Luca Masala: la poesia, inseparabile compagna. L'intervista esclusiva di Fattitaliani

Luca Masala, scrittore e artista poliedrico, nasce a Cagliari nel 1970. “Dappertutto stando fermi” è il nuovo libro di poesie pubblicato da L'Erudita. L’opera, per quanto contenga decine di brani editi e inediti, può essere considerata un corpus unico, quasi un lungometraggio cinematografico dall’intensità crescente, un vero e proprio reportage storico per raccontare la storia dell’uomo moderno nel suo eterno cercare sé stesso, in un mondo, quello attuale e sempre meno nostro, così difficile da comprendere e da vivere.

Ciao Luca. Prima di tutto, cos’è per te la poesia?

Non trovo mai semplice racchiudere questo genere letterario in una sola definizione. Negli ultimi anni della mia vita, direi che la poesia è stata quasi un’inseparabile compagna che mi ha portato a percorrere, in totale solitudine, i sentieri inesplorati dell’anima. Mi è anche capitato più volte di paragonarla a una roccaforte inespugnabile, i cui alti portoni si aprono di rado e soltanto ai cuori più sensibili. Le emozioni generate dal susseguirsi delle parole utilizzate nella costruzione metodica dei versi non sono altro che un effetto collaterale della lettura poetica, un po’ come succede per l’arte in senso stretto o per la musica. E il bello è che questi effetti possono essere differenti in ciascuno di noi, proprio nel rispetto di quella diversità che, per forza di cose, ci contraddistingue.

Come è nato “Dappertutto stando fermi” edito da L'Erudita?

“Dappertutto stando fermi” raccoglie tutte le poesie da me scritte in quasi quindici anni di attività creativa. Il libro contiene anche alcuni inediti, non solo per differenziarlo dal mio precedente lavoro che non ha potuto godere di un’ampia diffusione per svariati motivi (in particolare, perché penalizzato dal periodo critico che abbiamo vissuto negli ultimi anni), quanto per dare una rinnovata e più completa prospettiva della mia poetica sia ai vecchi che ai nuovi possibili lettori. Ho sempre sentito forte l’esigenza di raccontare la realtà dei nostri anni, visti attraverso uno sguardo disincantato, fatalmente malinconico e amaro, passando attraverso storie e anime del nostro e del tempo andato, ma con il cuore rivolto al migliore dei futuri possibile. Ho cercato di mettere insieme come una specie di reportage fotografico interiore, in cui la mia vita e quella del mondo si mescolano senza soluzione di continuità. Nonostante un’apparente frammentarietà di contenuto, “Dappertutto stando fermi” può essere letto come un “romanzo in versi” in cui il protagonista diventa proprio chi legge, ovunque si trovi, nell’iconica posizione da seduti che contraddistingue chi nella lettura ritrova anche una sorta di via stabile di fuga dalla frenesia del quotidiano, una sorta di apologia della “staticità dinamica”, una definizione che, a livello mentale, caratterizza ogni essere umano. L’idea che sottende ai testi è proprio quella di dare ai lettori l’opportunità di riflettere la propria esistenza come in uno specchio non deformante, ma rivelatore. Considerato che, come diceva Flaiano in uno dei suoi famosi aforismi “nulla è dovuto al poeta durante il recapito”, sarebbe bello se la mia poesia suscitasse delle vere emozioni nei lettori più sensibili. Si trova proprio qui il senso più puro della mia scrittura e di questo libro che oggi è in mano a chi che potrà deliberatamente scegliere di amarlo o di rigettarlo.

Cosa rappresenta la copertina del libro?

Le copertine sono importanti, perché di solito hanno il compito di accogliere il lettore per raccontargli graficamente il mood che si troverà ad affrontare una volta aperto il libro. Se può sembrare più facile per un romanzo (e non lo è!), è senz’altro difficile per una raccolta poetica. Per evitare di condizionare il lettore, avrei dovuto fare come la Einaudi ha fatto con “Il giovane Holden” di Salinger e lasciare soltanto il titolo su sfondo bianco, senza neppure le note biografiche. Il fatto è che ho adorato la copertina di “Dappertutto stando fermi” fin dal primo momento in cui l’ho vista, i suoi colori, l’ambientazione grafica semplice e morbida. Così diversa da quella di “Ubiqua”, decisamente più forte nei toni e nella simbologia. Inoltre, il concept di fondo fa virare questo mio ultimo lavoro verso toni decisamente più ottimistici, catturando con un solo sguardo d’insieme i temi portanti dell’opera. Il che non è poco. Ringrazio ancora lo studio grafico della mia casa editrice per avermela proposta.

Quanto è necessaria la poesia al mondo, al giorno d’oggi?

Potrebbe sembrare banale affermare che un mondo senza poesia o senza musica sarebbe molto più povero e “mancante” della sua essenza più profonda. D’altro canto, conosco molte persone, totalmente prese dall’abbraccio soffocante della quotidianità, che riescono a sopravvivere anche senza leggere poesia o ascoltare musica, se non in maniera occasionale. È pur vero che la poesia non cerca seguaci, ma cerca amanti, come diceva Garcia Lorca. Sono le poesie a dover raggiungere il cuore del lettore, non il contrario. Pensiamo anche all’espressionismo o all’astrattismo nell’arte. La vera domanda è: esistono ancora lettori in grado di accogliere la poesia? Nonostante tutto, sono convinto di sì.

Ci sono altri progetti in cantiere?

Quasi in contemporanea con la pubblicazione di “Dappertutto stando fermi”, ho debuttato nella narrativa con un racconto contenuto nell’antologia “Cagliaritani per sempre” (il volume, edito da Edizioni della Sera, è in libreria da questo mese, n.d.r.), nella quale, insieme ad altri tredici autori locali e non solo, provo a rendere omaggio alla città di Cagliari in un’opera rivolta non solo ai lettori sardi, ma a tutti coloro che amano lasciarsi emozionare dalla buona scrittura. Inoltre, sono al lavoro sul mio primo romanzo del quale non posso svelare molto, se non che racconterà una storia che tratta un tema tristemente attuale e che spero lasci un segno indelebile nel cuore dei lettori.

Per chiudere l’intervista, ci regali qualche tuo verso amato estratto da “Dappertutto stando fermi”.

Condivido con voi un breve componimento a cui sono particolarmente legato e che si intitola “Questo mio tempo”, con l’augurio di una vita piena di poesia e di buone letture:

“Struggersi e distruggersi: odio questo tempo

cui appartiene la mia anima troppo piena d’amore

per rassegnarsi.


In fondo l'abbraccio (questo chiasmo costante) deve pur interrompersi

per consentire all’aria di penetrarci gli occhi.


Viviamo come prigionieri

nel flusso incoerente della memoria. Ricordati di dimenticare.”



Fattitaliani

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