Der Rosenkavalier alla Monnaie di Bruxelles: La fragilità e la sostanza dell'effimero. La recensione di Fattitaliani

Fattitaliani



Richard Strauss attraverso le sue composizioni riesce a esprimere un mondo armonioso per mezzo del quale - grazie a un equilibrio fra le voci e l'orchestra - riesce a toccare le corde intime di chi le ascolta. È quello che fedelmente riproduce il Maestro Alan Altinoglu nel dirigere "Der Rosenkavalier" alla Monnaie di Bruxelles. Nella sua direzione era ben "visibile" un arco che dalle sue mani passando per i musicisti arrivava agli artisti, che a loro volta erano tenuti insieme e accordati dalla regia di Damiano Michieletto (intervista di Fattitaliani).Non si tratta di un'operazione semplicemente estetica o tecnica: in ballo ci sono i sentimenti umani, la condizione precaria e caduca della nostra natura, con la presenza palpabile e continua della nostalgia, che ci costringe a relativizzare tutto, arreca dolore e ci invita a fare i conti con il presente, il passato e quel che resta del futuro.
Gioventù e maturità, vita e rimpianti, nobiltà e bassezza: alla fine è questione di punti di vista e prospettiva. Ecco quindi la scelta di far iniziare la rappresentazione con un nano che tiene in mano una palla di vetro con la neve dentro: è una sorta di strumento attraverso cui guardare con certo distacco gli eventi che si snocciolano. In parallelo, anche lo specchio svolge la stessa funzione: invita a prendere coscienza di sé, del tempo che vola, della consapevolezza che certe fasi sono destinate a finire.

Per questo nella Fürstin Werdenberg (JULIA KLEITER) non possiamo non riconoscerci e ne arriviamo a condividere ansie, desideri, paure. Nel lasciare dolorosamente andare il suo Octavian (JULIE BOULIANNE), trasmette tutto quel turbinio di sentimenti che ci accompagna quando dobbiamo porre fine a un periodo, alla gioventù, alla vita stessa. Non senza traumi. Siamo tutti con lei quando s'interroga su come sia stato possibile farsi sfuggire il tempo fra le mani se si rimane -illusoriamente- sempre gli stessi. 

In fondo, la consapevolezza fa il suo percorso e ti consuma: la Marescialla si accorge quasi di repentino di sembrare più vecchia, prova nostalgia per la neve dell'anno passato, avverte la debolezza di ogni cosa effimera. 

Michieletto ha ricostruito tutto questo insieme di sentimenti attraverso l'insistente presenza del bianco, dei fiocchi, dei palloncini, dell'effetto tridimensionale -spaziale e temporale- di due spazi, l'uno il riflesso o il ricordo o la continuazione dell'altro. 

L'opera è comunque narrazione: fra una riflessione e l'altra, vediamo l'atteggiamento buffo e cafone del Barone Ochs auf Lerchenau (MARTIN WINKLER), delle chiacchiere sul suo passato rappresentato da tanti uccelli neri, della sua promessa sposa Sophie (LIV REDPATH).

Un'opera lunga circa quattro ore, da gustare e sentire in tutta la sua pienezza visiva e acustica, grazie anche alla scenografia di Paolo Fantin, ai costumi di Agostino Cavalca e la drammaturgia di Elisa Zaninotto. Un'ottima squadra capitanata da Damiano Michieletto.
Da notare un breve, intenso cameo: JUAN FRANCISCO GATELL interpreta l'aria in italiano "Di rigori armato". Da brividi, commovente. 
Giovanni Zambito.

Fattitaliani

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