Una suggestiva unione tra il filo, che disegna nell’aria questi elementi naturali e gli spazi suggestivi dell’atelier, che si trasformano nella sua pagina, bidimensionale e tridimensionale allo stesso tempo, offrendo una libertà progettuale e interpretativa che innesca una riflessione sulla caducità del mondo naturale: alcune piante sono infatti a rischio estinzione, altre ancora sono state chimicamente sostituite.
“L’installazione di Marina Gasparini pone il visitatore di fronte a un processo estremamente complesso che parte dall’agricoltura, attraversa tutte le fasi della lavorazione della materia, poi la creazione artistica, il commercio, infine la salvaguardia, la conoscenza, l’educazione” prosegue Pierini.
“L' idea di un disegno tracciato nell’ aria, come una tela di ragno sospesa tra due rami o come la scia di un aereo, di un ricamo sfuggito alla tela o di un tatuaggio senza corpo, sta a monte di una lunga ricerca di Marina Gasparini. […] Riuscire a inamidare un disegno per farlo divenire un’esile ma tenace scultura, equivale a scommettere sull’eliminazione di ogni residuale dipendenza dal proprio segno da un supporto, una vocazione di leggerezza e insieme una affermazione di fulgida resistenza” - afferma Massimo Pulini, Docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna.