Teatro, Vinicio Argirò: lavorare con i giganti è una vera e propria scuola di formazione. L'intervista di Fattitaliani

Fattitaliani



Il male assoluto, un delitto efferato ai limiti della comprensione e della possibilità umana: è il nucleo narrativo della tragedia di Seneca "Tieste" in scena fino al 29 maggio al Teatro Arcobaleno di Roma con un eccelso Giuseppe Pambieri nei panni del crudele Atreo (intervista di Fattitaliani). Nel ruolo del figlio maggiore c'è un giovane attore, Vinicio Argirò: bravissimo, regge la scena con naturalezza e professionalità. Fattitaliani lo ha intervistato.

Assistere a uno spettacolo con dei giganti sulla scena è già un'esperienza unica. Che si prova ad averli accanto come colleghi? 

Sicuramente a livello di formazione è la cosa migliore che ti possa capitare, è una scuola vera e propria che ti permette nell’atto pratico di acquisire ed apprendere i segreti di questo mestiere da chi l’ha reso grande. Ovviamente per me è anche un’emozione fortissima trovarmi a recitare con loro, Pambieri ad esempio lo vedo in teatro da quando sono bambino e stare con lui sul palco adesso da colleghi è un onore e anche un onere importante.


Il tuo personaggio non è proprio fortunato. Come ti sei preparato a interpretarlo, a entrarci dentro? 
Sarò sincero: Tantalo, il mio personaggio, all’inizio non lo comprendevo molto, soprattutto per la sua ingenuità, poi ho cominciato a studiarlo meglio e a trovare caratteristiche comuni con me e ho iniziato a lavorarci con un atteggiamento diverso per capire che la sua giovinezza dirompente e la sua ambizione lo rendono cieco in realtà e non gli permettono di vedere il tradimento dello zio Atreo, ma la sua volontà di uscire e di liberarsi dalla sua condizione povera, eremitica e di vagabondaggio è fortissima a tal punto che riesce a convincere suo padre Tieste ad accettare il potere di suo fratello. Nonostante il suo essere giustificatamente dubbioso, anche il padre quindi si fa condizionare dal forte desiderio di rivalsa del figlio, quindi in un certo senso è proprio Tantalo a condannare tutta la stirpe di Tieste, lui compreso.

Avevi già una familiarità con Seneca e Tieste? 

Avendo frequentato il liceo classico, Seneca ha fatto sicuramente parte del mio percorso formativo sia per quanto riguarda la sua filosofia sia per i suoi testi teatrali, a livello di studio ci siamo soffermati a scuola su testi specifici soprattutto per andare a tradurli come “De brevitate vitae”, “De vita beata” e “De tranquillitate animi”. Nello studio delle tragedie purtroppo non siamo mai andati a fondo, c’è stato uno sguardo rapido delle più importanti come “Le Troiane”, “Le Fenice”, “Medea” ed “Edipo”. Ad esempio, per quanto riguarda il “Tieste” c’è stato solo uno studio sommario e non approfondito sulla trama, probabilmente perché non è la tragedia più famosa, ma è assolutamente interessante forse anche più di altre nonostante sia poco conosciuta e merita di essere rappresentata. Per la conoscenza profonda di questa tragedia dunque devo ringraziare soprattutto la possibilità di aver fatto questo spettacolo piuttosto che le mie nozioni scolastiche.

con Sergio Basile

Come nasce in te il desiderio di recitare? Il tuo esordio è stato quando? 

Sono figlio d’arte e sicuramente questo aiuta è da quando sono bambino che sento mio padre preparare spettacoli e quindi anche inconsciamente si viene condizionati. Credo di aver deciso di fare l’attore quando a 5/6 anni guardavo film come “Troy” e il “Signore degli anelli” ed ero talmente affascinato dalle scenografie, dai costumi e dalla dimensione atemporale della situazione che volevo esserci anche io lì a fare la mia parte, in tutti i sensi, ogni volta ero immerso e in balia di sensazioni nuove, la magia del cinema mi ha totalmente sedotto e mi seduce tutt’ora, non solo a livello attoriale, ma anche registico. Il mio esordio è stato all'età di 9 anni al Teatro Sistina dove ho partecipato al musical “Prove Generali” scritto da Fabio Frizzi, anche se il mio debutto reale come professionista è stato nel 2019 quando ho interpretato Peter Van Daan nel “Diario di Anne Frank” diretto da Carlo Emilio Lerici al Teatro Belli di Roma.

