

Certe scelte affettive mi avevano portato laggiù.  

Avevo deciso di non fare più cinema, ma fare un figlio e dedicarmi solo alla scrittura di narrativa, il mio primo amore.

Un giorno mi imbatto in un set cinematografico, per caso.

Lo guardo da fuori, tenendomi a distanza, con finta indifferenza.

Mi sale il magone in gola, poi mi viene da piangere.

E’ lì che ho capito d'essere bigama e che potevo amare sia la narrativa che il cinema, non per forza scegliere uno dei due. E decisi di tornare a provare a fare un film.

Vuole condividere con noi un ricordo di Piera Degli Esposti legato alla scrittura del film?

Io e Piera (Degli Esposti) una sera al Gianicolo.

In silenzio guardiamo Roma dall’alto e respiriamo un po' d’aria fresca.

All’improvviso lei sussurra ironicamente:

- Guarda, non c’è poi tanta differenza dalle nostre distese di grano. C’è solo qualche monumento in più.

Ridiamo.

- Si, e anche le cose che succedono li sotto, sono sempre le stesse.

- Già, e anche tutto è già stato raccontato dai tempi delle tragedie greche. Ma poi dipende sempre da come le racconti tu, le cose…

Giovanni Zambito


CINZIA BOMOLL - REGISTA

Bolognese, a 17 anni comincia a realizzare cortometraggi come filmmaker scrivendo, dirigendo, montando e producendo film a basso budget. Si laurea in Filmologia a Bologna, si trasferisce poi a Roma dove frequenta il corso Script RAI e dove lavora come regista televisiva per Rai, Mediaset e La 7. Nel 2007 scrive, dirige e produce il suo primo lungometraggio per la tv Il segreto di Rahil, che narra le vicende della giovanissima figlia di un terrorista iracheno. Premio UNICEF, distribuito dalla Vanguard in Usa e Canada, poi acquisito da Netflix USA e ora da Amazon Prime. Nel 2011 firma la regia del lungometraggio per le sale italiane Balla con noi - Let’s dance, scritto da Massimiliano Bruno e Pier Paolo Piciarelli e prodotto da Rai Cinema e Aurora Film, distribuito in 13 paesi. Anche scrittrice, esordisce giovanissima nel 1998 nell’antologia “Quello che ho da dirvi” di Einaudi - Stile Libero. Suoi i romanzi: “Lei che nelle foto non sorrideva” (Fazi, 2006 - Ianieri 2019), “Sessantanove” (Fazi, 2011), “Cuori a spigoli” (Ianieri, 2019), “La ragazza che non c’era” (Ponte Alle Grazie, 2022).

Nel 2019 vince il bando Mibact sviluppo Italia-Tunisia con il soggetto drama Urla Mute. Nel 2020 vince il Premio Solinas Italia-Spagna, con il soggetto per film horror Heste Hombre, in sviluppo con la Spagna e lo sceneggiatore di horror Daniele Cosci. Nel 2020 vince il bando Mibact sviluppo Italia-Cile con il soggetto Chi ha ucciso Lumi Videla, ispirato alla vera storia della rivoluzionaria cilena, acquisito da Madeleine Film. Grazie a questo film conosce la produttrice cilena Karina Yury. Da questo incontro e dall’amicizia nata con l’attrice Piera Degli Esposti nasce nel 2021 il progetto de La California, di cui è anche co-produttrice, selezionato per la Sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma 2022 e che uscirà nelle sale il 10 novembre 2022 distribuito da Officine UBU.

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