Libia, Mohammed Alnaas vincitore del più importante premio sulla lingua araba: il mio libro si interroga sull’identità del Paese

Fattitaliani



"La letteratura può aiutare i libici a capire meglio chi sono e il complesso periodo storico che stanno attraversando. Non è detto che unisca, perché non necessariamente lo fa, ma può contribuire a creare un campo per dialogare". Lo scrittore Mohammed Alnaas, nato 31 anni fa a Tripoli dove ancora risiede, lo dice all'agenzia Dire parlando del suo ultimo romanzo 'Bread on the Table of Uncle Milad', vincitore del più importante premio letterario in lingua araba al mondo, l'International Prize for Arabic Fiction (Ipaf). Alnaas è il primo autore libico e il più giovane ad aggiudicarsi il riconoscimento, istituito nel 2008 dalla Emirates Foundation e amministrato dalla Booker Prize Foundation. Il riconoscimento assegna al vincitore 50mila dollari e la traduzione dell'opera in lingua inglese.

"Devo ancora ben realizzare di aver vinto questo premio", premette Alnaas. L'autore prosegue: "Penso che il fatto che uno scrittore libico si sia aggiudicato l'Ipaf rappresenti un'occasione per i miei colleghi e fratelli. Quarant'anni di dittatura e dieci di guerra civile infatti hanno messo ai margini la voce degli autori libici". Il riferimento è prima al governo del colonnello Muammar Gheddafi, salito al potere con la "rivoluzione verde" del 1969, e poi alla guerra civile che è seguita alla caduta del "Rais" nel 2011. Il conflitto, costituito per la maggior parte della sua durata da un confronto fra due governi rivali, uno di base a Tripoli e uno a Tobruk, nella regione orientale della Cirenaica, è proseguito ad alta intensità fino al marzo 2021, quando un governo di transizione unificato è stato istituito nell'ambito del Forum di dialogo politico libico (Pldf) realizzato sotto l'egida delle Nazioni Unite.
Alnaas ha scritto buona parte del suo libro proprio durante una delle fasi più violente della guerra: l'attacco non riuscito alla capitale condotto fra aprile 2019 e giugno 2020 dagli uomini agli ordini del generale Khalifa Haftar, milizia alleata dell'esecutivo di Tobruk, che non era riconosciuto dalla comunità internazionale.
 
La guerra nel romanzo non entra direttamente, visto che "è ambientato nel 2010, l'ultimo anno della dittatura di Gheddafi", ma Alnaas crede comunque che "gli scrittori libici dovrebbero raccontare quello che è successo durante il conflitto. Io- continua il romanziere- ne ho parlato in un mio racconto breve, partendo dalla scomparsa di una statua italiana che si trovava nel centro di Tripoli, la Gazzella. L'ho fatta assurgere a simbolo della guerra".
Il romanzo che si è aggiudicato l'Ifap, edito dalla casa editrice libica Rashm e pubblicato con la collaborazione della Libyan Arete Foundation, prende invece le mosse da un detto tipico libico, spiega l'autore. "Da noi si dice, 'una famiglia e lo zio è Milad', un proverbio ancora usato da alcuni per indicare quelle donne che non rispettano le consuetudini della società libica, che non indossano il velo o che lavorano anche se la famiglia non vuole". Da lì l'idea: "Ho immaginato di ricostruire
la storia di questo Milad e ne ho tratto una riflessione sul concetto di mascolinità e virilità nella Libia di oggi: tutto inizia quando al protagonista viene fatto notare che non si comporta come ci aspetterebbe da a un uomo, perché non controlla la moglie e la sorella come dovrebbe".
La traiettoria di vita del personaggio passa però "per un'infanzia trascorsa con quattro sorelle, con cui interagiva molto e chi si prendevano cura di lui", e, una volta adulto, "per un costante tentativo di capire qual è l'ideale libico di virilità. Ciò porta Milad persino ad arruolarsi nell'esercito, che però- anticipa l'autore- non si rivela una soluzione".
Foto da Facebook

Una Libia che si interroga sulla sua identità quindi, come è giusto che succeda in un romanzo. "Non è detto che la letteratura unisca, anzi, può essere uno strumento di divisione come lo sono stati il cinema e la musica in questi anni", dice l'autore mentre la Libia attraversa una nuova fase di tensioni fra est e ovest del Paese, fra sedi del potere tripolino e cirenaico.
"Quello che invece può fare la scrittura per la Libia, è aiutare i suoi abitanti a capire chi sono e creare un campo per il dialogo". Non da ultimo, "può aiutare i libici a scrivere una storia alternativa a quella raccontata dai media, che si focalizza solo guerre e fazioni".
Fonte «Agenzia DIRE»
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