Che gusti teatrali hai personalmente? 

A livello teatrale sicuramente preferisco la drammaturgia moderna perché ovviamente la sento più vicina alle mie esperienze di vita e secondo me anche a livello di linguaggio e di comunicazione arriva più diretta allo spettatore perché molto spesso nei testi moderni vengono toccate tematiche che ci riguardano in prima persona sia da un punto di vista umano che politico e sociale. Basti pensare a “Un nemico del popolo” di Ibsen, a “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller o a “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams, che ricalcano molto bene i drammi quotidiani dei nostri tempi. 

Meglio il teatro o il cinema? 

Il cinema per me è l’apice di tutto, è assolutamente l’arte più completa in tutte le sue sfaccettature, c'è il gusto dell’immagine, del colore, della visione, della finzione che è sempre al limite con il sembrare realtà, della colonna sonora musicale scritta appositamente per accompagnare e ricalcare l’anima di una rappresentazione specifica e di un viaggio visivo e in quest’insieme di completezza di suoni e immagini c’è anche spazio per la recitazione e per l’interpretazione attoriale. Quindi per me il cinema vince su tutto anche sul teatro, perché la ricerca della verità e dell’avvicinarsi il più possibile alla realtà è senza precedenti.

con Gianluigi Fogacci

E le serie?

Da cinefilo non posso amare molto le serie perché il piccolo schermo e il format della sinteticità stanno abbassando la soglia dell’attenzione del pubblico e allontanando le persone dal piacere di vedere un film al cinema, è una comunicazione pericolosa quella delle serie perché indubbiamente anche il livello registico e attoriale molto spesso è più basso rispetto a quello di un film. Questo va ad abbassare anche il gusto del pubblico e la frammentazione in episodi brevi va ad annullare il fascino del cinema in quanto cerchio unico di una narrazione che si conclude in un tempo determinato di qualche ora senza aver bisogno di allungare il brodo per stagioni infinite costellate da particolari inutili. Il problema è che le serie ora come ora sono fruibili da chiunque e rappresentano il gusto popolare della massa, perché sono intuitive, basta un clic sulla televisione e sono alla portata di tutti, perché andare in sala quando ho il televisore a casa? Questo sta diventando il problema anche per il teatro che insieme al cinema si stanno evolvendo in forme d’arte sempre più elitarie.


La tua vita da giovane è un po' sacrificata a causa della recitazione?
 

Sicuramente per recitare ho dovuto e devo rinunciare a tante cose, dalle uscite alle partite, ovviamente i miei fine settimana per forza di cose sono diversi da quelli degli altri ragazzi e non nascondo che a volte mi pesa non potermi vivere la normalità, sfrutto infatti i momenti di pausa dal lavoro per godermi tutte quelle piccole cose che poi tornato in scena mi mancheranno. Del resto, se si vuole arrivare a un livello sempre più alto bisogna essere disposti a sacrificarsi e a faticare: questo è il prezzo da pagare per non avere rimpianti di non aver fatto abbastanza dopo e io rimpianti non ne voglio avere.

La tua famiglia pensa a un altro futuro professionale per te o è contenta così e ti appoggia? 

La mia famiglia è contenta, soprattutto mio padre facendo lo stesso mestiere e lavorando anche insieme adesso. Anche mia madre mi sostiene molto ed è felice del mio percorso, nonostante voglia che continui a studiare e che mi laurei. Ovviamente è un futuro incerto e questo lo sanno anche loro, magari non lo fanno vedere, ma in piccola parte li preoccupa ed è una cosa che posso assolutamente comprendere visto che preoccupa anche me, ma onestamente non voglio fare nient’altro che non sia un mestiere artistico nella vita.

con Giuseppe Pambieri e Gianluigi Fogacci

Prossimi progetti?

Un progetto futuro sarà la “Rudens” di Plauto che andrà in scena quest’estate, sono anni che non lavoravo a un testo comico e sono entusiasta di cominciare; oltre a questo tanti progetti di cinema in stand by per cui sto aspettando un verdetto, quindi staremo a vedere. In più io ho un mio progetto di musica rap a cui tengo tantissimo e a breve usciranno brani nuovi accompagnati da video musicali di cui io ho curato anche la regia. Giovanni Zambito.

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