La vera e propria depredazione e spoliazione dei beni
artistici italiani, principalmente e soprattutto degli archeologici, è una
realtà che non si immagina nelle sue
cifre e nei suoi traffici: qualche
milione di pezzi, senza tema di esagerare, miliardi di valore! Pochi anni addietro in Svizzera, noto centro di smistamento di arte antica
italiana, furono scoperti alcuni
operatori che disponevano di decine di depositi colmi di oggetti di scavo italiani importati clandestinamente!
A fondamento e alla base di tale commercio artistico, a parte il profitto, vi è il gusto
estetico, il godimento del compratore a possedere certi oggetti per suo
piacere, la molla autentica essendo sempre
il proprio appagamento: le altre motivazioni che pur si contano, quali
speculazione, investimento e analoghi o anche la provenienza, sono marginali
rispetto all’amore per l’arte. Altra spinta all’interesse sempre vivo è la
continua ricerca di oggetti particolari
da parte di musei e gallerie.
Il furto delle opere d’arte è una piaga in tutte le antiche
civiltà: in Egitto, in Cina, in India, nel Vicino Oriente, in Grecia…in Italia
certamente molto più che altrove a seguito della sua ricchezza e soprattutto
del lungo periodo di circa duemilacinquecento anni e a seguito della varietà e
tipicità degli oggetti: in effetti nessuna civiltà evidenzia tale ricchezza e tale varietà: l’Italia, malgrado tale
terribile situazione, è ancora tutto un museo, a cielo aperto e sottoterra,
una ricchezza smisurata ed eccezionale, anche di
enorme valore commerciale, in molta
parte già dilapidata, alla presenza di scarsa, quasi irrilevante, attenzione da
parte delle istituzioni e quindi valorizzazione e cura: incredibile che possa sembrare, non si
legge mai, per esempio, la notizia che qualcuno di quei tombaroli o trafficanti
o ladri, presi sul fatto, sia andato in prigione!
E quindi avviene che visitando le gallerie e i musei del
pianeta ci si rende conto che in gran parte di essi la presenza di opere
italiane è quasi sempre predominante: quadri antichi, sculture medievali e
rinascimentali, archeologia, oggetti etruschi, oggetti di arredamento e tanto
altro….Senza citare le collezioni private, ancora più numerose.
E per tornare ai secoli passati a parte gli oggetti acquistati dai collezionisti reali stessi
come Francesco I di Francia, Carlo I e Carlo II di Inghilterra, Caterina di
Russia e da tanti altri privati
amatori…in verità parallelamente ha avuto luogo
una autentica spoliazione, fuori di qualsivoglia controllo: i più avidi
compratori furono gli Inglesi, nel 1700 i padroni del pianeta, ai quali
fondamentalmente interessava l’oggetto e non la provenienza o altro. Entrando
per esempio nel British Museum di Londra, attivo già dal 1753, si riesce ad
avere una idea della immensa ricchezza accumulata e di quella italiana in special
modo: migliaia di pezzi! In occasione del famoso Grand Tour cioè del movimento
turistico e culturale che contrassegnò
l’Europa nel corso del 1700 del quale la
meta privilegiata e ricercata era l’Italia, basti pensare che a quest’epoca a Roma
i ricchi turisti inglesi rinvennero una
vera e propria organizzazione commerciale ntesa a reperire e a commercializzare opere d’arte soprattutto archeologiche. Si
immagini la situazione logistica di quei tempi eppure, per esempio, questi
operatori riuscirono ad ottenere, a
favore del loro commercio, che il corriere postale a dorso di cavallo
impiegasse solamente dodici giorni per arrivare a Londra da Roma, a
quell’epoca un grande successo, considerata la distanza di circa 1800 Km. I referenti romani erano due artisti e allo
stesso tempo commercianti, i quali curavano
direttamente gli scavi archeologici e
poi le opere più significative, anche grandi sculture in marmo, le spedivano ai
clienti inglesi. Migliaia e migliaia, come detto, le opere fatte uscire dal
solo Stato della Chiesa nel corso del
1700 e negli anni gli aristocratici
inglesi riempirono le loro sfarzose magioni di opere d’arte italiane. Un altro
importante artista-mercante che pure in quegli anni favorì questo ricco
commercio estero fu Giovani Battista
Piranesi. Naturalmente i compratori erano anche in altre città europee
ma la massima parte era anglosassone. A
Firenze, città particolarmente amata dagli Inglesi, erano presenti anche qui
mediatori e mercanti specializzati alle
opere pittoriche e scultoree dei grandi
maestri fiorentini e all’arredamento. Un altro
referente era presente a Venezia, un diplomatico, che fece incetta della
quasi totale produzione delle opere del Canaletto (1697-1768) e di decine e
decine di opere degli artisti veneti. Anche a Napoli era presente un diplomatico
inglese, William Hamilton
(1730-1803), cultore d’arte e studioso, autore di alcune pubblicazioni
che hanno fatto epoca. In quegli anni Pompei cominciava a venir dissepolta e
naturalmente sensibile l’interesse di Lord Hamilton che mise assieme una notevole
collezione di vasi etruschi e
greci scavati a Pompei, centinaia, che ebbe cura in parte di descrivere e pubblicare e poi rivendere
tutti al British Museum e ad altri privati collezionisti in Inghilterra.
Continueremo in prosieguo con altri due interventi sul
colossale saccheggio, a informazione per alcuni e a aspro rimbrotto per i
responsabili impuniti.
Michele
Santulli