di Francesca Ghezzani - Dopo
il primo libro Rêverie di una vita in
terza persona uscito lo scorso anno, la scrittrice Costanza Marana è
tornata sul panorama editoriale con Il
crepuscolo del sogno, pubblicato nuovamente dall’Erudita Editore.
Ad
Arles, “ove Rodano stagna”, cellula, esistente e allo stesso tempo immaginaria,
dell’iter narrativo, si compone il selciato percorso da Aurelian. La sua
esistenza si rivela nel contesto familiare, in quello sentimentale e nei
rapporti d’amicizia. Lo scenario è mobile: una piattaforma onirica; la Camargue
immersa in una nuvola rosa di fenicotteri; una locanda-teatro in cui si
rappresenta il paradosso della vita.
Nel contesto narrativo organico, reale e immaginario si compenetrano in uno stilema quotidiano che associa e rimanda a riferimenti culturali, letterari e artistici, immergendo i vari personaggi nell’eterogeneità delle vicissitudini.
Costanza, parlaci di te...
Due
parole mi descrivono: tensione e memoria. Sono laureata in storia medievale e
moderna e credo che la memoria e la consapevolezza siano fondamentali per la
formazione di una coscienza critica. Credo fermamente nella compenetrazione tra
storia e letteratura, senza mistificazione. La tensione è il mio principio
vitale e il mio monito nello scrivere. Tendere sempre a. Ricercare la bellezza
e l’infinito in alcuni attimi, aprendo un costante dialogo interiore,
nell’abbandono a un mondo onirico e fantastico.
Che cosa rappresenta per te questo
secondo libro dal titolo Il crepuscolo
del sogno?
“Il
crepuscolo del sogno” è sicuramente coerente con l’idea di letteratura che
desidero proporre. Continuità in un forte credo nella letteratura senza
compromessi. Siamo umanisti e romantici, senza contestualizzazione. Apparteniamo
a un continuum senza essere autoreferenziali e tutto il nostro apparato emotivo
ha in seno e nuce tutto l’universo classico nelle sue declinazioni e sfumature.
La nostra sensibilità di fronte a un crepuscolo che fa mutare il nostro umore confondendosi
con il passaggio della luce incerta soffusa è senza tempo. “Il crepuscolo del
sogno” vive in quell’interstizio che c’è tra il reale e l’immaginario e crea un
non luogo dell’anima senza tempo.
Noti che ci sia stata una evoluzione
interiore e anche a livello stilistico tra la prima e questa opera?
“Il
crepuscolo del sogno” serba lo stesso stile poetico e intenso del primo libro
“Rêverie di una vita in terza persona”. Periodi che profondono in un linguaggio
metaforico, in descrizioni di particolari, in corredi simbolici e riferimenti
culturali-artistici. Ne “Il crepuscolo del sogno” è molto più sviluppato il percorso
narrativo con molti personaggi, vicende, luoghi e sensazioni. Sempre sulla
soglia del reale incedendo nell’universo onirico.
Ti riporto un passo del
tuo libro, a pagina 35, che mi ha invitato a riflettere: “A volte la
contraddizione dell’esistenza spinge chi si sacrifica al sublime a condannarsi
alla meschinità”. Spiegaci meglio.
L’esistenza
è piena di contraddizioni e spesso i nostri comportamenti non seguono una
ratio. In questo particolare frangente, che si riferisce alla storia di
Aurelian con Ambre, sottolineo come la pretesa di una vita desiderata,
sublimata, porti a ricercare la felicità nell’impossibile e a una sorta di
condanna di cadere poi nell’esatto opposto, ovvero la meschinità. Spesso si
agisce anche per inerzia, come in uno stato latente nella vita reale poiché
troppo si concede all’altra vita immaginata che ricerca il sublime.
La preghiera e la fede che ruolo hanno
in questo romanzo?
Il
romanzo è pervaso da una aura di misticismo. Una “religione dell’infinito” come
un credo laico che investe nel diritto di natura. La fede nella bellezza, nel
Creato, in quei momenti insulari che appartengono all’individualismo.
Conformità al prossimo, perbenismo e
omologazione sono concetti che emergono dalla lettura. Che messaggio volevi
dare?
Penso
che la letteratura sia un credo senza compromessi e non amo la retorica
contemporanea che a volte la avvolge. Non può esistere l’omologazione nello
stile, nei contenuti, nel pensiero e nell’arte. La creatività è il vettore del
pensiero di cui fa parte anche l’astrazione, l’immaginazione. L’originalità è
un valore importante come lo è l’estrosità. È necessario coltivare un proprio
gusto individuale differente da altri. La differenza arricchisce non
impoverisce.
Infine, qual è l’approccio esistenziale
che, a tuo avviso, chi ti legge coglie da queste pagine?
L’incanto e il disincanto. E questa è la vita. È il regime degli opposti, dall’ombra nasce la luce, dalle atmosfere grigie nasce il desiderio. È reazione e tensione. Dal reale nasce l’immaginario e dall’immaginario nasce il reale. Convivono le sfumature. Penso che il lettore colga la sensibilità dei tanti personaggi nel loro urto con la contingenza e possano ritrovarsi nel dettato esistenziale di molte vicende narrate. Tutti noi ricerchiamo un piccolo angolo di poesia e bellezza che ci affranchi dal peso della coscienza e dalle difficoltà.