Stimolazione Magnetica Transcranica: contro alcol, droghe e neuro-covid, riaccendere il cervello funziona

Fattitaliani

 


“Sono almeno quattro gli effetti benefici che la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) ha sul cervello: chimico; di plasticità cerebrale; antinfiammatorio; ossigenativo. E proprio la combinazione di questi quattro effetti è il motivo per cui la TMS funziona anche quando i farmaci sembrano non funzionare più. La stimolazione magnetica transcranica offre risposte terapeutiche lì dove la medicina non ha ancora risposte farmacologiche”. Antonello Bonci, fondatore del Global Institute on Addiction di Miami e direttore scientifico di Brain & Care Group, lo ha spiegato nell’ambito del corso ECM (residenziale e live streaming) ‘L’approccio clinico integrato e la rTMS in ambito neurologico e psichiatrico’ promosso da LetscomE3 in collaborazione con Brain & Care Group.
“La TMS è una tecnica conosciuta e usata dal 1985- ha evidenziato Bonci- abbiamo quindi ben 37 anni di dati, informazioni ed evidenze che raccontano quanto possa essere efficace nell’aiutare le persone che soffrono di depressione resistente, di ansia o di dipendenze come, ad esempio, quella da cocaina, da gioco d’azzardo o da alcol”.
 
Come agisce. “Il primo effetto della TMS è di tipo chimico- spiega il fondatore del GIA entrando nel dettaglio- ossia di rilascio di sostanze importanti per il nostro cervello: la stimolazione sulla corteccia cerebrale attraverso questa macchina, che non è invasiva ma che tocca solamente il cuoio capelluto- precisa Bonci- produce il rilascio di sostanze chimiche come dopamina e serotonina che aiutano, ad esempio, a combattere la voglia di assumere alcol o droghe che si ha in questo tipo di dipendenze”. Poi c’è un effetto di plasticità cerebrale. “Dati che vengono da studi realizzati in Israele dimostrano che la TMS produce una plasticità sinaptica, ossia delle nuove connessioni tra cellule cerebrali, e questo- precisa Bonci- ha implicazioni importanti non solo perché crea delle nuove memorie cellulari, quindi rimuove i vecchi comportamenti patologici, ma anche perché crea delle nuove connessioni nel cervello che vengono scritte sopra le vecchie abitudini patologiche”. Recentemente è venuto fuori anche un effetto antinfiammatorio. “Ci sono dati che dimostrano come alcune molecole chiamate interleuchine che si producono durante i processi infiammatori, sia cerebrali che fisici, diminuiscano in seguito a Stimolazione Magnetica Transcranica”, evidenzia il fondatore GIA. Infine, c’è il quarto effetto: l’aumento della circolazione sanguigna e, quindi, dell’ossigenazione cerebrale. “E’ un effetto importante perché sappiamo che quando aumentiamo il contenuto di ossigeno poi abbiamo una maggior produzione di energia nel cervello, ma- evidenzia Bonci- ci sono anche effetti più profondi e più importanti come, ad esempio, quelli a livello dei mitocondri, i polmoncini che abbiamo all’interno delle cellule cerebrali”.
 
Come funziona sulle dipendenze. “In questo tipo di problemi la TMS è centrata sulla parte frontale del cervello, la corteccia cerebrale, ossia quella parte che prende le decisioni. Quello che succede nelle dipendenze, infatti- spiega Bonci- è che l’attività del cervello viene alterata ossia si spengono alcune parti della corteccia cerebrale che prende le decisioni e se ne accendono altre che rispondono agli stimoli come può essere ad esempio quello di un cartellone pubblicitario. La stimolazione magnetica transcranica riequilibra l’attività elettrica del cervello e riaccende quelle aree che le dipendenze avevano spento, in sostanza riabbassa l’attività eccessiva delle aree del cervello che sono troppo sensibili allo stimolo. La TMS, quindi, restituisce al paziente la capacità di decidere per se stesso, per quello che è meglio per lui e non per quello che la dipendenza gli fa credere sia meglio. Dà nuovamente alla persona la capacità di decidere per sé stessa e toglie alla dipendenza la capacità di decidere per la persona”.
 
Nuove frontiere: il neuro-Covid. “In questo periodo di pandemia abbiamo anche avuto modo di constatare come la TMS possa dare degli ottimi risultati sul cosiddetto ‘neuro-Covid’, ossia gli effetti a lungo termine del Covid- sottolinea Bonci- Uno studio realizzato in Inghilterra su un campione di 240mila pazienti che hanno avuto la malattia manifesta, ha messo in evidenza come dopo l’infezione acuta circa il 50% delle persone, anche a distanza di mesi dalla malattia, riportava sintomi permanenti come difficoltà nella concentrazione, insonnia, ansia, depressione, difficoltà nel ricordare le cose, insomma un calo della performance mentale e un aumento delle dipendenze in persone che già ne soffrivano. In questo contesto si è visto come la TMS, grazie ai suoi quattro effetti, riesca ad aiutare queste persone”.
 
Approccio integrato. Bonci ci tiene però a sottolineare che la Stimolazione Magnetica Transcranica “non è una bacchetta magica- dice- e da sola non basta a risolvere i problemi. Per questo- precisa- non la proponiamo mai da sola. L’approccio al paziente deve essere integrato, ossia questa tecnica va accompagnata a un percorso diagnostico, ed eventualmente anche farmacologico. Nel caso delle dipendenze, per esempio, è importante capire perché e a che punto della storia del paziente si sia arrivati a sviluppare quella dipendenza. Serve dunque una parte medica e psicologica che vada a scavare a fondo. Ognuna delle parti che compongono il trattamento, personalizzato sulla storia del paziente, è importante”.
 
Risultati. “In genere iniziamo a vedere dei grossi cambiamenti nei pazienti già entro pochi giorni dall’inizio della stimolazione- racconta Bonci- ma sono cambiamenti che se ci fermassimo subito non durerebbero nel tempo. Per questo il percorso prevede almeno 4 settimane di stimolazioni iniziali e un programma di mantenimento di 8-12 settimane a seconda del paziente. È importante, infatti, accompagnare la persona nel suo percorso di cambiamento e di uscita dalla dipendenza, se non facessimo così- sottolinea il fondatore GIA- le persone si troverebbero improvvisamente perse e disorientate. Non possiamo togliere in pochi giorni una dipendenza che una persona ha acquisito per anni, la lasceremmo con un vuoto, e questo vuoto invece va riempito di contenuto. Dobbiamo dare al paziente tutti i mezzi per riappropriarsi della sua nuova vita: se gli faccio capire perché è arrivato a quella dipendenza, gli do la forza per capire come controllarla in futuro”.
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